mercoledì 21 gennaio 2009

La morte della speranza

Barack Obama, l'angelo del cambiamento, l'uomo che grazie a non si sa bene quale misterioso super potere dovrebbe curare i mali dell'America e del mondo, si è finalmente insediato alla casa bianca. Il mercato ha gioiosamente festeggiato l'evento colando a picco.

Mentre l'araldo della speranza occupava il posto che gli compete dietro allo scranno dello studio ovale era proprio la speranza a venire crudelmente massacrata nelle borse di mezzo mondo.

Una falsa speranza intendiamoci.

L'illusione che la situazione fosse risolvibile con mezze misure. Dei rimedi che non andassero a colpire il problema alla radice. L'infantile convinzione che fosse possibile fare il bagno in una pozza di letame ed uscirne puliti e profumati.

Ora, anche questa ridicola speranza sembra essersi infranta. Il bagno di sangue che ha coinvolto i titoli delle principali banche Inglesi e Statunitensi ha reso evidente a tutti come la situazione del comparto bancario non fosse minimamente migliorata. I tentativi da parte degli stati di salvare qualunque istituto hanno solo trasferito ad essi il rischio. Adesso oltre alle banche, intere nazioni si trovano a traballare, a flirtare con un evento chiamato "default" che sembra ricambiare amorevolmente ogni dimostrazione di affetto.

Standard & Poor's ha recentemente tagliato il rating della Spagna portandolo da AAA a AA+. Un evento francamente prevedibile. Come illustrai nello scorso post, la Spagna si trova a fronteggiare un declino preoccupante nato dalla combinazione di un eccessivo ricorso all'indebitamento, una crescita economica finta basata su di esso e dalla progressiva perdita di competitività. Pritchard sul Telegraph sembra suggerire alla Spagna di abbandonare l'Unione Europea, di ripristinare una sua moneta e svalutarla nel tentativo di compensare gli squilibri interni. Immagino che Pritchard sarebbe deliziato da un evento simile. E' sempre stato anti europeista (o euro scettico se preferite) e non si è mai preoccupato di nasconderlo.

Peccato che l'uscita dall'euro per un qualunque paese membro (tranne forse Francia e Germania) rappresenterebbe per esso un biglietto di sola andata per l'inferno. Non succederà, per quante minacce in tal senso alcuni stati possano lanciare. L'Irlanda ha già cominciato: "salvateci o lasceremo l'Europa" ha dichiarato David McWilliams, ex membro della banca centrale Irlandese. La rabbia di McWilliams è rivolta in particolar modo a Francia e Germania. I due grandi paesi sono accusati di non voler sostenere i membri più malandati dell'area euro accettando di pagarne il relativo prezzo.

La maggior parte degli economisti sembra essere concorde nell'affermare che Spagna ed Irlanda avrebbero bisogno di una svalutazione monetaria per rilanciare il settore dell'export, unica strategia secondo McWilliams e Pritchard in grado di mitigare l'impatto della crisi economica. Una strada non percorribile nel contesto della moneta unica. L'alternativa ad una svalutazione competitiva sarebbe una massiccia riduzione delle retribuzioni. Un genere di politica che difficilmente verrebbe accettata placidamente dalla popolazione. Il rischio di proteste violente o vere e proprie rivolte diventerebbe troppo alto.

Nessun politico sano di mente correrebbe simili rischi potendolo evitare. Inoltre, anche adottando limitati provvedimenti in questo senso, Spagna e Irlanda si scontrerebbero con misure simili intraprese dagli altri grandi paesi Europei. Se anche la Germania e la Francia riducessero le proprie retribuzioni, ogni misura di questo tipo intrapresa da Spagna e Irlanda verrebbe nullificata.

I paesi più deboli dell'euro zona si trovano letteralmente tra l'incudine e il martello. Se escono dall'euro si suicidano. Se non lo fanno moriranno poco alla volta.

La forza della moneta unica sta impattando anche sul settore turistico. La Spagna ha perso nel 2008 un milioni di turisti inglesi che le hanno preferito mete più economiche e le prospettive per l'anno in corso sono ancora peggiori. Il turismo rappresenta il 10% del PIL in Spagna, l'11,4% in Italia, il 15% in Grecia.

Francia e Germania si dovranno rassegnare ed accettare una svalutazione dell'euro o dovranno inventarsi qualche forma di sostegno diretto nei confronti dei paesi traballanti.

Non dobbiamo comunque preoccuparci dell'eventuale default di uno stato che adotta la moneta unica, almeno a sentire Almunia:

"Il rischio default esiste sempre, nel privato come nel pubblico, ma non penso che nell'area euro i rischi siano importanti e significativi". Lo ha detto il commissario europeo Joaquin Almunia, rispondendo alla domanda di un giornalista e spiegando che "rappresenta un elemento di disciplina di mercato lo spread ora più alto", vale a dire l'aumento della differenza tra i tassi di interesse che gli Stati pagano sulle nuove emissioni dei loro titoli.

Con disciplina da parte degli stati, presumo che Almunia intenda: calo della spesa pubblica, diminuzione delle retribuzioni ed eventualmente, ma non necessariamente, un aumento delle tasse. Quasi tutti gli economisti invece, invocano in coro la necessità di interventi di riduzione fiscale, l'incremento della spesa pubblica come misura anti ciclica ed un aumento dei consumi da parte della popolazione. Come molti avevano previsto ci troviamo in piena fase schizofrenica.

Se molti paesi dell'euro zona se la passano male l'Europa dell'est sta semplicemente esplodendo. Lettonia e Bulgaria sono state teatro, la scorsa settimana, di proteste sfociante in scontri violenti con le forze dell'ordine. Nei due piccoli paesi si sta creando una saldatura tra la classe media e la popolazione giovane. Entrambe si sentono defraudate ed ingannate dal proprio governo accusato di averle abbandonate nel pieno della crisi economica e di averle lasciate senza prospettive per il futuro. In entrambi i paesi le tasse sono state innalzate e la spesa pubblica ridotta. A questo si va ad aggiungere un tasso di disoccupazione in costante crescita ed il rifiuto da parte del sistema bancario di estendere credito alla popolazione. Una combinazione esplosiva di fattori.

Ungheria e Lituania si trovano in condizioni simili, mentre ai margini dell'Europa l'Ucraina è ormai un morto vivente. La moneta locale ha perso il 38% contro il dollaro nell'ultimo anno, la borsa è crollata dell'85% ed i buoni del tesoro devono promettere il rendimento più alto al mondo se si esclude quello dei buoni ecuadoregni (un paese che dichiarò default a dicembre). L'unica cosa che ancora mantiene in vita l'Ucraina è il prestito da 16,5 miliardi di dollari concessole dall'FMI. Il paese rischia di scoppiare così come è successo all'Islanda. Nella piccola isola del nord, una popolazione ormai esasperata sta ricorrendo con sempre maggiore frequenza a forme di protesta violenta.

La notizia del momento però, rimane l'aggravarsi della situazione Inglese, conseguenza diretta della terribile condizione in cui versa il suo sistema bancario. Un articolo di Iain Martin sul Telegraph non usa mezzi termini: "Gordon Brown ha portato la Gran Bretagna sull'orlo della bancarotta" è il titolo. Dice Martin:

Non sanno cosa stanno facendo, non vi sembra? Ogni nuovo passo intrapreso dal governo nel frenetico tentativo si sostenere il sistema bancario Britannico, rende questa verità sempre più evidente (...)

