venerdì 28 novembre 2008

Sul sistema (il ciclo del denaro)

Con questo post, e probabilmente un altro paio che seguiranno se riuscirò a vincere la mia cronica pigrizia, vorrei provare a spiegare alcuni meccanismi che sono alla base dell'economia. Quel genere di cose che tutti dovrebbero avere chiare e che andrebbero spiegate a scuola, ma che per qualche ragione sembra brutto affrontare.

Non ho seguito nessuno studio particolare in materia economica, quello che so l'ho imparato per i fatti miei sui libri e sbattendoci contro, per cui le mie conoscenze hanno per forza diverse lacune. Se notate errori sostanziali, siete pregati di farmeli sapere, gentilmente magari, dato che un po' di tempo l'ho impiegato a scrivere questo post.

Proverò a spiegare il tutto in maniera semplice, ripetendo più di una volta certi concetti e ricorrendo inevitabilmente ad alcune semplificazioni. Questo significa anche che sarà uno di quei post atrocemente lunghi. Se avete però dei dubbi su come funzioni il sistema economico leggetevelo, magari un po' alla volta, ma arrivate in fondo (se non avete dubbi potete tranquillamente saltarlo).

Lungi da me l'intenzione di fare il maestrino, ma spesso anche tra i miei amici partono delle discussioni da cui risulta evidente come manchino alcune informazioni fondamentali in materia economica.

Faccio molto prima, anche per loro, a scrivere un articolo una volta per tutte e ad indicarglielo la prossima volta che salta fuori l'argomento.

La cosa fondamentale da capire è come funziona il ciclo di creazione e distruzione del denaro perché esso è alla base di tutto. In economia il debito e il denaro vengono definiti fungibili, cioè intercambiabili. Sostanzialmente sono la stessa identica cosa. Se esiste debito esiste denaro e viceversa.

Il denaro viene creato dal sistema bancario quando un individuo si reca in una banca e chiede un prestito. Se la banca decide di concederglielo essa semplicemente crea in quel momento il denaro necessario.

Per semplicità consideriamo un mondo senza denaro in circolazione in cui improvvisamente venga creata una banca centrale (BC) ed una banca che chiameremo normale (BN) in sostanza una tradizionale banca commerciale (quelle di cui trovate sedi e sportelli nelle varie città). Alla Banca Normale vi si reca il primo cliente, incuriosito da questa cosa chiamata denaro (denaro che verrà poi messo in circolazione dalla BN sotto forma di moneta, chiamiamola pure euro).

Questo cliente tanto per provare questa nuova trovata decide di chiedere alla BN 1000 euro in prestito. La BN, che esiste proprio per quello scopo (per far circolare denaro), dopo aver controllato le garanzie di questo individuo e averle considerate valide, approva l'erogazione del prestito. La moneta però viene effettivamente creata/stampata dalla banca centrale, per cui la BN è costretta a recarsi da essa per farsi consegnare materialmente i 1000 euro.

La BC sotto richiesta della BN crea quindi questi 1000 euro in moneta e glieli da sotto forma di prestito. La BN si ritrova perciò a dovere 1000 euro alla BC. A questo punto la BN torna dal cliente che aveva inizialmente chiesto il prestito e sua volta gli presta i suddetti 1000 euro. Visto che essi sono anche i primi soldi mai creati, rappresentano tutto il denaro in circolazione nel mondo in quel momento. In sostanza nel sistema è stata creata una catena del debito di 1000 euro, catena che termina alla banca centrale (BC>BN>cliente) e contemporaneamente sono stati creati 1000 euro in denaro sonante.

Tutto il debito del mondo equivale a 1000 euro e tutto denaro esistente è ugualmente pari a 1000 euro.

Non dovrebbe quindi, esistere nessun problema in linea teorica per ripagare il debito esistente.

Quando questo avviene, il debito stesso scompare. Contemporaneamente però scompare anche una corrispondente quantità di denaro.

Torniamo al nostro cliente, al suo debito di 1000 euro e vediamo come.

Ad un certo punto il cliente decide che è venuto il momento di restituire alla BN i 1000 euro avuti in prestito ed estinguere così il suo debito. La BN dopo aver riavuto indietro i 1000 euro dal cliente, si reca alla BC ed a sua volta paga il debito di 1000 che aveva contratto con essa.

La BC che si era segnata su un bel librone il fatto di aver dato fuori i 1000 euro alla BN, depenna la voce, indicando che i 1000 euro sono tornati a casa. Poi prende i 1000 euro, li sbatte dentro a un grosso deposito ed a tutti gli effetti quei soldi sono scomparsi. Per quel che la riguarda la BC potrebbe direttamente bruciarli i suddetti 1000 euro. Non lo fa solo perché ha già fatto la fatica di stamparli e non ne vale la pena.

