mercoledì 10 dicembre 2008

Quantitative easing (seconda parte)


Immaginate un mondo perfetto.

Un mondo in cui il valore di ogni bene salga, alla fine dell'arcobaleno risplendano pentoloni pieni d'oro e in cui i politici dicano solo la verità.

Qualcuno potrà pensare che un mondo del genere non sia mai esistito. I politici sembrano tutt'ora i patologici bugiardi che son sempre stati mentre la questione delle pentole e gli arcobaleni non è mai stata chiarita completamente.

Un mondo in cui il valore di ogni bene non fa altro che salire, invece, è esistito realmente dal 2003 al 2007.

Indebitarsi fino al collo in un mondo del genere è la strategia più conveniente. Se il ritorno medio di un investimento è il 10%, per ogni 100 euro investiti il guadagno finale sarà di 10 euro. Se tutto sale ed i rischi sono ridotti più denaro si ha a disposizione per investire e maggiore sarà il guadagno. In un mondo del genere sarebbe davvero fastidioso avere solo 100 euro sottomano.

Fortunatamente però, il valore di certi beni, in un mondo simile, continua ad aumentare per una precisa ragione. Qualcuno, spaparanzato su una comoda poltrona in una stanzetta remota, ha deciso che tagliare il costo del denaro ai minimi storici sia la strategia migliore per stimolare la crescita dell'economia.

Quando contrarre un debito costa l'uno o il due per cento e un investimento medio rende il 10%, tanto vale indebitarsi fino alla radice dei capelli ed investire 30, 40 volte il denaro di cui si potrebbe normalmente disporre.

Le prime ad adottare questa lucrosa strategia furono le banche.

La funzione di una banca moderna è sempre stata quella di indebitarsi a breve termine ed investire a lungo termine (un qualunque prestito per la banca non rappresenta che un investimento). Un ambiente in cui il denaro costi pochissimo e gli investimenti rendano molto è sempre stato il sogno bagnato del sistema bancario. Nel periodo 2003-2007 un unico ostacolo si frapponeva tra gli istituti di credito e questo sogno. Quell'antipatica cosa chiamata: "garanzia". Per ottenere un prestito il richiedente doveva ancora offrire in pegno un bene che avesse un valore consono all'importo che chiedeva.

Ovviamente, nessuno aveva realmente garanzie sufficienti per ottenere prestiti pari a 30, 40 volte il denaro che possedeva effettivamente. Tutto però saliva e i profitti erano là, invitanti e maturi, chiedevano solo di essere colti. Pur di non lasciarsi scappare questa occasione le banche decisero di accettare come garanzie valide gli stessi titoli in cui finivano con l'investire quelli a cui i prestiti venivano erogati. I debiti contratti da questi soggetti venivano poi impacchettati e rivenduti. In questo modo le banche si illusero di essersi liberate di ogni rischio.

Alla fine dei giochi ci siamo ritrovati con banche come la Deutsche Bank o la Barclays che poterono vantare livelli di leverage finanziario di 50:1, 60:1.

Il leverage finanziario è normalmente calcolato facendo il rapporto tra gli assets totali ed il valore azionario complessivo di un soggetto economico e serve a misurare quanto esso si stia finanziando con i debiti e quanto con i soldi messi dagli azionisti (cioè i proprietari dell'azienda in questione). Se il rapporto supera il valore di 1 significa che il finanziamento deriva principalmente dai debiti.

Ovviamente nessuno si preoccupò particolarmente davanti a livelli di leverage così elevati da parte di istituti bancari, quando livelli storicamente accettabili di esposizione han sempre ondeggiato attorno al 12:1.

Tanto tutto saliva.

Quando hanno iniziato a spuntare come funghi, Hedge Funds anche loro con leverage di 30, 40 volte, tutto bene. A chi si lamentava di quello che considerava essere un livello eccessivo di indebitamento gli economisti rispondevano tranquilli, che era il Mercato (quello con la M maiuscola) a decidere. I ritorni favolosi di questi fondi dimostravano la giustezza della loro strategia e giustificavano l'alto indebitamento.

"Absolute return" era quello che promettevano gli Hedge Funds. "Vi faremo fare soldi, sia che il mercato salga sia che il mercato scenda, grazie alle nostre strategie di hedging (copertura del rischio)". Questa era l'assicurazione.

Ora che il mercato è crollato a parte qualche isolato caso, gli Hedge Funds stanno perdendo miliardi su miliardi e chi aveva affidato loro i propri risparmi sta cercando disperatamente di ritirali. Sta cercando, perché quando uno aderisce a questi fondi accetta anche di sottostare ad una clausolina che permette a chi li gestisce di congelare i ritiri degli investimenti. I soldi possono essere ritirati a scadenze prefissate, solitamente trimestrali e stranamente molti non sembrano gradire di dover assistere impotenti per tre lunghi mesi alla graduale scomparsa dei propri risparmi.