Il salvataggio da parte del Governo delle banche ad Ottobre tramite l'uso di 37 miliardi di sterline a carico dei contribuenti, avrebbe dovuto secondo il primo ministro "salvare il mondo", ma ora è chiaro che non è stato neppure in grado di salvare le banche. Il nostro denaro ha fatto continuare lo spettacolo per soli tre mesi.

Come ha chiesto il portavoce per i Liberali Democratici Vince Cable: dove sono finiti i 37 miliardi? La risposta, come Cable ben sa, è che sono spariti nel tubo di scarico.

Sta finalmente balenando nella mente del Governo la nozione che gli obblighi delle banche Inglesi siano cresciuti in maniera così massiccia durante gli anni del boom da arrivare ad eclissare l'intera economia. Sfortunatamente, il tesoro si è impegnato ad onorare questi obblighi garantendo che nessuna banca verrà lasciata fallire. RBS ha obblighi per 1,8 trilioni di sterline, 3 volte le spese annuali del governo Inglese, contro 1,9 trilioni di assets. Ma dopo gli eventi dello scorso anno, scommetto che molti contribuenti credano che la realtà sia ancora peggiore.
Conclude Martin:

In questa deprimente situazione, al primo ministro rimane un unica flebile speranza: che in qualche maniera, grazie alla forza della sua personalità il nuovo presidente Obama riuscirà a imbastire un rapido recupero dell'America ripristinando la fiducia globale, energizzando i mercati e facendo dimenticare a tutti questo brutto sogno.

Obama è pieno di talento, ma non è un mago. L'incubo di Gordon Brown, in cui siamo tutti intrappolati è destinato a diventare ben peggiore.


Brown e Darling vanno in giro a raccontare che non sia compito del governo possedere o gestire delle banche, come a voler rassicurare le borse contro ogni ipotesi di nazionalizzazione. A giudicare dal tracollo dei titoli delle maggiori banche Inglesi gli investitori non sembrano essersela bevuta. Tutti scappano dato che in caso di nazionalizzazione il valore delle azioni verrebbe azzerato. Un analista della Nomura (una delle principali banche Giapponesi) ha dichiarato: " Noi riteniamo che se le ultime misure si dovessero dimostrare insufficienti, allora le autorità si ritroverebbero, probabilmente, prive di alternative oltre alla completa nazionalizzazione".

Pritchard afferma che la via intrapresa dall'Islanda, di parcheggiare altrove supervisionate da dei comitati, le perdite del proprio sistema bancario sia preclusa all'Inghilterra. Se essa provasse a scappare dai 4,4 trilioni di dollari di esposizione totale delle sue banche, scatenerebbe il finimondo sull'intero pianeta e comprometterebbe in modo permanente la posizione della City di Londra.

Jim Rogers storico investitore e vecchio compagno di scorribande di Soros ha detto alla Bloomberg Television: " Vi invito a vendere ogni sterlina che possedete. E' finita. Odio doverlo dire, ma non investirei nessun soldo in Inghilterra".

Soros dal canto suo sembra ancora più agitato: "Le economie del mondo stanno cadendo giù da un precipizio. Questa situazione è paragonabile a quella degli anni 30. E una volta che lo si riconosce, bisogna anche riconoscere che l'entità del problema è ancora più elevata".

Il riconoscimento di cui parla Soros è esattamente quello di cui il mondo ha bisogno. Che i politici e gli economisti non sapessero bene che pesci prendere era chiaro da un pezzo a chi voleva vedere la realtà. Il problema centrale di tutta la crisi economica attuale non è mai stato particolarmente arduo da comprendere. Il debito del sistema è cresciuto troppo rispetto alla ricchezza che il sistema stesso è in grado di produrre. Per ovviare a questo inconveniente il sistema ha cominciato a pagare il debito esistente contraendo dei nuovi debiti. Questo non ha fatto che peggiorare la situazione facendo aumentare il debito stesso e ci ha condotto in una strada senza uscita. Siamo arrivati al punto in cui il sistema è saturo di debito e non è più in grado di accettarne di nuovo.

Il momento in cui i debiti vanno pagati per davvero o in cui bisogna dichiarare default.

E dato che la ricchezza che produciamo non è sufficiente per pagare quella parte di debito necessaria a tenere in piedi la baracca, l'alternativa è una sola.

Non ci vogliono quattro lauree per arrivare a comprendere questa semplice realtà. Il debito cresce seguendo una funzione esponenziale e quando una funziona del genere si scontra con i limiti del mondo reale prima o poi collassa. E' sempre stato irrealistico illudersi che la crescita economica dei vari stati potesse stare per lungo tempo dietro a una funzione simile. Da questo punto di vista il grafico che pubblicai più volte e che riporta l'andamento del rapporto tra debito totale degli USA ed il loro PIL è tutt'altro che ambiguo:

Il vertiginoso aumento del rapporto dalla metà degli 90 in avanti avrebbe dovuto far scattare un campanello d'allarme.

Ora sembra che piano piano, il problema stia diventando materia di discussione. Sorprendentemente un articolo di Massimo Mucchetti sul sito del corriere affronta la questione:

La reazione di Barack Obama si fonda su un aumento della spesa, che si aggiunge al costo delle manovre dell’ultimo Bush. Stiamo parlando di 800 miliardi di dollari di stimolo all’economia oltre la cifra analoga che la Federal Reserve è già impegnata a spendere a sostegno delle banche. Il presidente eletto eredita un Paese che ha un debito totale (imprese, famiglie, settore finanziario ed esteri) di 51.849 miliardi di dollari a fronte di prodotto interno lordo di 14.412. Un debito pari al 359,7% della ricchezza prodotta ogni anno. Nel 2009 la componente pubblica di questo debito è destinata a aumentare allo scopo, se non altro, di contenere quella privata consentendo a famiglie e imprese di sopravvivere. E già oggi, a seconda di come si effettua il conteggio, il debito pubblico americano avvicina o addirittura supera il prodotto interno lordo. Come segnalano Reinhart e Rogoff, del resto, nei tre anni successivi alle crisi bancarie passate il debito pubblico è aumentato dell’ 86%, perché non è con le pur necessarie manovre sui tassi, effettuate dalle banche centrali, che si superano queste crisi così gravi, ma con la spesa pubblica fatalmente finanziata con il debito pubblico. Se però si guarda all’esperienza degli Stati Uniti della Grande Depressione si dovrà andare oltre le rilevazioni dei due economisti. Perché quando, nel 1941, il prodotto interno lordo espresso in moneta corrente tornò finalmente ai livelli pre-crisi del 1929, il debito totale americano si era dimezzato. E tutti sanno che esistono solo quattro modi per tagliare drasticamente un debito: l’insolvenza, la bancarotta, l’inflazione e la cancellazione del debito mediante un Giubileo di biblica memoria come ironicamente ricorda Niall Ferguson sul Financial Times o attraverso la conversione dei debiti in azioni, come suggeriva Guido Carli all’Italia degli anni Settanta.