Il compito della banca centrale è quello di far si che il denaro circoli nel sistema. Non quello di arricchirsi in maniera nascosta. Quando il denaro le torna indietro questo denaro semplicemente sparisce. Se anche il pezzo di carta continua ad esistere, finché esso rimane chiuso in una cassaforte il suo effetto è nullo, è come se non esistesse. Quando poi la BN in futuro chiederà altri 1000 euro alla BC, essa non farà altro che riaprire la sua bella cassaforte, prendere i 1000 euro che aveva messo via e prestarli alla BN come se fossero stati appena creati.

Fate molta attenzione. Questo è un fatto fondamentale da capire.

Quando il debito viene ripagato un equivalente quantità di denaro scompare dal sistema. Quando il cliente ha restituito i 1000 euro, che come avevamo detto erano tutto il denaro esistente, il cliente ha anche causato la sparizione di tutto il denaro in circolazione nel mondo.

Questo è uno dei paradossi del sistema.

Il debito va pagato, ma allo stesso tempo non ha senso pagarlo. Se prendessimo tutto il denaro esistente e con esso pagassimo tutti debiti esistenti non resterebbe più denaro in circolazione. Torneremmo al baratto e sarebbe la fine dell'economia così come la conosciamo.

Non vi preoccupate, però. Non potrà mai succedere. E' semplicemente impossibile ripagare tutto il debito, perché esso è sempre una quantità più elevata rispetto alla somma di tutto il denaro esistente. Questo a causa del fondamentale elemento che è stato trascurato nell'esempio precedente: l'interesse.

Quando il cliente si reca alla BN per chiedere 1000 euro in prestito sappiamo tutti che essa non gli chiederà indietro solo 1000 euro. Vorrà anche che lui le paghi una certa percentuale aggiuntiva, percentuale che viene definita interesse.

L'interesse esiste per diverse ragioni. La Banca Centrale lo usa come strumento principale per la regolazione del denaro in circolazione: se alza il tasso di interesse, il costo del denaro aumenterà e la gente sarà disincentivata dal chiedere dei prestiti. Verrà quindi creato e messo in circolazione meno denaro. Se lo abbassa succederà l'opposto.

Il compito della BN invece, è di fare da tramite tra la BC e la gente che chiede denaro in prestito, valutando la situazione finanziaria di questi ultimi. Deve quindi controllare che essi abbiano garanzie sufficienti perché gli si possa concedere un prestito e/o che abbiano un piano di investimento sensato per i soldi che chiedono. Tutto questo richiede tempo e personale. In sostanza è un costo che va coperto in qualche maniera. Per questa ragione la BN all'interesse che stabilisce all'origine la BC applica un ricarico. Inoltre come abbiamo visto, i soldi che la BN presta, rappresentano per lei un rischio. Se i 1000 euro che aveva prestato nell'esempio di prima non le fossero stati restituiti a lei sarebbe rimasto comunque un debito di 1000 euro nei confronti della BC.

In un caso simile, l'unica strada che può percorrere la BN per ripagare il suo debito è di prendere ciò che il cliente le ha fornito come garanzia, provare a venderlo e sperare di recuperare più soldi possibile. Naturalmente se questa garanzia viene venduta per meno di 1000 euro la differenza è tutta perdita che la BN incassa.

In sostanza, le banche si assumono un rischio quando prestano denaro alla gente. A questo rischio attribuiscono un valore e lo conteggiano nell'interesse. Più l'economia è solida, più le BN riterranno probabile che un prestito venga restituito e meno sarà l'interesse che applicheranno ai prestiti che concedono e viceversa.

Il rischio del sistema si riduce in definitiva, alla possibilità che il debito non venga pagato. Se questo si verifica qualcuno lungo tutto la catena riporterà un equivalente perdita. Ad esempio se un fornitore non paga un azienda questa incasserà una perdita. Se la perdita è troppo ingente l'azienda non sarà più in grado di pagare i debiti che aveva con la sua banca e quest'ultima incasserà una perdita a sua volta. Quando tutta la catena si rompe e le perdite cominciano ad ammucchiarsi sui bilanci delle banche, che sono quelle che si trovano alla fine di essa, significa che la situazione si è fatta critica.

Negli ultimi anni banche, hedge funds e compagnia si sono riempiti di matematici. Li volevano tutti perché avevano bisogno di individui in grado di creare complessi strumenti finanziari la cui funzione fosse, sostanzialmente, quella di tenersi i guadagni ed accollare il rischio a qualcun altro. I famosi debiti cartolarizzati non sono che questo, un trucco attraverso il quale le banche hanno scaricato su altri il rischio (o almeno così credevano) raccontando loro che si trattava invece di un nuovo tipo di investimento. Questo ha prodotto una cattiva valutazione del rischio. Le banche che avevano creduto di essersi liberate del rischio si son dette: "se il rischio è basso anche il ricarico sull'interesse stabilito della BC che noi applichiamo può essere basso". Ovviamente questo ha contribuito a tenere un tasso di interesse finale (al pubblico) innaturalmente basso, fornendo carburante alla bolla immobiliare.