Si sta diffondendo sempre più l'opinione che questa esperienza non verrà dimenticata tanto presto e che il futuro degli Hedge Funds sia ormai segnato.

Il piccolo problema ovviamente, è stato l'alto indebitamento. Finché tutto sale sono soldi a palate, quando il mercato comincia a scendere il leverage ti si rivolta contro. Il costo dei debiti contratti comincia a salire e allo stesso tempo gli investimenti accumulano perdite su perdite. Il risultato è stata una fuga verso l'uscita, una corsa frenetica a cercare di ridurre il proprio debito. Per recuperare denaro e cercare di saldare i debiti pregressi tutti si misero a vendere deprimendo ulteriormente i valori azionari.

Per giustificare questa situazione gli economisti chiamarono in causa l'irrazionalità del mercato (quello con la m minuscola) che stava producendo senza ragione il crollo del valore di titoli a loro dire solidissimi.

E' affascinante notare come un ambiente in cui fare debiti costi pochissimo perché un gruppo di omini seduti attorno a un grande tavolo da conferenze ha deciso che così sia, venga definito libero (Mercato).

Alla gente conveniva indebitarsi, alle aziende conveniva indebitarsi, ai fondi di qualunque tipo conveniva indebitarsi, alle banche conveniva indebitarsi ed indebitare tutti, ma chiamiamola pure "libera" scelta.

Tutti i debiti furono contratti sulla base del valore di alcuni beni. Valori il cui apprezzarsi continuo non era che il frutto ultimo dell'inflazione prodotta dalla politica espansiva stabilita dai banchieri centrali.

Ora, come è naturale che sia, quei valori stanno tornando rapidamente a livelli più aderenti alla realtà.

Peccato che tutto il debito sia rimasto e vada in qualche modo cancellato: pagandolo o dichiarando default.

La prima strada non è percorribile. Non essendoci stata una reale e sostenibile crescita negli ultimi anni, ma unicamente una gigantesca bolla inflattiva che della crescita dava solo l'illusione, i soldi per pagare il debito esistente non ci sono materialmente.

E se un debito non può essere pagato .... beh, semplicemente non lo sarà.

Dopo aver cercato di nascondere per mesi la gravità della situazione, le banche hanno dovuto arrendersi ed incassare perdite su perdite. Per non finire a gambe all'aria hanno provato a vendere partecipazioni in aziende solide, a chiudere sedi e licenziare gente per abbassare i costi, ad indebitarsi coi fondi sovrani ad emettere nuove azioni.

Non è bastato. Il grafico sotto riporta le "non borrowed reserve" le riserve non prese a prestito del sistema bancario statunitense.




Quella linea che precipita nell'abisso sta ad indicare che preso nel suo complesso il sistema bancario americano è insolvente.

Dato che la solidità di una banca e la sua capacità di prestare denaro dipendono fortemente dalle sue riserve (come scrissi nello scorso post), era diventato imperativo per la FED ripristinarle in qualche maniera.

Si dice che una banca centrale possa risolvere un problema di liquidità delle banche, ma non un problema di insolvenza. Questo significa che può prestare denaro a volontà alle banche stesse, ma non può creare denaro dal nulla e regalarglielo per tappare le perdite.

Una banca centrale crea denaro comprando in cambio buoni del tesoro o prestandolo alle banche in cambio di solide garanzie (normalmente i soliti buoni del tesoro).

Ovviamente nessuno impedisce realmente allo stato di emettere tutti i buoni del tesoro che vuole, venderli alla banca centrale e con i soldi ottenuti in cambio coprire le perdite del sistema bancario. L'unico problema è come questo tipo di operazione verrebbe interpretata dal resto del mondo. Essa equivarrebbe a dichiarare: "Sapete che c'è? Io stato, sono in mutande. Non riesco a vendere i miei buoni del tesoro all'estero ed ai privati, quindi mi sono ridotto a stampare direttamente denaro e a regalarlo alle banche del mio paese che sono in mutande come me".

Il mondo semplicemente risponderebbe: "Bene. Se sei in mutande, perché mai dovrei continuare a comprare i tuoi buoni del tesoro correndo il rischio che non mi vengano pagati? E' stato bello finché è durato, addio e grazie per tutto il pesce".

Quando ha dovuto trovare il denaro per ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari tramite il TARP, il governo USA ha emesso dei buoni del tesoro, ma ha lasciato che li comprassero privati o le banche centrali di altri paesi.