L'utilità di interventi economici come quelli annunciati da Obama è discutibile dato che essi non vanno ad incidere minimamente sul cuore del problema. La gente e le aziende non riescono più ad indebitarsi creando così denaro sufficiente a far si che il sistema riesca a ripagare i propri debiti? "Che si indebiti lo stato e sia esso a mettere in circolazione del denaro" viene suggerito da troppi.

Non serve a gran che.

Intanto l'intervento va nella direzione sbagliata tendendo a comporre il problema più che a risolverlo. Secondo, difficilmente uno stato sarà in grado di indebitarsi a sufficienza da compensare il mancato indebitamento privato.

L'unica strada da percorre è quella di lasciare che il debito cali.

Ricorrere all'inflazione, ridurrebbe il valore del denaro e quindi anche l'entità del debito scaricandolo di fatto sulle spalle di tutta la popolazione, su chi è stato prudente e su quelli che si sono indebitati fino al collo. Se io ho un debito di 100 euro ed improvvisamente qualcuno stampa abbastanza denaro da far si che il loro potere d'acquisto cali talmente tanto da non bastare neppure per acquistare una confezione di caramelle, questo qualcuno ha di fatto annullato il mio debito. Questa strategia funzionò benissimo in Germania durante anni 20. Molti ripagarono i propri debiti. L'intera economia tedesca però ne uscì distrutta. I cittadini strangolati dall'inflazione si trovarono ben presto a far la spesa con la carriola (usata al posto del portafoglio). Nel caos che seguì Hitler arrivò al potere. Il resto della storia la conosciamo tutti.

Un articolo sull'Economics Times suggerisce proprio l'approccio inflativo. Afferma che sia politicamente e socialmente inaccettabile far fallire la gente e che al massimo si possa cercare di prolungare in qualche modo il pagamento del debito aumentando nel frattempo l'inflazione.

Karl Denninger sul suo Blog ha rilanciato quello che ha sempre ritenuto essere l'unico approccio possibile. Un approccio che ricorda da vicino la soluzione avanzata da Guido Carli: fare chiarezza sui bilanci delle banche, ridurne l'esposizione accollando le perdite agli azionisti, sia quelli in possesso di azioni comuni che di azioni privilegiate e trasformare le obbligazioni in quote azionarie. In questo modo i bilanci degli istituti si ripulirebbe permettendolo loro di tornare a prestare denaro ed allo stesso tempo verrebbe fatta trasparenza sulle reali condizioni del comparto bancario in modo da ripristinare la fiducia degli investitori. Per quel che riguarda l'indebitamento privato Denninger suggerisce di lasciar semplicemente fallire la gente. Chi ha rischiato imprudentemente dovrebbe accollarsi le sue responsabilità senza scaricarle sulle spalle di tutti.

Su un possibile Giubileo globale, sono in molti ultimamente a "scherzarci" su. Per chi non lo sapesse, una volta durante i Giubilei avveniva la remissione del debito. Esso veniva cancellato: "chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato". "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Il fatto che un concetto del genere si ritrovi nelle preghiere sacre, mostra come fosse risaputo anche in passato che prima o poi il debito inevitabilmente scappa e finisce con lo scoppiarci in faccia. Nel Levitico (se non sbaglio) la Bibbia prescriverebbe la cancellazione del debito ogni 50 anni.

Il solito Pritchard dice:

Presi nel complesso, i pacchetti di salvataggio potrebbero fare la differenza tra una recessione globale e un arretramento più marcato in grado di causare disoccupazione di massa e disordini sociali, forse distruggendo quell'ordine globale di apertura che prendiamo per acquisito. Se sia davvero così possiamo solo supporlo.

Non abbiamo nessuna garanzia che le misure adottate funzioneranno. Il vasto indebitamento dei governi in corso, potrebbe esaurire le riserve di capitale globale. I mercati stanno già cominciando a mettere in discussione la solvibilità di stati sovrani. La Fed potrebbe trovare più difficile di quanto pensa ritirare i suoi colossali interventi sul mercato obligazionario.

In definitiva, l'unica strada per uscire da questo debito globale potrebbe essere un Giubileo di Biblica memoria.

Ai creditori questo non piacerà.


Ovviamente quella del Giubileo non è realmente una strada percorribile. Ve lo immaginate Obama che va dai cinesi col sorriso sulle labbra e dice: "Sorpresa! Avete lavorato 13 anni in cambio di nulla. Dovremmo rifarlo uno di questi giorni".

Chi legge questo Blog sa benissimo come la penso. Una riduzione del debito è inevitabile e lasciar fallire la gente rimane la via meno dolorosa per farlo. Per quel che riguarda le banche propendo per la soluzione di Denninger e dove non fosse applicabile per un approccio di tipo svedese. Durante la crisi bancaria dei primi anni 90, scatenata dallo scoppio di una bolla immobiliare (il mercato immobiliare scese del 50-60% in 18 mesi) che una serie di deregolamentazioni aveva generato, la Svezia dopo vari e inefficaci interventi si dovette rassegnare nazionalizzando numerose banche. Il managment degli istituti in questione venne licenziato e il valore delle azioni azzerato. Le perdite sugli assets in possesso delle banche scritti a bilancio, facendo così chiarezza sulle condizioni del comparto, e le banche bisognose ricapitalizzate dallo stato. Il governo svedese ad un certo punto arrivò a possedere il 20% dell'intero sistema bancario. Una volta che la situazione si stabilizzò la Svezia si liberò delle sue quote vendendole sul mercato e riuscendo perfino a trarne un guadagno.

La recente carneficina in borsa del settore bancario, rivela la sfiducia che gli investitori nutrono sulla condizione degli istituti. Temono che le perdite siano ben più ingenti di quelle presunte o dichiarate e che una nazionalizzazione potrebbe essere prossima. Questo sta facendo crollare l'illusione che bastasse qualche assicurazione verbale o una semplice garanzia finanziaria da parte degli stati a calmare le acque e grazie al cielo sta portando alla ribalta uno dei fondamentali problemi: quella dell'effettiva condizione dei bilanci bancari. Finché non si fa chiarezza su questo punto non ci potrà essere una reale ripresa.

Quello sarebbe il primo passo da fare.

Seguito da una riduzione del debito, scaricando le perdite derivanti dai debiti non ripagabili sulle spalle di chi se lo merita. Un debito non ripagabile è una perdita. Per troppo tempo siamo andati avanti facendo finta che queste perdite non esistessero, forse nella speranza che se ci credevamo con tutte le nostre forze esse sarebbe magicamente scomparse. Le perdite però sono sempre li ed il mercato ancora una volta sta chiedendo a gran voce che si sappia quante sono e sulle spalle di chi gravano.

A questo riguardo Obama non potrà fare nulla. Finché lui e suoi equivalenti politici degli altri stati non decideranno di agire seriamente affrontando le radici del problema non usciremo da questa situazione. Anche se temporaneamente le acque dovessero calmarsi, tra qualche mese ci troveremmo di nuovo nella stessa situazione degli ultimi giorni.

Spero solo che assieme alla morte di ogni illusione sulla condizione finanziaria delle banche Inglesi e Americane muoia anche e in maniera definitiva, la speranza che si possa risolvere questa crisi evitando di affrontarne direttamente la causa.

24 commenti:

Max ha detto...