Torniamo ora all'esempio iniziale: BC>BN>cliente che chiede 1000 euro, ma consideriamo anche l'interesse questa volta. Quando la BN va dalla BC a chiedere che essa le crei e le presti i famosi 1000 euro, la banca centrale applica su di essi anche un 2% di interesse, tasso che ad esempio, in quel momento considera essere adeguato a soddisfare la propria politica monetaria. La BN dopo aver accettato di pagare questo interesse, prende i 1000 euro e torna dal solito cliente, quello che aveva chiesto inizialmente il prestito. Gli da i 1000 euro, ma pretende indietro su di essi anche un interesse del 5% (ha ricaricato l'interesse di un 3%).

In sostanza il cliente, conteggiando anche l'interesse, dovrà restituire 1050 euro (non consideriamo eventuali scatti dell'interesse dovuti al passare del tempo per semplicità).

Fate molta attenzione perché questa è un altra parte fondamentale da capire.

Avevamo detto che la BC e BN avevano appena aperto i battenti ed erano le uniche banche esistenti, quindi le uniche entità in grado di creare denaro e che il cliente era la prima persona a chiedere del denaro in prestito, cioè il primo a produrre la creazione di denaro/moneta.

Nel complesso il sistema bancario (BC+BN) ha creato 1000 euro da dare al cliente e questi 1000 euro sono tutto il denaro esistente al mondo. Però il sistema bancario dal cliente vuole indietro 1050 euro (1000 +5%).

Se è il sistema bancario l'unico in grado di creare denaro e se tutto il denaro esistente ammonta a 1000 euro come potrà mai il povero cliente restituirne 1050?

Ovviamente non può.

Dovrebbe tornare in banca e fare un altro debito (quindi creare altro denaro) con cui ripagare quello precedente. Questo lo lascerebbe con un debito ancora maggiore di quello che aveva prima, debito che potrebbe pagare solo chiedendo altro denaro in prestito alla banca indebitandosi ancora di più. Questo gioco può teoricamente andare avanti fino a quando il cliente non è costretto a dichiarare fallimento rifiutandosi di pagare il suo debito.

Se il cliente perplesso chiedesse alla BN, dove essa supponga che lui possa trovare i 50 euro che non esistono per poter ripagare il suo debito, la BN gli risponderebbe senza fare una piega: "Presto altra gente, oltre a te, verrà a chiedermi soldi in prestito, creando quindi altro denaro. Tu nel frattempo con i tuoi 1000 euro potrai mettere su una attività e attraverso essa vendere dei beni e dei servizi a quest'altra gente, ottenendone in cambio il denaro necessario a ripagare il tuo debito e magari anche a trarne un guadagno."

Anche se per quanto riguarda il cliente ciò fosse vero, per quello che riguarda il sistema nel suo complesso il problema resta. Anche il denaro che quest'altra gente creerebbe genererebbe un debito con sopra un interesse del 5%. Interesse che come abbiamo visto non viene mai creato dal sistema bancario.

Questo si vede subito se consideriamo che anche un secondo cliente vada in banca a chiedere 1000 euro in prestito. Come il primo cliente anche esso dovrà restituire una cifra pari a 1000 + 5% (l'interesse), quindi 1050 euro. Anche in questo caso quel 5% di interesse non viene creato dalla BN.

Il primo cliente si reca dal secondo e da gentiluomo, invece di derubarlo (cosa che alla banca non interesserebbe) gli vende qualcosa o gli presta un servizio in cambio di 50 euro. A questo punto felice di aver trovato questi mitologici 50 euro il primo cliente torna alla BN, paga il suo debito (1050 euro) e prima di andarsene si volta e fa un gestaccio esclamando: "col cavolo che ci rivediamo".

Adesso è il secondo cliente a trovarsi nei guai. Come il primo aveva preso 1000 euro e ne doveva trovare 50 (il 5%) da qualche parte per poter ripagare il suo debito. 50 però li ha dati al primo cliente come pagamento per un servizio che questi gli ha reso. Adesso in mano gli sono rimasti solo 950 euro in tutto. Dato che il primo cliente ha ripagato il suo debito e che quindi i soldi che possedeva sono scomparsi, quei 950 sono anche tutto il denaro esistente al mondo.

Il secondo cliente si trova nella stessa situazione iniziale del primo cliente, solo peggiore. Se il primo cliente doveva trovare 50 euro che non esistevano per poter ripagare il suo debito, il secondo si trova a doverne trovare 100.

Deve aspettare che un terzo cliente vada alla BN, chieda un prestito e crei quindi nuovo denaro. Diciamo che il terzo cliente crea pure lui 1000 euro. Il secondo cliente in qualche maniera riesce a farsi dare i 100 euro di cui ha bisogno dal terzo cliente e finalmente riesce a pagare il suo debito. Il terzo a questo punto si ritrova con 900 euro che sono tutto il denaro esistente ed è costretto a trovarne 150 che non esistono da qualche parte, per poter ripagare il suo debito. Aspetta quindi un quarto cliente che poi dovrà aspettarne un quinto. La somma che ognuno di essi dovrà trovare sarà superiore a quella che ha dovuto trovare chi li ha preceduti.