Bernanke dal canto suo ha inizialmente cercato di ricapitalizzare le banche prestando loro denaro a basso costo, un costo inferiore a quello che avrebbe normalmente chiesto. Le banche che guadagnano dalla differenza sull'interesse che pagano alla banca centrale e quello che chiedono agli utenti finali in questa maniera avrebbero guadagnato di più. Il problema di questa strategia è che essa richiede molto tempo per dare risultati concreti. Inizialmente Bernanke la adottò quando ancora sperava che i problemi del comparto bancario fossero limitati e che tutto si sarebbe aggiustato se solo le banche avessero avuto un po' di tempo a disposizione.

Quando si accorse che ciò non si sarebbe verificato, si arrese e nel tentativo di ricapitalizzare le banche la FED cominciò a pagare un interesse sulle riserve in eccesso.

Le banche commerciali tengono le proprie riserve in conti depositati presso la banca centrale. Nessuno vieta alle singole banche di tenere in riserva somme superiori ai minimi richiesti per legge. Questo di solito accade raramente perché le banche preferiscono usare tutto il denaro che hanno a disposizione per gli investimenti. Da Ottobre la FED ha deciso di pagare un interesse sulle riserve obbligatorie e su quelle in eccesso. All'inizio la FED pagava cifre inferiori rispetto al tasso di interesse nominale, poi dal 5 Novembre tutto cambiò e cominciò a pagare un interesse pari a quello nominale, cioè l'obbiettivo che la FED fissa e che attualmente è pari all'1%.

Controllando i dati giornalieri (se lo preferite qui trovate un grafico comparativo) si nota come stranamente la FED sbagli sempre nell'influenzare il tasso reale di interesse. Esso risulta ogni volta significativamente più basso di quello nominale.

In sostanza se il tasso nominale è dell'1% e quello reale dell'0,30% le banche possono prendere denaro in prestito, attraverso le GSE ad esempio, pagando lo 0,35% e depositarlo nei loro conti alla FED incassando l'1%. Un bel guadagno pulito e senza rischi dello 0,65%.

Un modo indiretto e poco noto, tramite il quale la FED può ripristinare, a spese del contribuente, le moribonde riserve bancarie.

Dando un occhiata al grafico sotto che mostra l'andamento delle riserve in eccesso depositate presso la FED, non ci vuole un genio a capire quand'è che la banca centrale americana ha iniziato a pagare un interesse su di esse.




Se investire in questo momento risulta estremamente rischioso e la banca centrale offre denaro gratis, perché mai le banche dovrebbero prendersi il disturbo di farlo? Perché dovrebbero prestare soldi ai privati quando possono semplicemente depositarli presso la FED e guadagnare un discreto interesse senza muovere un dito?

Questa non sembra certo una strategia che incentivi la circolazione del credito.

Non è chiaro come mai le banche non prendano in prestito qualche gazillione di dollari e non lo depositino presso la FED guadagnando così gazillioni in interessi. Non riesce a spiegarselo ad esempio il professore Hamilton sul suo blog, cosa che ho trovato francamente rassicurante: almeno non sono il solo (e lui è senz'altro molto più in gamba di me). Cosa meno rassicurante non riesce a spiegarselo lo stesso Bernanke.

Dal suo discorso tenuto ad Austin:

Riguardo la politica sul tasso di interesse, sebbene ulteriori riduzioni dell'attuale tasso di interesse target pari all'1% siano senz'altro possibili, a questo punto l'utilità di usare una convenzionale politica sul tasso di interesse per supportare l'economia è ovviamente limitata. Infatti, il tasso di interesse reale nelle recenti settimane è stato consistentemente sotto a quell'1% stabilito dal Comitato, riflettendo la grande quantità di riserve che la nostra attività in materia di prestiti, ha immesso nel sistema.

In linea di principio, la nostra abilità nel pagare interessi sulle riserve in eccesso ad un tasso pari al tasso di interesse target, come abbiamo fatto, dovrebbero mantenere il tasso reale vicino al target, perché le banche non dovrebbero avere nessun incentivo a prestare fondi nottetempo, ad un tasso di interesse minore rispetto a quello che ricevono dalla Federal Reserve. In pratica, invece, diversi fattori hanno contribuito a deprimere il tasso di mercato facendolo scendere sotto al target. Uno di questi fattori è la presenza sul mercato di grandi fornitori di fondi, principalmente le government sponsored entity (GSEs) Fannie Mae e Freddie Mac, le quali non hanno diritto a ricevere un interesse sulle riserve e quindi sono disposte a prestare fondi nottetempo ad un interesse inferiore al target dell'1%.