Complimenti per l'articolo.
Mi sembra di capire che guardando la parte sinistra del grafico sul rapporto tra debito e pil USA si può immaginare cosa succederà nella parte destra. Tra le strade per abbassare il debito che citi quale è stata applicata nel 30 per ottene il risultato del grafico ? Forse una che non hai citato ? Guerra ?

maat ha detto...

la spagna rischia molto con rating AA+ e l'italia allora ..se nn sbaglio A+,.. nn stiamo peggio noi?

-ma veramente è ipotizzabile un default dell'inghilterra?
sarebbe la fine del mondo....finanziario e nn.

- dal grafico ke hai postato sembrerebbe ke i problemi siano doppi rispetto al 29

-in una situazione cosi nn si salva nessuno,....nn ki ha debiti xkè fallisce....nn ki ha crediti xkè saranno sequestrati.
-quasi quasi se ho 2 soldi li sotterro

pedro45 ha detto...

Complimenti, sei di una chiarezza sconcertante.
Leggo il tuo blog come fosse un romanzo (purtroppo si tratta della nostra amara realtà) ed è per questo che ti raccomando di scrivere un libro: io mi prenoto sino da ora.

Trinetra ha detto...

Credo che per la strada Svedese sia troppo tardi: se gli stati dovessero accollarsi i debiti in cambio di parte della banca, neanche il 100% basterebbe più!
Come hai scritto ormai i debiti delle banche sono maggiori dei bilanci statali!

Inoltre anche solo minacciare un default farebbe solo anticipare l'esplosione dell'inflazione in quanto buona parte del debito è in mano a stati esteri che non avrebbero nessuna remora in quel caso a spendere in fretta le riserve accumulate (sotto forma di promesse sui debiti) per merci concrete o per finanziare le loro opere pubbliche.

A quel punto chi ce li mette i soldi?
Vedremo.

A ha detto...

Stand: "L'infantile convinzione che fosse possibile fare il bagno in una pozza di letame ed uscirne puliti e profumati."

ROTFL!!

Non riesco ad immaginare un'immagine migliore per rapprenstare lo stato del sistema bancario e dei banchieri in questo momento!

Se sapessi disegnare farei una vignetta con un Ken Lewis (CEO di Bank of America) nauseabondo ed esterrefatto dopo essersi rotolato in due pozze di letame etichettate Contrywide Fiancial e Merrill Lynch.

A ha detto...

Stand: "Il debito del sistema è cresciuto troppo rispetto alla ricchezza che il sistema stesso è in grado di produrre."

Sacrosanto. E concordo che questo è un pezzo del problema dei sistemi finanziari attuali.

Ma ti manca la controparte. Non può esistere un problema di "debito eccessivo" senza che esista anche un problema di "credito eccessivo". Ogni dollaro preso in prestito è un dollaro prestato.

E non ci sono monete legali e riserve frazionarie che possano spiegare da dove arrivi il "credito eccessivo". Se ci sono troppe persone che si sono indebitate oltre misura e non potranno ripagare i propri debiti significa che ci sono state altrettante persone che hanno risparmiato oltre misura e ora vedranno evaporare i propri "risparmi".

La mia ipotesi è che l'eccesso di credito nel sistema sia reale e sia da attribuire in buona parte ai sistemi pensionistici obbligatori, come accennato in Il segreto del sistema finanziario. IMHO, l'obbligo a investire per la pensione (ma non a risparmiare visto che ci si può sempre indebitare) è stato il propellente della bolla del debito, più dei tassi di interesse e della moneta legale.

Tu sei d'accordo che abbiamo un problema di "credito eccessivo"? E come lo spieghi?

Stand ha detto...

Ciao Alessandro quello che descrivi tu è una parte del problema, ma non mi pare sia quella fondamentale. In un sistema economico come il nostro è pressochè impossibile risparmiare realmente. Si può giusto investire per impedire che l'inflazione si mangi il denaro che metti da parte. Per quel che riguarda le pensioni il discorso è complesso e meriterebbe quantomeno un post a riguardo.

A dire il vero ho più volte pensato di scriverne uno, ma verrebbe il classico post lunghissimo e sto male solo a pensarci.

In linea generale la ricchezza che il sistema riesce a generare contribuisce al sostentamento di tutti: giovani, vecchi, pensionati e non. Ed essa verrà ripartita tra di essi. Il fatto che una parte della popolazione abbia in passato risparmiato non cambia l'equazione.

Supponiamo fosse possibile risparmiare davvero. I pensionati una volta smesso di lavorare spenderebbero i propri risparmi facendo salire l'inflazione e sottraendo della ricchezza alla popolazione attiva.

Oppure il suddetto risparmio una volta speso contribuirebbe a generare nuova ricchezza, agendo come un vero e proprio investimento, stimolando la crescita in modo che il sistema possa continuare a girare "normalmente" e sostenere tutti senza particolari rinunce.

Nella realtà da un lato non si può risparmiare e da un'altro la quota di pololazione anziana grava troppo sul sistema (nella maggior parte dei paesi industrializzati sono stati fatti troppi figli nel dopoguerra). Questa ha accumulato del denaro che è stato investito in modo che il suo valore non venisse eroso dall'inflazione.

Purtroppo furono promessi dei ritorni esagerati che la calante popolazione attiva non è in grado di garantire. Alla ricerca di guadagni impossibili fondi pensione e compagnia hanno investito il denaro affidato loro, in maniera azzardata ed irresponsabile contribuendo ad alimentare le bolle degli ultimi 15 anni.

Si tratta senz'altro di una parte del problema, ma riguardo all'eccesso di credito non mi pare sia il nocciolo. Il cuore è l'eccessivo leverage. Se permetti alle banche, ma anche ai fondi di vario genere di avere dei leverage troppo elevati è finita. Il credito non veniva tanto dal "risparmio" (anche se esso contribuiva), semplicemente veniva creato dal nulla dal sistema bancario. Se i requisiti di riserva del sistema bancario o di garanzia per chi chiede un presitito vengono annullati si sta permettendo di avere un leverage pressocchè infinito (almeno per le banche).

In altri termini se permetti a tutti di avere 0 denaro da parte o nessuna garanzia e di indebitarsi quanto gli pare, prima o poi il sistema scoppierà. Il tutto ovviamente funzionava perchè le bolle facevano salire il valore di certi beni e finché ciò accadeva ogni investimento era a rischio 0. Da quel punto di vista le banche potevano creare tutto il denaro che gli pareva prestarlo ed incassare un guadagno ritenendo di non correre rischi.

Quando le bolle scoppiarono naturalmente successe il contrario. Se prima i guadagni erano assicurati improvvisamente lo diventarono le perdite che si accumularono molto più velocemente di quanto non facero in precedenza i guadagni. I risparmi che citi e che erano alla base di una parte degli investimenti, ora stanno venendo erosi molto rapidamente.

Questo è un grosso problema dato che una buona parte dei fondi pensioni stanno rischiando il fallimento e dato che il 1 gennaio del 2008 andò in pensione il primo baby boomers negli USA e che di qui a qualche anno arriverà un ondata di nuovi pensionati, quelli nati nel dopoguerra.

Inevitabilmente le pensioni saranno ridotte e molta gente sarà costretta a continuare a lavorare. Questo in mezzo alla crisi di adesso che porterà ad una drastica riduzione dell'offerta di lavoro.

Si tratta di un altro bel problemino da risolvere.