Il sistema salta quando uno dei clienti dovrà farsi pagare dal cliente che lo segue una cifra superiore a qualunque bene o servizio possa vendergli. Se tutti i clienti creano 1000 euro e l'interesse è il 5% come negli esempi fin qua fatti, il decimo cliente avrà preso in prestito 1000 euro, ne avrà pagati 450 al nono cliente in cambio di qualcosa (con essi il nono avrà saldato i suoi debiti) e si troverà obbligato a prendere dall'undicesimo 500 euro (450 che aveva speso + i 50 di interesse sui 1000 euro). Se il decimo cliente non ha nulla da vendere all'undicesimo che possa valere 500 euro si dovrà arrendere, ammettere con la BN che non è in grado di ripagare i propri debiti e fallire.

Questo banale esempio mette in luce che il sistema è destinato a fallire. Il suo debito complessivo è sempre superiore al denaro esistente e per poterlo ripagare il sistema si comporta come quegli individui che pagano i propri debiti facendo altri debiti.

Tornando al caso del primo cliente, chiamiamo il principale del debito (indichiamolo con x) i 1000 euro di debito, ai quali corrispondono 1000 euro di denaro effettivamente creato (sempre indicato come x) . Al principale va poi sommato un 5% di interesse (chiamiamolo y) che viene definito servizio sul debito.

Riassumendo se il debito complessivo del sistema economico in ogni dato momento è uguale a x+y(y=servizio sul debito), il denaro esistente è teoricamente uguale a x. Spero non ci siano dubbi sul fatto che x+y>x (il servizio sul debito non è una quantità negativa).

Si tratta quindi di un debito irripagabile, ma che allo stesso tempo va pagato.

Un altro paradosso.

Come fa il sistema bancario a tenere tutto in piedi?

Molto banalmente, continuando a creare denaro. Se il denaro esistente è pari x e il debito totale è x+y , per poterlo ripagare mi basta creare una quantità di denaro sufficiente a far si che il denaro totale diventi x2=x+y. Semplice no? Si, se non fosse che questo denaro x2 viene creato tramite le banche, anche esso come debito con sopra un interesse. Se ho creato una quantità complessiva di denaro x2, il debito totale del sistema sarà diventato x2+y. Per pagare questo debito devo creare una quantità di denaro x3=x2+y. A quel punto il debito complessivo del sistema diventerà x3+y e richiederà la creazione di una quantità di denaro x4=x3+y e così via.

Un cane che si morde la coda.

In pratica, dato che il sistema bancario è l'unico a poter creare denaro ed il denaro viene creato come debito con sopra un interesse (che però non viene creato), l'unico modo per poter pagare il debito e di creare un equivalente quantità di denaro, che però genererà più debito, che richiederà la creazione di più denaro, generando ancora più debito ecc ecc.

Il sistema paga i suoi debiti, facendo altri debiti.

Il gioco può continuare finché l'economia è in grado di creare abbastanza denaro (i vari x2, x3, x4 ecc) per pagare il debito esistente ed il denaro abbiamo visto viene creato quando la gente va in banca a chiedere un prestito. La gente chiede prestiti quando l'economia si espande, quando le aziende investono e assumono personale, quando nuove attività vengono create.

Quando c'è crescita economica.

La crescita è necessaria perché senza di essa non potrebbe essere creato abbastanza denaro per ripagare il debito e l'insolvenza insita nel sistema ci scoppierebbe in faccia (indovinate cosa sta succedendo adesso nel mondo?).

Gran parte del problema è in quella y, il servizio sul debito. Essa è tendenzialmente una quantità in crescita, dato che gli interessi con il passare del tempo scattano e si compongono, cioè si iniziano a pagare gli interessi sugli interessi. Se prendo 1000 euro in prestito ed ogni 3 mesi ci applicano sopra un 5% di interesse, dopo i primi 3 mesi dovrò restituire 1050 euro. Quando scattano la seconda volta gli interessi, mi troverò a pagare il 5% di 1050 euro non più di 1000.

Gli interessi composti sono perversi perché inizialmente aumentano lentamente, poi a forza di comporsi acquistano una velocità pazzesca.

La componente y del debito totale (x+y) è quindi una quantità in crescita, (anche se negli esempi sopra per semplicità l'ho mantenuta costante) e col tempo arriva a pesare sempre più sul debito totale (sulla somma x+y), fino ad arrivare, come già detto, a superare la capacità del sistema di creare nuovo denaro con cui ripagare il debito esistente.