Nelle note al suo discorso aggiunge Bernanke:
Le banche hanno un incentivo a prendere denaro in prestito dalle GSEs e poi ri-depositare i fondi alla Federal Reserve; come risultato, le banche ricavano un profitto sicuro pari alla differenza tra il tasso pagato alle GSEs e il tasso che ricevono sulle riserve in eccesso. Fino ad ora, però, questo tipo di arbitraggio non si è verificato su una scala sufficiente, forse perché le banche non hanno ancora adeguato le loro procedure di gestione delle riserve per trarre vantaggio da questa opportunità.
Ben esce allo scoperto lamentandosi del fatto che le banche non sfruttino abbastanza il giochino da lui stesso messo a loro disposizione in modo che possano ricostituire le proprie riserve e ricapitalizzarsi a spese altrui.

Questo si chiama tenere i piedi in due staffe. Da un lato Ben lamenta, almeno pubblicamente, che le banche non prestino denaro alle aziende e dall'altro fa in modo che non sia per loro conveniente farlo.

Un altro fatto che trapela dal discorso del capo della FED e che ormai la prima arma della banca centrale, la manipolazione del tasso di interesse, sia completamente scarica. La FED influenza il tasso di interesse comprando e vendendo buoni del tesoro a breve termine. A causa in parte degli interventi della FED e in parte della paura folle che ha attanagliato i mercati, il rendimento dei buoni a breve scadenza si è azzerato.

Il rendimento dei buoni del tesoro e il loro prezzo si modifica in maniera inversa. Se tutti comprano buoni del tesoro il loro prezzo, a causa della grande richiesta, salirà ed essi potranno promettere rendimenti limitati. Se la domanda è scarsa sarà il loro prezzo a calare e per attirare investitori dovranno promettere alti rendimenti.

I buoni a breve termine sono la cosa più vicina al denaro liquido e sono il rifugio a cui si rivolge chi non sa come investire in tempi di incertezza. Sono percepiti come sicuri, sono estremamente liquidi, cioè vendibili e in ogni caso dopo un breve periodo scadono e vengono pagati.

Quando però il rendimento dei buoni a breve termine si azzera succede una cosa strana. Essi diventano, dal punto di vista finanziario, perfettamente interscambiabili con il denaro liquido. Se la banca centrale influenza il tasso di interesse comprando e vendendo buoni del tesoro a breve scadenza in cambio di denaro liquido, quando il rendimento dei buoni si azzera si trova a tutti gli effetti a scambiare denaro in cambio di denaro. L'effetto finale risulta nullo.

Cosa cambia se comprate 100 euro con 100 euro?

Questa viene chiamata "trappola di liquidità" e ci proietta direttamente alla soluzione finale, quello che viene definito "quantitative easing".

Il neo premio nobel all'economia Paul Krugman disse a settembre:

Si vede ancor gente dire, in sostanza "non preoccupatevi di un tasso di interesse zero, perché non ci limitiamo a stampare denaro?". A dire il vero, la Banca centrale Giapponese provò questa strada, sotto il nome di "quantitative easing"; in pratica il denaro si accumulò semplicemente nelle casseforti delle banche. Per capire come mai, pensatela in questo modo: una volta che le T-bills (buoni del tesoro a breve scadenza ndr) hanno un tasso di interesse vicino allo zero, il denaro liquido diventa una riserva di valore competitiva, sebbene non abbia nessun altro vantaggio. Come risultato, la base monetaria (il denaro liquido presente nel sistema ndr) e le T-bills - le due parti del bilancio della FED - diventano perfetti sostituti. In questo caso, se la FED espande il suo bilancio (cioè se compra securities, normalmente buoni del tesoro ndr), sta praticamente ritirando con una mano e dando con l'altra: più base monetaria è in circolazione, ma anche meno debito a breve termine, e dato che essi sono perfetti sostituti ciò non produce nessun impatto sul mercato. Per questa ragione la trappola di liquidità rende la convenzionale politica monetaria impotente.

Nelle aste che si sono tenute gli scorsi giorni negli USA i buoni del tesoro sono arrivati a toccare un rendimento ormai indisinguibile dallo zero. Questo uccide qualunque possibilità di politica monetaria classica o anche di classico "quantitative easing".