Simone ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
mensa andrea ha detto...

se ho capito bene , Stand contesta l'affermazione di Alessandro :"E non ci sono monete legali e riserve frazionarie che possano spiegare da dove arrivi il "credito eccessivo"",
attribuendo proprio al sistema fuori controllo delle riserve frazionarie la funzione di "creditore".
corretto ?

mensa andrea ha detto...

vorrei, se non scoccia troppo, rivolgere a Stand una domanda.
se io compero delle azioni xxxx oggi per un valore di 1000 euro,e, domani (COLPO DI FORTUNA)le rivendo a 1200, chi, come e quando, e sotto quale forma fornirà al sistema risorse equivalenti a quei 200 euro che io ho "guadagnato" ? perchè io non ho prodotto assolutamente nulla che giustifichi tale guadagno, pertanto a chi li ho presi ?

A ha detto...

andrea: "se ho capito bene..."

Anche io ho capito così. E ovviamente mantengo la mia posizione :)

andrea: "se io compero delle azioni xxxx..."

Se posso risponderti io, ti propongo ancora una volta di rimuovere il denaro dal ragionamento.

Io possiedo una quota del bar qui sotto e te la cedo in cambio di un mese del tuo lavoro (valutato 1000 euro) e tu in questo mese ad esempio mi tinteggi casa. Siamo tutti contenti.

Il bar va bene quindi la tua quota è salita di valore e quando Stand te la chiede vi accordate per cinque settimane del suo lavoro (valutato 1200 euro) durante le quali ti rimette in ordine il giardino.

Il valore della quota è generato dal fatto che una attività va bene (o meglio dal fatto che chi compra ritenga che vada bene), mentre chi mette le risorse è chi compra.

Ovviamente il bar può chiudere il giorno dopo perché la finanza scopre un mega frode fiscale, ma intanto la mia casa rimane tinteggiata e il tuo girdino in ordine.

Spero di essere stato chiaro.

Stand ha detto...

Ciao andrea il denaro di cui parli può avere solo due origini: risparmi o debiti.

Nel mondo reale non è possibile risparmiare in sostanza non è realmente possibile mettere da parte dei pezzi di carta sperando che dopo 10-20 anni abbiano conservato il valore attuale. Vanno investiti ed anche un semplice deposito bancario è una forma di investimento, con un certo rischio (molto basso) connesso.

Supponiamo che io compri un azione che vale 1000 euro usando del denaro che ho accumulato o investito in qualcosa che mi garantito almeno un rendimento pari all'inflazione. Si presume che quei 1000 euro siano il prodotto di una passata ricchezza generata dal sistema.

Se questa azione, il cui valore dovrebbe rappresentare la capacità di produrre ricchezza di un azienda perde metà del suo valore e passa a valere 500 euro per esempio, io ci avrò rimesso metà del mio investimento. Essendo "risparmi", quindi denaro mio che non rappresenta un mio obbligo verso nessuno il problema è limitato. Se quello è un semplice di più e il mio stipendio mi permette di campare mi limiterò eventualmente a ridurre le mie spese o i miei investimenti futuri, ma non rischierò il fallimento.

L'impatto sul sistema esiste, ma è limitato.

Se adesso invece l'azione che ho comprato per 1000 euro la rivendo a 1200 a qualcun altro e questo qualcuno ha preso quei soldi indebitandosi, con una banca mettiamo, il problema è più grave. Io incasso i miei 1200 euro e sono a posto. Chi possiede adesso l'azione per ripagare il suo debito conta sul fatto che essa aumenterà significativamente di valore, che passi a valere 1400 euro ad esempio, cioè che la capacità di creare ricchezza di quell'azienda aumenti.

Se questo non avviene, e se anche quei 200 euro di apprezzamento che l'avevano fatta salire da 1000 a 1200 euro di valore solo la conseguenza di una grande quantità di denaro preso a prestito che si è scaricato sul mercato azionario inflazionandolo, la faccenda si fa più antipatica.

Quando si scopre che una ricchezza che giustifichi una valutazione pari a 1200 non esiste il valore dell'azione crolla (di solito si corregge in maniera eccessiva) e passa ancora una volta ad esempio a 500 euro. Solo che quei 700 euro di perdita (1200-500) non sono "risparmi" volatilizzati, sono un debito, un obbligo che chi possiede l'azione in questione ha nei confronti di qualcuno (la banca) e se esso si era indebitato con dei leverage eccessivi 30x-40x o più, non ci sono garanzie o riserve bancarie che tengano sufficienti di assorbire quella perdita.

Chi aveva comprato l'azione per 1200 euro è costretto a dichiarare fallimento e se in troppi hanno seguito il suo esempio indebitandosi troppo per investire in roba che non poteva garantire dei ritorni sufficienti a ripagare i debiti contratti saranno le banche stesse a rischiare il fallimento.

Questo grafico preso da un post che Mish ha pubblicato oggi sul suo blog che tra l'altro cita lo stesso articolo dell'economics times di cui ho parlato nel mio post, mostra quanto l'indebitamento privato sia cresciuto rispetto al PIL negli Usa. A paragone la crescita di quello pubblico è stata irrisoria.

Questo schema invece mostra cosa stia facendo l'eccessivo leverage ora, al valore delle banche. Dato che quei 1400 euro su cui il sistema contava per ripagare i suoi debiti non esistono, non sono creabili e non si può più sostituirli con delle bolle create inflazionando il mercato, tutti quelli che si erano indebitati e quelli che avevano concesso credito, o tramite risparmi o creandolo schioccando le dita incassano le relative perdite.

Se banche, fondi pensione o di investimento ed anche individui investono o spendono nel complesso 22 volte il denaro che hanno a disposizione non mi pare che il problema sia tanto una semplice questione di "eccesso di risparmio".

maat ha detto...

l'ultimo grafico ke hai postato .

quello dell'effetto sul valore delle banche dopo l'uso indiscriminato del leverage,

ci fa scoprire ke il valore delle BANK inglesi siano calate notevolmente piu di tutte le altre.
anche delle stesse americane.

è perchè sono piu marce di tutte le altre o perchè è venuto a galla un po di piu delle altre?

mensa andrea ha detto...