Non dimenticate che y è una quantità che non è mai stata creata. Se ad esempio a forza di aumentare, la componente y diventasse uguale a x, per ripagare il debito totale x+y dovrei creare una quantità di denaro doppia a quella attualmente in circolazione (2 volte x).

Anche con una eccezionale crescita economica questo risulterebbe impossibile.

Si arriva ad un punto in cui il servizio sul debito diventa una quantità troppo elevata e il sistema si trova nell'impossibilità di garantire una crescita economica sufficiente a generare il denaro necessario al proprio sostentamento.

Quando accade si verifica una recessione.

Tutti improvvisamente sentono la scarsità del denaro in circolazione rispetto al debito e si preoccupano. Hanno bisogno dei soldi per pagare i propri debiti e le proprie spese e cominciano a chiedere indietro denaro a chi aveva contratto debiti nei loro confronti. In un momento in cui il sistema non riesce a creare denaro a sufficienza, tutti i soggetti ne fanno incetta. Come abbiamo visto la coperta è troppo corta (x+y>x), non ci sono abbastanza soldi ed inevitabilmente qualcuno lungo tutta la catena di debiti e di obblighi non potrà pagare e fallirà.

Se qualcuno non paga un debito, qualcun altro incasserà una perdita equivalente. Se queste perdite sono limitate e impattano su degli anelli intermedi ad esempio le aziende, queste per compensare le perdite saranno costrette a diminuire le spese: limiteranno gli investimenti, licenzieranno personale ecc. Se gli anelli intermedi resistono tutto bene. Ci si becca una recessione, una parte del debito verrà ripagata ed un altra verrà cancellata dai fallimenti.

Quando abbastanza debito è stato purgato e il risparmio rigenerato, se ci si sono le condizioni si riparte con una nuova fase espansiva.

Se invece le perdite risalgono tutta la catena del debito andando a scaricarsi massicciamente sul sistema bancario il rischio è quello di una depressione.

Questo è quello che sta succedendo attualmente.

In linea di massima si possono avere delle fasi di espansione brevi o tenui in cui il debito non aumenta troppo e delle fasi successive di contrazione in cui il debito viene purgato, altrettanto brevi o di limitato impatto. Oppure si possono verificare delle fasi di espansione lunghe od eccessivamente violente in cui il debito aumenta in maniera insostenibile a cui spesso seguono delle brutali fasi di contrazione.

Nel caso di espansioni e contrazioni brevi la crescita economica avvenuta durante la fase espansiva non viene necessariamente cancellata dalla contrazione. L'andamento generale può tranquillamente essere, tra alti e bassi, in crescita. La popolazione generalmente tende aumentare, quindi più gente avrà necessita di bene e servizi e di denaro con cui pagarli, la tecnologia anch'essa tende a progredire aprendo nuove possibilità di investimento.

Lunghe fasi espansive se non son basate su elementi concreti, ad esempio una rivoluzione tecnologica, alla fine collassano per forza di cose. Quella della New Economy è stata una vera rivoluzione. Ci ha lasciato le reti informatiche ed ha aperto la porta della globalizzazione, nel bene e nel male. Una rivoluzione del genere aveva necessità di grandi investimenti ed i banchieri centrali per rispondere alla domanda di denaro da parte dei vari investitori, hanno abbassato il tasso di interesse.

Come abbiamo visto prima, la creazione di tutto questo denaro ha anche generato un debito che andava ripagato. Gran parte di questo denaro però, non si è scaricato in attività produttive, ma è andato ad alimentare una bolla speculativa. In sostanza esso non ha prodotto una crescita reale e sostenibile dell'economia. Una crescita che consentisse di creare abbastanza denaro per ripagare il debito creato in precedenza.

Alla fine ovviamente il giochino si ruppe.

Arrivò il momento di purgare il debito in eccesso dal sistema. I banchieri centrali però non vollero. Se troppa gente all'improvviso si trova costretta a ripagare i propri debiti il denaro rischia di sparire con una eccessiva rapidità e di produrre una spirale deflattiva. Per evitarlo tagliarono in maniera assurda il tasso di interesse, creando un altra montagna di denaro che trovò sfogo nella bolla immobiliare. Se la New Economy qualcosa di nuovo e utile lo aveva lasciato, la bolla immobiliare ci ha solo regalato tanti sobborghi fantasma e un mare di case fatiscenti.

Anche essa non è riuscita a creare una crescita reale e sostenibile dell'economia.

Ora, ancora una volta, è arrivato il momento per il sistema di ripagare parte del proprio debito e di nuovo in maniera ancora più evidente i soldi non ci sono. Il debito è cresciuto troppo negli ultimi anni.

Non è più neppure sufficiente tagliare il tasso di interesse per generare la creazione di denaro. Il peso del debito nel sistema è diventato così elevato che anche se il denaro viene regalato, non è rimasta più abbastanza gente con le garanzie necessarie per andare in banca a farsi concedere un prestito. Sono tutti troppo poveri, troppo indebitati o troppo riluttanti ad esporsi in questo contesto economico, comprese le banche.