A questo proposito sempre durante il discorso di Austin ha detto Bernanke:

Sebbene una politica convenzionale sul tasso di interesse è limitata dal fatto che il tasso nominale non può scendere sotto lo zero, la seconda freccia nella faretra della Federal Reserve --la fornitura di liquidità-- rimane effettiva. Davvero, esistono diversi modi attraverso i quali la FED può influenzare le condizioni finanziarie attraverso l'utilizzo del suo bilancio, oltre l'espansione dei nostri prestiti agli istituti finanziari. Primo, la FED può acquistare buoni del tesoro a lungo termine o securities di varie agenzie in sostanziali quantità. Questo approccio può influenzare il rendimento di queste securities, aiutando la domanda aggregata. In effetti, la scorsa settimana la FED ha annunciato piani per comperare 100 miliardi di dollari in debiti delle GSE e fino a 500 miliardi in securities basate sui mutui in possesso delle GSE, nel corso dei prossimi quarti. E' incoraggiante che l'annuncio di questo intervento sia stato accolto da un calo nel tasso di interesse dei mutui.

Bernanke in questo passaggio, annuncia la possibilità di stampare denaro ed usarlo in maniera poco ortodossa, per comperare sostanziali quantità di debito a lungo termine dello stato e titoli basati sui mutui dal valore discutibile in pancia a diversi istituti. Questa è un altra forma di "quantitative easing", una forma che Krugman definisce "Bernanke Twist".

Venerdì scorso Wall street ha cavalcato al rialzo incurante dei terribili dati sulla disoccupazione americana, proprio perché la FED ha compiuto il primo acquisto di titoli delle due GSEs Fannie e Freddie per il modesto ammontare di 5 miliardi.

Alla FED si è unità la BCE con il suo capo Trinchet che ha dato ad intendere di valutare l'adozione di certe forme di quantitative easing:

"Stiamo fornendo liquidità in maniera illimitata. Continueremo ad osservare con grande attenzione la situazione del mercato e se necessario prenderemo nuove decisioni" ha detto (Trinchet ndr), in risposta a domande su misure di QE.

Julia Callow, economista per l'Europa alla Barclays Capital, ha detto che la BCE è stata presa di sorpresa quando la crisi ha acquistato velocità all'inizio dell'anno, ma ora sta cominciando a riprendersi. "Sono ancora troppo esitanti data la gravità di quel che sta accadendo. Nonostante ciò, sembra che ora si stiano preparando per il quantitative easing e senza dubbio hanno altri trucchi nascosti nelle maniche" ha detto.

Il trattato di Maastricht proibisce alla BCE di iniettare stimoli acquistando debito dei governi dei quindici paesi dell'euro zona - un metodo conosciuto come "monetizzare il deficit", o più rudemente come "stampare denaro".


Dato che per la BCE è molto complesso decidere se e come eventualmente comperare debito dei vari stati (salvo deroghe ai trattati esistenti) alcuni stanno suggerendo che possa acquistare titoli basati sui mutui come la FED o direttamente debito delle aziende. Anche in Inghilterra si moltiplicano gli appelli perché si ricorra al QE.

Per capire come mai è così pericoloso ricorre al QE facciamo un breve riassunto, che chi ha letto gli ultimi due articoli troverà abbastanza noioso.

Il debito complessivo presente nel sistema risulta sempre maggiore del denaro esistente. In sostanza esso non può essere materialmente ripagato. Per poterlo fare è necessario creare altro denaro. Dato però che anche questo nuovo denaro viene creato attraverso il sistema bancario facendo un debito, il debito complessivo stesso finisce a sua volta con l'aumentare. Il che richiede la creazione di nuovo denaro, che genera nuovo debito, che richiede nuovo denaro ecc.

Il denaro viene creato quando esiste una crescita economica e finché questa crescita e quindi la creazione di denaro corre, in maniera sostenibile, di pari passo con il debito, la baracca bene o male sta in piedi.

Ad un certo punto però la crescita cominciò a stagnare non consentendo la creazione di abbastanza denaro, mentre il debito inesorabile non faceva che aumentare a suon di scatti dell'interesse.

Qualcuno in una stanza pensò: "Se la crescita non ci permette di creare abbastanza denaro, possiamo sempre abbassare il tasso di interesse a sufficienza da invogliare la gente ad indebitarsi. Questa gente poi investirà questo denaro e lo farà circolare stimolando quindi il sorgere di attività ed il commercio. In sostanza possiamo essere noi a creare la crescita per via monetaria".

Se tutto questo denaro creato grazie ai bassi tassi si scarica su un sistema in cui nonostante tutto, le premesse per la crescita non esistono, finisce con lo sbattere contro un muro. Alla disperata ricerca di una sfogo generalmente si riversa su un qualche determinato bene facendolo salire di valore in modo folle. Questo aumento inflazionario di valore viene spesso erroneamente scambiato con una reale crescita economica.