Chiarissimo, Alessandro.
Mi scuso anticipatamente con te per averti attirato nella prossima discussione con questo esempio, discussione su un argomento che mi sta molto più a cuore ma che ho trovato solo persone che evitano di approfondire.
Faccio notare che nel tuo esempio valuti 1 mese di tinteggiatura 1000 e 5 settimane (35 giorni) di giardinaggio 1200. È ovvio che è solo un esempio, ma indicativo del fatto che i due lavori non “valgono” nello stesso modo.
Inoltre introduci il concetto di valore, e ti ringrazio, perché esso è il vero punto che mi interessa discutere.
Tu dici “Il valore della quota è generato ….”, come se il valore di un bene, materiale o immateriale, fosse dettato da un’entità super partes, esterna, oggettiva, ecc…
Io sono arrivato a definire il valore di un bene come l’espressione del desiderio di possedere quel bene.
Da tale definizione scaturisce il fatto che il valore sia una valutazione soggettiva, fatta da chi può desiderare, e non oggettiva, generata cioè dal bene stesso.
Inoltre, dato che il valore, ha significato soltanto in funzione di uno scambio, effettivo o anche solamente ipotetico, ecco che interviene anche la valutazione soggettiva del bene con cui scambiarlo.
Trovo estremamente significativo ciò che avviene, ad esempio ad un’asta.
A far desistere, gradualmente i competitori, non è solo la valutazione in denaro del bene messo all’asta, ma anche quanto essi valutano il denaro. Per esser chiari, sicuramente per chi possiede 1 miliardo, 1 milione ha un valore, per chi possiede 2 milioni, lo stesso milione ne ha uno ben diverso.
Di qui mi associo a te nel cercar di definire i fenomeni economici senza l’uso del denaro, ma usando direttamente ciò che rappresenta, soprattutto se non si ha la certezza che coloro che ne parlano siano ben consapevoli che il denaro è solo un veicolo (a volte parcheggiato) del movimento di valore.
Tornando al concetto di valore, se è abbastanza facile comprenderlo nell’esempio dell’asta, diventa meno chiaro ed intuitivo quando si parli ad esempio del pane o del lavoro del tinteggiatore o del giardiniere o del lavoro in genere.
In un ambito chiuso, dove, per ipotesi ci fossero 3 medici ed un solo spazzino, probabilmente lo spazzino guadagnerebbe più del medico, avendo più forza contrattuale, a prescindere dal fatto che il suo addestramento richieda 1 ora e quella del medico 15 anni, oltre al fatto che il compenso, deve compensare anche l’attrattiva di tali mestieri, per cui la valutazione del lavoro ritengo che sia una delle cose più complesse da esprimere teoricamente.
Pertanto più facile mi pare valutare il pane.
È ovvio che più alto fosse il suo valore, meno se ne consumerebbe e quindi produrrebbe, al limite diventando un bene per soli amatori.
È altrettanto ovvio che un valore troppo basso, non compenserebbe i panificatori, spingendoli a cambiar mestiere e quindi riducendo il pane disponibile.
Il prodotto valore per quantità, genera quindi in un grafico che lo riferisca al suo valore, una curva a campana, il cui apice sarà rappresentato da un certo valore in cui tale prodotto è il massimo, ed al quale il mercato tenderà a stabilizzarsi.
Ma allora dove è finita la soggettività del valore ?
Nei prodotti di largo consumo non può esser altro che il limite che esclude come acquirenti tutti coloro che valutano soggettivamente il valore del pane inferiore al suo valore di mercato, agendo così, astenendosi dal comprarlo, sulla quantità.
Erroneamente ho sentito stabilire come valore di mercato la media dei valori soggettivi assegnati dai componenti di un certo ambito ad un determinato bene.
Per me, il valore di mercato è invece un limite che attua il compromesso quantità-prezzo, all’apice della curva.
Valore è quindi la caratteristica del bene che interessa negli scambi.
Ma dato che è estremamente complesso esprimere il valore di un auto in numero di motociclette o di cavalli, ecco che il denaro assume la funzione di unità di misura del valore.
Si ma quanto vale il denaro ? ho già risposto a tale domanda con l’esempio sopra, e la risposta è che anche per il denaro il valore è soggettivo, complicando così la valutazione di un bene, valutazione soggettiva fatta con una unità di misura soggettiva.
E credo che sia proprio di qui che scaturiscono i grossi problemi di comprensione. Non avere alcun riferimento oggettivo accettato mediante il quale fare le valutazioni.
Fino a qui sei d’accordo o hai delle obiezioni ?

A ha detto...

@andrea,

non vorrei invadere troppo il campo dell'amico Stand, quindi cercherò di essere breve.

Concordo con tutta l'impostazione del concetto di valore (soggettivo) e denaro che hai descritto, che poi è quella della scuola austriaca. Avrei delle piccole precisazioni da fare e mi piacerebbe espandere alcuni dei temi che hai introdotto nel, tutto sta a trovare tempo e concentrazione.

Ti potrebbero interessare alcuni dei miei post con l'etichetta introduzione alla finanza, soprattuto alcuni vecchi.

mensa andrea ha detto...

Grazie Stand, e anche con te mi scuso per aver posto un problema “civetta” più per iniziare una discussione che effettivamente per un dubbio.
E guarda caso, come con Alessandro che mi ha risposto, ho potuto tirare in ballo uno degli argomenti che più mi assilla, e cioè il concetto di valore, con te, grazie alla tua risposta, posso parlare di debito, altro argomento pesante.
Premetto in questo discorso un inciso sul denaro.
Esso ha due funzioni:
unità di misura del valore
accumulo di valore.
In questa seconda funzione, se facciamo un salto nel tempo, vediamo che solo grazie ad un accumulo di denaro o ricchezza, era possibile fare opere che richiedessero per un certo tempo un numero elevato di lavoratori.
Chi lavorava doveva mangiare, e magari anche la sua famiglia, ma se, ad esempio stava costruendo una chiesa, il suo lavoro non produceva un bene scambiabile.
Pertanto occorreva che il committente della chiesa, avesse accumulato denaro sufficiente a pagare i lavoratori, che con quel denaro potevano acquistare cibo e il necessario presso i contadini, grazie al denaro guadagnato.
Il denaro tornava al committente della chiesa dopo qualche altro scambio tramite tasse e balzelli, ma un fondo , per iniziare, era necessario.
In effetti, non essendo possibile accumulare cibo e altri beni deperibili, si accumulava denaro per poi scambiarlo con tali beni appena prodotti.
Accumulo per finanziamento, quindi.
Le banche, oggi, soddisfano alla necessità di finanziamento, grazie alla loro possibilità di moltiplicare “denaro” sulla base dei depositi e del loro capitale di garanzia.
Ora vediamo due aspetti di questo fatto ipotizzando di partire da un sistema in equilibrio economico, in cui tutto quanto viene prodotto, e solo quello, viene acquistato da chi produce grazie al guadagno ottenuto per il lavoro svolto. Non vi è spinta a innovazioni per cui non vi è spinta verso nuovi investimenti, tutto il denaro guadagnato serve a comperare tutte le merci. In tale situazione una banca sparirebbe immediatamente, ma supponiamo che il suo ectoplasma sopravviva.
Ora da questa condizione di equilibrio, supponiamo che si inizi a sentire la necessità di risparmiare, di accantonare risorse, denaro.
È chiaro che prescindere da dove si mettesse il denaro risparmiato, sotto il materasso o in banca, il sistema inizierebbe una spirale involutiva, dato che denaro prima destinato all’acquisto di beni prodotti, non tornerebbe sul mercato, quindi eccedenza di prodotti, calo della produzione, calo dei guadagni, ulteriore calo di acquisti e via dicendo. Fino a quando ? fino a che ridotti i guadagni, si annullerebbe il risparmio, pertanto si tornerebbe in equilibrio produzione, paghe, consumi, su livelli più bassi, con meno denaro a disposizione, ma resterebbe il capitale accantonato grazie ai risparmi precedenti.
Lo spendere tali risparmi, farebbe iniziare una spirale opposta, che porterebbe i livelli di paghe , prezzi e consumi ai livelli iniziali, che si stabilizzerebbero a risparmi esauriti.
Se iniziato il risparmio, invece, per mantenere il livello dei consumi, qualcuno decidesse di farsi prestare soldi dalla banca (ovviamente non chi sta risparmiando), il livello del giro economico resterebbe inalterato, restando inalterata la cifra destinata all’acquisto delle merci prodotte, ma aumenterebbe l’indebitamento di chi chiede finanziamento.
Se chi risparmia decidesse di iniziare a spendere il proprio risparmio, si creerebbero le condizioni affinché chi si è indebitato potrebbe restituire il debito contratto, ma se la banca ad un certo punto decide di smettere di prestare soldi a chi non ha più possibilità di restituirli e anzi li richiede, probabilmente il debitore fallisce.
La banca deve accollarsi la perdita subita, ma nell’intero sistema nulla cambia perché globalmente il risparmio compensa il debito non onorato. Solo che il risparmiatore è più ricco ed il proprietario della banca più povero.
Due varianti di tale sistema sono :
La banca concede prestiti oltre la sua capacità di garanzia.
Si chiedono prestiti senza che nessuno risparmi.
Nel primo caso fallisce la banca, se i conti erano assicurati, i risparmiatori non ci rimettono, ma il sistema si stabilizza ad un livello superiore perché sono entrati in circolo le risorse erogate dall’assicuratore, oltre ad esserci quelle di chi si era indebitato, se non erano assicurati, i risparmiatori ci rimettono i loro risparmi che “pagano” le spese fatte da chi si era indebitato.
Il secondo caso, più vicino alla attuale crisi, porta ad una spirale inflazionistica, essendoci nel sistema più soldi destinati agli acquisti, che merci, pertanto aumento dei prezzi delle merci, richiesta di aumenti di paghe, ecc…
Ma la cosa più deleteria è che non si creano le condizioni per restituire i prestiti, anzi, le paghe saranno sempre più in sofferenza rispetto ai prezzi delle merci, rendendo più difficile stornare risorse per ripagare i debiti.
Questo porterà così al punto in cui le banche smetteranno di concedere prestiti, i debitori falliranno, e se le banche hanno prestato oltre alla loro capacità di garanzia, falliranno pure loro.
Quadra ?