Il denaro necessario a tenere in piedi la baracca non viene più creato.

Per ovviare a questo problema la FED ultimamente ha adottato strategie che si trovano ad un solo passo di distanza dall'arrivare a spargere denaro sulle città lanciandolo dagli elicotteri.

E' inflattivo quello che sta facendo la FED ricorrendo a certe forme di quantitative easing?

No, almeno per ora. Chi parla di inflazione dimentica di conteggiare nei suoi calcoli la quantità spaventosa di denaro che sta venendo cancellata. Le manovre della FED sono però distruttive ed a pagarne le spese alla fine rischia di essere il dollaro.

Adesso torniamo un attimo al solito primo cliente della BN e al suo debito di 1050 euro.

Esso dopo aver ricevuto 50 euro in pagamento dal secondo cliente, forte dei suoi 1050 euro (1000+5%) torna dalla BN e con essi ripaga il suo debito. La BN prende questi soldi, si reca alla BC e ripaga a sua volta il proprio debito pregresso, cioè 1000 euro più il 2% di interesse. Alla BN resterà materialmente un 3% di interesse, che era il ricarico che aveva effettuato sull'interesse fissato dalla BC. La BC fa sparire, come abbiamo detto prima i 1000 euro, depennandoli dai suoi libri contabili e chiudendoli dentro ad un deposito.

Quello che le rimane in mano è un 2% di interesse. Con una parte ci paga le spese per la struttura, il personale, il costo per stampare la moneta ecc. Quello che resta è guadagno. Come abbiamo visto però una banca centrale non dovrebbe esistere per guadagnare soldi. La sua funzione dovrebbe essere unicamente quella di mettere in circolazione denaro. Quel guadagno, che le deriva dal potere di creare la moneta è in un certo senso guadagno "indebito" e viene definito "signoraggio". Se la banca centrale appartiene allo stato in genere questo signoraggio viene ceduto ad esso. Se è di proprietà di privati quel denaro se lo spartiranno essi a seconda delle rispettive quote di proprietà.

Intanto si può notare che il sistema bancario trae i suoi guadagni da quello che non "crea", quindi dall'interesse (nella realtà anche da commissioni su diversi tipi di transazione, ma qui ci interessa il ciclo del denaro).

In secondo luogo, il signoraggio come viene raccontato in rete su diversi siti è un accozzaglia di sciocchezze. Alcuni affermano che le banche schiocchino le dita creando denaro, senza che questo rappresenti per esse un debito o una potenziale perdita. Creerebbero ad esempio 1000 euro senza costi o rischi e li presterebbero in giro. Se gli tornano indietro bene, se non gli tornano chi se ne frega, la loro perdita sarebbe comunque 0. A questo punto mi dovrebbero però spiegare, perché le banche di mezzo mondo sono al fallimento e perché mai, esse si scomodino a prestare il denaro in primo luogo.

Tanto varrebbe crearlo ed usarlo direttamente per comperare tutto ciò che esiste. Quale sarebbe il problema? Lo presterebbero per far si che la gente non capisca cosa stiano facendo?

Altri invece affermano che quando i soldi arrivano alla BC, questa invece di farli sparire li riciclerebbe chissà dove, per arricchire un gruppo selezionato di persone.

Su queste cose esistono controlli molto severi, per ovvie ragioni (anche se ci si potrebbe chiedere chi controlla i controllori), ma anche se in qualche modo ciò accadesse davvero, si chiamerebbe falso in bilancio. Sarebbe un atto criminale dei più gravi (a parte in Italia) sopratutto se perpetrato dalla banca centrale ed in ogni caso potrebbe essere condotto solo su cifre limitate.

Il sistema non funziona e non può funzionare così.

Una delle ragioni per le quali il denaro viene creato attraverso un debito è che in questa maniera esso è sterilizzabile, cioè richiamabile. L'ultimo anello nella catena del debito, la BC, può stabilire che c'è troppo denaro in circolazione e fare in modo che esso venga cancellato. Lo fa generalmente alzando il tasso di interesse. In questa maniera chi ha dei debiti è incentivato a ripagarli e come abbiamo visto, quando il debito viene ripagato il denaro scompare dal sistema.

In teoria nulla vieta ad uno stato di stampare denaro e, come disse una volta Bernanke riferendosi alla capacità della Federal Reserve di inflazionare il mercato, spargerlo sulle città lanciandolo dagli elicotteri. La ragione per cui non si fa è che quel denaro sarebbe difficilmente sterilizzabile. Si tramuterebbe in inflazione in maniera pressoché permanente.

Bisognerebbe mandare in giro delle squadre di persone apposite per rastrellare i soldi alla gente oppure inventarsi una tassa ad hoc per richiamare indietro il denaro.

Il rischio sarebbe quello di perdere il controllo della leva monetaria e di suicidarsi via iper inflazione.