La prima volta che ciò successe il denaro trovò uno sfogo in quella che venne chiamata new economy. Il problema fu, che seppure si trattasse di una rivoluzione tecnologica reale su di essa si riversò troppo denaro facendo salire in maniera insensata il valore dei titoli delle compagnie tecnologiche ed informatiche. Questo valore fittizio scomparve quando la bolla della new economy scoppiò riallineandosi in tutta fretta con la realtà e con un livello di crescita sostenibile.

Purtroppo però, come sempre accade in questi casi il debito rimase.

Dato che tutti consideravano come "denaro" i valori inflazionati dalla bolla, quando questi scomparvero, l'effetto equivalse alla scomparsa di una grande quantità di denaro. Non ne rimaneva a sufficienza per pagare quella parte del debito necessaria a sostenere il sistema. Il rischio era quello di un tracollo e di una pesantissima recessione.

Ancora una volta qualcuno pensò:"Se è il denaro che manca possiamo sempre crearlo noi. Abbassiamo ancora di più il tasso di interesse, talmente tanto da rendere così sconveniente risparmiare e così conveniente indebitarsi ed investire, da obbligare quasi la gente a farlo. Potremmo in questa maniera, far si che giri sufficiente denaro da ripagare i debiti lasciati dallo scoppio della new economy".

Tutto funzionò. Per un po' almeno.

Questa volta il denaro creato si schiantò contro il famoso muro, non trovando un qualche sfogo convincente e finì col riversarsi massicciamente sul mercato immobiliare, producendo la più grande bolla mai vista. Nella politica dei tassi bassi, oltre alla FED si erano imbarcate anche le banche centrali di mezzo mondo e grazie alla globalizzazione la bolla immobiliare in una forma o nell'altra, si estese su quasi tutto il pianeta.

Da oltre un anno come sappiamo bene tutti essa è scoppiata. I valori dei beni inflazionati, immobili e titoli di vario genere basati su di essi, sono tornati sul pianeta terra mentre ancora una volta Il debito è rimasto. Più opprimente di quanto non fosse dopo lo scoppio della new economy.

Ovviamente, non esiste neppure lontanamente abbastanza denaro per tenere in piedi il sistema. Non è una questione di volontà, cattiveria o altro.

E di nuovo, i soliti omini, stanno cercando in maniera coordinata e su scala planetaria di abbassare il tasso di interesse portandolo vicino allo zero, in modo che abbastanza denaro venga creato.

Questa volta non sta funzionando.

La gente è già troppo indebitata per poter pensare di contrarre ulteriori debiti ed anche se qualcuno ne avesse l'intenzione sono ormai le banche stesse che non potendo più rivendere i debiti concessi, come facevano ancora solo un anno fa, si rifiutano categoricamente di erogare prestiti.

Inoltre alcune banche centrali come la FED a forza di tagliare il tasso di interesse e di acquistare buoni del tesoro a breve termine, si ritrovano imprigionate in una trappola di liquidità.

La prima e più potente arma a disposizione dei banchieri centrali, la capacità di influenzare il tasso di interesse, risulta inefficace o inapplicabile.

La seconda arma che i banchieri centrali avrebbero a disposizione per aumentare il denaro in circolazione in teoria potrebbe essere quella di ridurre i vincoli di riserva obbligatoria per le banche (come abbiamo visto nello scorso post). La cosa sarebbe semplicemente folle. Una parte del problema sono proprio le striminzite riserve bancarie che non mettono le banche in condizione di sostenere significative perdite. Come dimostra la decisione presa dalla FED, di pagare gli interesse sulle riserve bancarie, le banche centrali non penserebbero mai in un contesto del genere di allentare i vincoli di riserva.

Ne per altro servirebbe veramente a qualcosa farlo. Le banche stesse sono le prime ad essere consapevoli della loro condizione e le prime a voler ripristinare la propria situazione finanziaria senza correre eccessivi rischi, specialmente con prospettive così nere per il futuro. Anche allentare i limiti non produrrebbe nessuna crescita del denaro circolante.

Ai banchieri centrali rimane l'ultima arma.

Le OMO, le open market operation che si dividono in temporanee (TOMO) e permanenti (POMO).

Il quantitative easing è una forma di permanent open market operation in cui la banca centrale acquista delle securities e se le tiene a bilancio. In questa maniera la BC mette in circolazione del denaro in modo sostanzialmente permanente. Se nel caso dei buoni del tesoro a breve quel denaro è teoricamente sterilizzabile (richiamabile a piacere), nel caso di altri tipi di securities non è così semplice.