mensa andrea ha detto...

grazie alessandro.

mensa andrea ha detto...

Di tutto quanto detto prima però punto l’attenzione su due fatti:
il risparmio ha una valenza deflattiva
prestiti bancari fatti “inventando”valore (leverage o depositi frazionati) hanno valenza inflattiva.
Non è tanto il prestito in se, quanto il fatto che se mi faccio prestare dei soldi dalla banca, è per spenderli, comprare qualcosa, anche se dico “investirli” si tratta comunque sempre di comperare qualcosa e quindi trasferire liquidità a chi vende. Il ripagare i debiti contratti, come il risparmio, ha quindi valenza deflattiva.
L’altro fatto a cui porto attenzione è la destinazione di certi capitali.
Supponiamo di acquistare un immobile appena costruito.
Mi faccio prestare l’importo dalla banca e lo pago.
Sicuramente muratori, elettricisti, idraulici, ecc.. che hanno costruito l’immobile pagheranno a loro volta i fornitori e si pagheranno il lavoro, posso pensare quindi che una buona parte di tali cifre torneranno sui consumi, poi c’è l’impresario e poi il proprietario del terreno, che dovranno compensare un po di lavoro, ma sostanzialmente accantoneranno una parte di quanto incassato.
Parte di tale prestito quindi, finirà in consumi, parte in risparmio. Se anche solo metà di tale valore finisse sui consumi, visto l’aumento dell’indebitamento rispetto al pil, avremmo dovuto avere inflazione a due cifre.
Visto che così non è stato ne da noi, ne nell’area euro, ne complessivamente nemmeno in tutto il mondo occidentale, c’è da domandarsi dove sia finita tutta la massa di denaro avuta in prestito dal sistema bancario che con leveraggi assurdi, ha superato di gran lunga i suoi capitali di garanzia.
Io conosco solo un paese, in cui si sono riversati capitali per de localizzare produzioni (il che comporta grosse spese in immobili, macchinari, avviamenti, ecc..), che ha avuto una crescita enorme ma anche inflazione vicina alle due cifre, ed è la Cina.
Ora, se in occidente le banche si sono compromesse emettendo prestiti, che dopo un breve giro sono stati raccolti ed hanno finanziato il boom cinese, sarà ben difficile che tali prestiti possano esser recuperati nel breve periodo. Il recupero era stato programmato sul lungo periodo come ritorno degli investimenti,ma quell’accidente sui subprime, ha fatto scoppiare il problema fuori tempo.
E quindi, come d’altronde anche tu asserisci, ben difficilmente, vista l’entità dell’esposizione, sarà possibile rientrare in tempo dei prestiti, e quindi evitare i defaults.

Il Ciellino Partigiano ha detto...

Stand: "Il debito del sistema è cresciuto troppo rispetto alla ricchezza che il sistema stesso è in grado di produrre."

Alessandro: "E non ci sono monete legali e riserve frazionarie che possano spiegare da dove arrivi il "credito eccessivo"."

Ciao a tutti, mi chiamo Giovanni e da poco ho scoperto i vostri blog che trovo piuttosto interessanti.

Mi sembra che facciate una analisi realistica della situazione finanziaria, senza peli sulla lingua.

Mi pare che però sulle reali origini della attuale crisi finanziaria siete arrivati sul limitare del cuore del problema senza entrarvi.

Ovviamente questa crisi dipende proprio dal fatto che il debito del sistema è cresciuto eccessivamente. E che ci sia una debito eccessivo dipende precisamente dal fatto che ci sia un credito eccessivo.

Sand, nella sua risposta ad Alessandro, osserva: "Il cuore è l'eccessivo leverage. Se permetti alle banche, ma anche ai fondi di vario genere di avere dei leverage troppo elevati è finita. Il credito non veniva tanto dal "risparmio" (anche se esso contribuiva), semplicemente veniva creato dal nulla dal sistema bancario."
Ecco, ci siamo quasi.
A mio modesto parere, proprio come si crea un credito, dall'altra parte la stessa azione crea un debito.
E il debito creato dalle banche centrali è direttamente sulla moneta. Infatti, ogni moneta creata, dollaro o euro che sia, è creata a debito. Questo vuol dire che tutta la moneta del mondo occidentale è creata a debito. E da questo consegue che pagare il debito più interessi con la stessa moneta è strutturalmente impossibile. L'unica possibilità, è quella di tornare a indebitarsi per somme sempre maggiori. Questa è la spirale degli interessi sugli interessi, che è la identica spirale della crescita del debito.

In buona sostanza, in un mondo in cui tutto il denaro creato è a debito, l'unica possibile soluzione finale è un fallimento sistemico: proprio quello che sta per accadere.

Ma non è qusto l'unico sistema utilizzabile. Si può fare diversamente da questo capitalismo marcio e incontrollato e incontrollabile. Non ha alcun senso che la moneta in quanto unità di misura sia a debito. Sarebbe come dire che devono essere a debito il metro, il chilo o il litro.
Di tutto questo e di altre cose parlo nel mio sito www.monetacomplementare.it
Sistemi monetari alternativi esistono oggi e sono esistiti nella storia. Occorre iniziare a riconoscere i limiti dell'attuale struttura monetaria e trarne le dovute conseguenze.
Che non piaceranno a chi campa sulla speculazione e sul lavoro altrui.

A ha detto...

@Giovanni,

non sono d'accordo.

Quando ho studiato per la pirma volta il meccanismo di funzionamentto della moneta legale (fiat money) ho tratto conclusioni simili alle tue. Ma studiando più a fondo la logica e la storia dei sistemi finanziari ho concluso che il problema profondo non è la moneta.