Se anche i banchieri cattivi: Rockefeller, Rothschild, Warburg o chi per loro, volessero controllare il mondo attraverso le banche, non lo farebbero mai in quella maniera (creando cioè denaro non richiamabile), perché così facendo, finirebbero per distruggere molto velocemente lo stesso sistema che ambirebbero a dominare.

Prima di chiudere questo post è anche il caso di fare una precisazione sulle banche commerciali, quelle che ho chiamato BN. Esse nella realtà non si rivolgono alla BC ogni volta che qualcuno va a chieder loro un prestito. La maggior parte delle transazioni sono elettroniche al giorno d'oggi. La creazione e la distruzione di denaro avviene contabilmente un po' come descritto prima nel caso della BC. Anch'esse si segnano su un librone cosa devono avere e cosa devono dare. Si tratta in sostanza di una partita doppia. Se non capite di cosa stia parlando non vi preoccupate e tenete presente l'esempio di sopra (BC>BN>cliente). Magari se ne riparlerà meglio in un diverso post (l'articolo è gia abbastanza lungo).

Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Le cose che vanno ricordate alla fine non sono molte:

  1. Il denaro viene creato quando qualcuno contrae un debito col sistema bancario
  2. Quando un certo debito viene ripagato una quantità equivalente di denaro scompare
  3. Il debito dell'intero sistema è superiore al denaro esistente e quindi tecnicamente irripagabile
  4. Le banche guadagnano su quello che non creano, cioè l'interesse (a parte commissioni varie)
  5. Il servizio sul debito (che raggruppa interessi e interessi composti) è una quantità tendenzialmente in crescita
  6. Il debito non può continuare ad aumentare in eterno prima o poi una parte di esso deve essere eliminata dal sistema (non tutto perché se no sparirebbe anche il denaro)
  7. La maggior parte dei discorsi sul signoraggio che potete leggere in internet sono cazzate

Più avanti probabilmente scriverò qualcosa sulla riserva frazionaria, l'effetto moltiplicativo del sistema bancario e un po' in dettaglio sul funzionamento delle banche centrali e delle loro attuali politiche.

Per il momento mi fermo qua.

Update:

Alessandro mi ha fatto notare con molta cortesia un errore sostanziale nel mio articolo. Volevo aspettare che scrivesse lui qualcosa a proposito, ma è comunque il caso di far presente il problema a chi legge l'articolo, dato che ad un certo punto dico una cosa che poi successivamente smentisco (e non essendo un politico è un discreto problema). Il confine tra semplificazione e cazzata è sottile e a forza di semplificare si perdono dei pezzi per strada, ragione per cui fa sempre comodo un proof reader. Fortunatamente internet può spesso assolvere a questa funzione.

Come descrivo nell'articolo quando un debito x+y (principale + servizio sul debito) viene ripagato la parte del principale scompare mentre la parte y dell'interesse diventa un guadagno del sistema bancario. Questo guadagno , non scompare, ma viene per la maggior parte reintrodotto nel sistema sotto forma di spese del sistema bancario o dividendi. In sostanza dopo che il primo cliente paga il suo debito in euro 1000 + 50 i 1000 euro scompaiono mentre i 50 tornano nel sistema. Se il tutto fosse istantaneo il secondo cliente (che prende in prestito 1000 euro) potrebbe teoricamente mettere le mani su quei 50 euro che non sono scomparsi e trovarsi nella situazione del primo cliente. Con 1000 euro in mano e la necessità di trovarne 50 che non esistono.

In questo senso l'interesse dei debiti pagati prima ribilancerebbe la necessità di creare nuovo denaro generando altro debito e nel caso migliore manterrebbe la situazione costante (il debito complessivo del sistema rimane maggiore del denaro in circolazione x+y>x). Una parte del problema è che questo processo di reimmissione del denaro non è istantaneo e non riesce quindi a ribilanciare completamente questa necessità. In secondo luogo come abbiamo visto la y quella parte di interesse mai creata, aumenta con il passare del tempo dato che gli interessi scattano e si compongono.

In sostanza la y tende ad aumentare, ma aumenta molto più lentamente di quanto non poteva sembrare dal post originale. Più denaro viene creato rispetto ad una crescita sostenibile dell'economia e più la y complessiva del sistema cresce e più cresce il rischio di una violenta recessione o di una depressione. Invece più la quantità di denaro che viene creata si avvicina al tasso di crescita reale (e più velocemente il sistema bancario reimmette in circolazione nel sistema i suoi guadagni) è più ci si avvicina al caso in cui la situazione dell'indebitamento dovrebbe rimanere costante.

Il problema delle bolle speculative è che esse non creano una crescita reale e sostenibile, ma una fittizia basata sull'aumentare del valore di certi beni causato da tutto il denaro creato che su di essi va a scaricarsi (è sostanzialmente inflazione). Tutto questo denaro ovviamente fa aumentare anche il debito in maniera insostenibile rispetto alla crescità reale. Quando la bolla scoppia il debito va ripagato ed iniziano i problemi.