Prendiamo il caso degli mbs (mortage backed securities) ad esempio. Una volta tutti facevano finta che essi valessero 100. Poi anche chi se li teneva in pancia ha dovuto ammettere che valevano solo 60. La banca centrale può decidere di comprarli, di solito lo fa ad un prezzo inferiore ad esempio 45. Offre un prezzo più basso, proprio perché mette in conto la possibilità che esse col tempo caleranno ulteriormente di valore. Se un giorno le acque si calmassero e la BC decidesse di ritirare il denaro speso per queste securities, l'unica cosa che potrebbe fare sarebbe rivenderle. Se riuscisse a venderle per 45 o più, la banca centrale vincerebbe la sua scommessa e sarebbe in grado di ritirare una somma pari o superiore a quella creata. Se invece queste securities arrivassero a valere 10, come è più realistico pensare, la banca centrale avrebbe stampato ed immesso nel sistema in maniera permanente 35.

Quei 35, qualunque cosa siano (euro dollari ecc), si trasformerebbero in pura e quasi ineliminabile inflazione.

Questo è vero anche per i buoni del tesoro. Se la banca centrale continua a comprare buoni a lungo termine spingendo il prezzo in alto non è detto che quando avrà necessità di rivenderli essi varranno lo stesso prezzo che essa ha pagato. La differenza è tutta inflazione. La BC può sempre aspettare la scadenza dei buoni e incassarli insieme al rendimento, ma non è detto che la politica monetaria che intende adottare glielo possa consentire. Ad esempio se ritenesse di aver stampato troppo denaro e volesse combattere l'inflazione rivendendo un po' di buoni del tesoro e ritirando liquidità prima della loro scadenza.

In sostanza l'alternativa al permettere la cancellazione tramite il fallimento della gente è la monetizzazione.

Il debito è 100 e il denaro presente in circolazione 50?

Basta stampare altre 50 e distribuirli in giro in modo che tutti possano ripagare il proprio debito.

Funziona.

Solo che dopo dovremmo andare tutti in giro con un camioncino al posto del portafogli.

L'inflazione ci ucciderebbe.

Se tutti i beni al mondo fossero 10 mele e tutto il denaro 10 euro, ogni mela costerebbe 1 euro. Se raddoppiassi il denaro in circolazione e le mele restassero 10, non diventeremmo tutti più ricchi: le mele arriverebbero semplicemente a costare 2 euro. Se invece anche le mele raddoppiassero, cioè si verificasse una reale crescita, ogni mela continuerebbe a costare 1 euro, ma ne avremmo 10 in più da mangiare.

Questa è la banale ragione per cui gli economisti avvertono sempre di stare attenti ad aumentare gli stipendi della gente in mancanza di una effettiva crescita economica.

Non serve.

Stampare denaro cancellerebbe il debito, ma assieme ad esso farebbe sparire anche le nostre economie ed in maniera più efficace di quanto non potrebbe fare una catena deflattiva di fallimenti.

Quello che stanno cercando di fare i banchieri centrali è sostanzialmente una via di mezzo. Intanto che il debito viene cancellato attraverso i fallimenti, stanno iniziando a stampare denaro aumentandone la quantità in circolazione. Sperano che l'aumento di denaro e la riduzione del debito si incontrino a metà strada in un qualche punto di equilibrio.

Se stampano troppo il rischio è che una volta risolta la crisi deflazionaria ci ritroveremo immersi in una inflazionaria, ancora più difficile da gestire. Se stampano poco non risolvono i problemi attuali e rischiano di aver compromesso le rispettive valute, forse in maniera permanente, senza aver ottenuto significativi vantaggi.

E' una scommessa estremamente pericolosa.

Non sappiamo neanche se esista uno "stampano il giusto", perché in una situazione simile non ci siamo mai trovati.

Cosa succede quando una bolla economica a livello planetario scoppia?

Cosa succede quando gran parte del mondo porta il tasso di interesse vicino allo 0%?

Cosa succede quando gran parte del mondo decide di adottare misure di quantitative easing?

A parte la prima domanda, alla quale stiamo avendo una risposta poco alla volta, se poneste le altre due a 10 economisti diversi vi darebbero 10 risposte diverse.

Robert Mundell premio nobel per l'economia ritiene che le attuali manovre della FED ci porteranno alla rovina. Probabilmente legherebbe volentieri Bernanke ad una pietra e lo getterebbe in fondo al mare.

Personaggi come Marc Faber e Peter Schiff concordano con Mundell.

Roubini per quanto sia pessimista, approva le politiche monetarie espansive della FED ed è favorevole ad ingenti interventi di stimolo economico da parte dei governi.

Martin Wolf del Financial Times, afferma che le nazioni che si lanceranno in pacchetti di stimolo indebitandosi se ne pentiranno.

Pritchard critica la FED per le azioni passate, poi ne approva le ultime manovre come il QE, ma critica i pacchetti di stimolo.