Le banche centrali sono delle associazioni a delinquere legali. Su questo non ci piove. Ma le bolle del debito ci sono state anche prima dell'introduzione delle monete legali. I boom e le depressioni dell'ottocento negli USA sono avvenuti anche prima che fosse fondata la Federal Reserve e per moneta si usava l'oro.

E la storia che strutturalemnte non si può ripagare tutto il debito denominato in una moneta legale non sta in piedi. Intanto credito e debito rappresentano beni reali, lavoro e fatica di oggi e di domani. Che il contratto sia denominato in euro, oro, ore di lavoro o sacchi di grano non cambia la logica dell'operazione finanziaria (ma ne cambia il rendimento). E poi storicamente dopo la (Prima) Grande Depressine il debito totale negli USA è colato a picco proprio dopo la sospensione del gold standard.

Insomma la moneta legale è una truffa, ma è una truffa più sottile di così e attaccando il bersaglio giusto per il motivo sbagliato si rischia di perdere la battaglia.

A ha detto...

@Giovanni,

il mio punto è: la moneta legale di per sé non è il problema, chi la controlla è il problema.

Di fatto, se la banca centrale fosse interessata al benessere collettivo più che al benessere dei dirigenti delle banche e dei politici al potere una moneta legale potrebbe essere migliore dell'oro (la moneta naturale per eccellenza).

Ma storicamente nessuna banca centrale si è mai interessata al benessere comune.

Stand ha detto...

Ciao Giovanni

Ho scritto e si è discusso del debito e della creazione della moneta in alcuni vecchi articoli (qui e nel post successivo).

Sono d'accordo con quanto dice Alessandro sul "fiat money". Di per se non sarebbe necessariamente un problema senza certi eccessi. Dal punto di vista matematico è vero che il debito è una quantità non ripagabile (anche se dal punto di vista puramente teorico una volta finiti i pezzi di carta si potrebbero cedere beni materiali per ripagare i debiti: case, terreni ecc), ma la cosa non ha in realtà importanza perché nessuno si aspetta e nessuno vuole realmente che il debito venga pagato completamente dato che una evento del genere equivarrebbe alla totale scomparsa della moneta.

Sarebbe più corretto dire che il debito va servito o per dirla in un altra maniera che vada di volta in volta ripagato abbastanza debito da dare l'illusione che tutto il debito verrà ripagato prima o poi.

Dato che la crescita del debito e quella della ricchezza hanno un andamento esponenziale, ma tendono ad aumentare a differenti velocità (l'interesse aumenta più velocemente della ricchezza) prima o poi si arriverà ad un punto in cui la ricchezza prodotta non permetterà di servire abbastanza debito.

Se si accetta la cosa e si permette che il sistema purghi il debito in eccesso ci si becca una semplice recessione, ed in genere la situazione tenderà a riequilibrarsi. Se non si accetta la cosa e ci si indebita di volta in volta per ripagare il debito esistente la situazione peggiora e prima o poi esplode.

Da questo punto di vista non è tanto il "fiat money" il problema, ma chi in base a interessi di parte, arroganza o fiducia in teoria sbagliate ha deciso che poteva sempre e comunque evitare il verificarsi di una recessione. "La grande moderazione" veniva chiamata. Tutto sulla base di teorie discutibili come quella del "mercato efficiente" partorita dal triumvirato di chicago: Milton Friedman, Eugene Fama, e Robert Lucas.

Personalmente ritengo la teoria del mercato efficiente una colossale fesseria e mi trovo molto più in linea con l'ipotesi dell'instabilità finanziaria di Hyman Minsky, ma qui il discorso si farebbe lungo e complesso.

Quando c'era il gold standard come dice Alessandro le crisi si verificavano lo stesso, anche crisi acute come nel 1907 negli USA. Allora c'era il gold standard e non esisteva un banca centrale, ma non ebbe importanza. La crisi fu risolta grazie all'intervento del vecchio J.P Morgan.

All'epoca si disse che per impedire il ripetersi di eventi simili fosse necessaria la presenza di una banca centrale che agisse da prestatore di ultima istanza. Nel 1913 venne fondata e nel 1929 sappiamo cosa successe.

Alessandro dice: "la moneta legale di per sé non è il problema, chi la controlla è il problema". Io mi spingo più in la ed arrivo a dire che il problema è che esistono entità (centralizzate o non) che creano la moneta. Anche se fossero buone e brave, possono sbagliare, possono non avere tutte le informazioni necessarie a compiere delle scelte corrette ecc e prima o poi comunque arriva gente che cercherà di spingersi troppo in la per interesse o arroganza nelle sue capacità ed anche se dei controllori esistessero bisognerebbe sempre vedere quanto siano corruttibili e come si dice: "chi controlla i controllori".

Di fatto la soluzione perfetta non esiste e non potrebbe essere altrimenti. E' importante cercare di limitare al massimo l'incentivo al prodursi di certe situazioni (e su come fare ci sono fin troppe idee), ma se la storia ci insegna qualcosa esse non possono essere evitate completamente.

mensa andrea ha detto...

per Stand e Alessandro
felice che Giovanni abbia cercato di coinvolgere pure voi, perché ho già provato a spiegargli in tutti i modi sia sul blog di Turani che via e-mail l’oggetto della sua confusione, ma persevera e non vuole accettare la realtà.
Per far ciò ho cercato di separare i concetti di valore, ricchezza, da quello di moneta, denaro.
Valore si genera col lavoro, ogni giorno se ne crea e se ne distrugge in continuazione. Raccolgo una mela ho creato valore, la mangio e lo distruggo. Costruisco una bicicletta e creo valore, rottamo un’auto e ne distruggo. Valore è tutto ciò che può essere scambiato con qualcosa d’altro. Pareto aveva inventato il termine di ofelimità per definire quella caratteristica che rende desiderabile a qualcuno un bene.
Altro modo di creare valore è quello delle banche col leveraggio o con i depositi frazionati.
Il denaro o la moneta che dir si voglia, è, oltre a unità di misura del valore e mezzo di accumulo del valore, soprattutto MEZZO DI SCAMBIO del valore.
Caio costruisce una bicicletta. Tizio vuole comprarla e ritira 200 euro dal conto in banca, compera la bicicletta. Caio deposita 200 euro sul suo conto in banca, magari dopo 2 giorni.
I 200 euro sono stati veicolo di valore per i due giorni.
Ora la banca centrale costruisce i veicoli di valore (il denaro) e lo mette in circolazione.
Per tale servizio richiede un pagamento (l’interesse), che è un valore, e viene veicolato (spostato ) dal denaro, ma NON è il denaro.
È ovvio che se venisse ritirato TUTTO il denaro (i veicoli) non si potrebbe più spostare il valore, ma Giovanni confonde il valore veicolato con il veicolo stesso. Per lui sono la stessa cosa, e non so più come dirgli che sono due cose diverse !
Provate voi, magari ci riuscite.

mensa andrea ha detto...

.... soprattutto il denaro che serve a pagare gli interessi, il giorno dopo può servire a pagar qualcosa d'altro, non esaurisce li le sue possibilità, ma può continuare a veicolare valore all'infinito, o almeno fino a quando non viene ritirato.