La verità è che nessuno ha la più pallida idea di come andrà a finire e che conseguenze potranno avere queste manovre poco ortodosse. Il quantitative easing viene anche definita "l'opzione nucleare". Non solo per la sua potenza, ma sopratutto per la sua pericolosità.

Tom Fitzpatrick capo analista strategico alla Citibank intervistato da Pritchard dice:

"Il mondo non tornerà alla normalità dopo la magnitudine di quello che hanno fatto. Quando la polvere si depositerà questo potrà o funzionare, ed il denaro che hanno spinto nel sistema si ciberà di esso attraverso un shock inflattivo.

Oppure non funzionerà perché troppo danno è già stato fatto e continueremo ad assistere ad un deterioramento finanziario, che causerà un ulteriore deterioramento economico, con il rischio di un ciclo auto-sostenuto. Noi non pensiamo che questo sarà il più probabile esito, ma con il passare delle settimane e dei mesi, aumenta il rischio di un circolo vizioso, man mano che la fiducia viene erosa" ha detto.

"Questo produrrà instabilità politica. Abbiamo già visto paesi alla periferia dell'Europa sotto severo stress. Alcuni leaders si trovano ora a livelli di impopolarità record. C'è il rischio di rivolte, a partire da degli scioperi perché la gente si sente abbandonata"

"Cosa succede se si verifica il fallimento in un paese come il Pakistan, che è anche un potenza nucleare. La gente reagisce quando si trova con le spalle al muro. Abbiamo già visto emergere dubbi sul debito sovrano di nazioni sviluppate con un rating AAA, questo è qualcosa che non può essere ignorato" ha detto.

Quello che penso l'ho detto più volte. Tutta questa storia non finirà bene.

Resta solo da vedere quanto male possa finire.

Nel caso peggiore in assoluto ci beccheremo una terza guerra mondiale (cosa che reputo improbabile). Nel caso migliore una crescita anemica e stagnante di 5-10 anni, come accadde al Giappone durante quello che venne poi chiamato "il decennio perso".

Nel mezzo può accadere di tutto.

Tenete presente però, che quello che passa sotto il nome di "quantitative easing" è l'ultima strategia a disposizione dei banchieri centrali. Neppure loro sanno bene se possa funzionare ne quali conseguenze produrrà. Pregano ogni notte prima di addormentarsi (se ancora ci riescono) perché tutto possa risolversi per il meglio.

Pregano anche che tutti i partecipanti alla partita stiano al gioco e non decidano di andare ognuno per la propria strada.

Se anche solo uno dei giocatori principali decidesse di condurre il proprio gioco, la strategia dei banchieri centrali rischierebbe di fallire ancora prima di venire messa alla prova. Siamo vicini ad una classica situazione da dilemma del prigioniero.

La scorsa settimana è corsa voce che la Cina fosse sul punto di svalutare la sua moneta nel tentativo di sostenere le proprie esportazioni. La possibilità ha fatto rispolverare il termine beggar thy neighbour ("chiedi la carità al tuo vicino"), termine che descrive quella politica di svalutazioni competitive e di dazi incrociati che caratterizzò gli anni 30 ed a cui molti imputano parte della responsabilità nello scoppio del successivo conflitto globale.

Ora le voci sembrano rientrare e pare che i politici cinesi stiano studiando altre mosse per cercare di sostenere l'economia.

Forse nessuno è ancora pronto a lasciare il gruppo ed a cercare di fregare gli altri, ma di sicuro non mancheranno le occasioni nel prossimo futuro.

Tutto quello che possiamo fare noi singoli, purtroppo, è tenere gli occhi aperti, incrociare le dita e pregare che una volta tanto i banchieri centrali abbiano ragione.

3 commenti:

maat ha detto...

veramente illuminante.
se ne sentono di tutti i colori in questo periodo e francamente è difficile districarsi in 10000 opinioni diverse.
la tua analisi , a me ,da l'impressione di essere equilibrata, semplice,e supportata da dati e opinioni autaorevoli....
e se vogliamo puo essere anche ottimista ,...perchè ci da la speranza dell'ultima possibilità.
cosa che in questo periodo di catastrofismo è difficile trovare.
come d'altronde era difficile trovare un pessimista 2 anni fa.
anche tu però alla fin fine ci credi poco che tutto possa risolversi in maniera indolore

+zero ha detto...

Bravo davvero. E' un onore poterti leggere.

Umberto Zorzi ha detto...

Ciao a tutti,
vi invito a leggere i vari articoli che Francesco Arcucci ha scritto su Repubblica nel corso degli anni. (li trovte nell'archio di repubblica.it) sono illuminanti e spiegano esattamente quello che sta succedendo.
Ciao!
Umberto