In futuro correggerò l'articolo e toglierò l'update, anche perché probabilmente verrà lasciato in prima pagina. Per ora lo lascio, anche come esempio di come si possano fare certi errori in buona fede ed in attesa che eventualmente Alessandro scriva un suo articolo sull'argomento.

martedì 25 novembre 2008

Verso l'infinito e oltre!

C'è un articolo di bloomberg che negli ultimi due giorni ha fatto il giro della rete. Ha rimbalzato tra i più famosi blog economici, è stato ripreso da diversi quotidiani ed è perfino riuscito a finire sulla prima pagina di digg, tra un lol cat e l'ennesima gaffe di Sarah Palin.

L'articolista di bloomberg ha semplicemente preso tutti gli interventi economici operati dal tesoro degli Stati Uniti, dalla Fed e da vari enti governativi come l'FDIC, li ha messi in fila ed ha fatto la somma. Il risultato rappresenta l'ammontare complessivo del denaro che gli USA, nell'ultimo anno, si sono impegnati ad utilizzare nel tentativo di sconfiggere la crisi che divora le nostre economie.

Contando anche l'ultimo intervento nei confronti di Citigroup il conto finale ammonta a 7,76 trilioni di dollari (7760 miliardi).

Più della metà dell'intero PIL che gli Stati Uniti producono in un anno.

Ammetto che l'entità complessiva della cifra ha stupito perfino un pessimista come me. Si sta parlando di denaro che il governo americano ha promesso di impiegare, quindi solo una parte di quella somma è stata materialmente sborsata. Per fortuna Bloomberg è stato così gentile da aggiungere una colonna in cui ha sommato il denaro effettivamente usato (qui trovate la tabella riassuntiva con le varie voci).

Si tratta di appena 2836 miliardi di dollari.

Adesso si che mi sento meglio.

Buon parte di quei soldi sono stati emessi sotto forma di prestiti a banche ed aziende e si suppone che un giorno o l'altro verranno restituiti, ma anche a voler essere generosi il bilancio degli USA è potenzialmente esposto a trilioni di perdite.

Spulciando poi tra le varie voci salta agli occhi come Bloomberg consideri 200 miliardi la cifra massima che verrà sborsata per sostenere Fannie e Freddie. Non è in senso stretto un errore dato che quella è la somma che il tesoro ha ufficialmente promesso di stanziare, ma se credete davvero che le perdite dei due colossi dei mutui si limiteranno a 200 miliardi ho una bellissima torre pendente in pieno centro a Bologna da vendervi.

Anche considerando il caso migliore le perdite delle due GSE si aggireranno intorno ai 500 miliardi.

Inoltre, per ovvie ragioni, non viene considerato nei calcoli il già annunciato pacchetto di stimolo economico che Obama ha promesso di lanciare non appena varcherà la soglia dello studio ovale. Obama si è rifiutato di indicare l'entità precisa di questo ennesimo intervento evitando di illustrarne i dettagli, salvo poi dichiarare la ferma intenzione di creare 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. A sparare cifre ci ha pensato uno stuolo di illustri politici e economisti. Tutti sembrano concordare su una somma che oscilli tra i 500 e i 700 miliardi di dollari.

Lo so, sono ripetitivo, ma ancora una volta non posso evitare di chiedermi: "dove cavolo andranno a prendere tutti questi soldi gli Stati Uniti?"

Se questo articolo racconta il vero gli USA hanno già iniziato a supplicare altre nazioni per ricevere assistenza economica:

Gli Stati Uniti hanno chiesto a quattro ricchi stati petroliferi del Golfo una cifra vicina ai 300 miliardi di dollari come aiuto per affrontare la crisi finanziaria globale, ha riportato il quotidiano Kuwaitiano Al-Seyassah, Giovedì.

Citando "ben informate" fonti, il giornale ha detto che Washington avrebbe chiesto 120 miliardi di dollari all'Arabia Saudita, 70 miliardi di dollari agli Emirati Arabi, 60 miliardi di dollari al Qatar e cerchi di ottenere 40 miliardi di dollari dal Kuwait.


Che io sappia questa notizia non è stata ne smentita ne confermata. Di certo se confermata sarebbe esplosiva. Gli USA ufficialmente ridotti allo stato di pezzenti globali. Per ora la cosa non sembra preoccupare poi molti. Un trilione qua, un trilione la, cosa volete che sia.

A dimostrazione che sembra di essere ai confini della realtà, mentre stavo scrivendo questo post la FED se ne uscita con un ennesimo intervento, per la cifretta di 800 miliardi di dollari. L'obbiettivo dovrebbe essere quello di sbloccare il mercato dei prestiti ai consumatori.

Innanzi tutto la FED ha deciso che era il caso di creare un altra facility: il TALF.

Do quindi il mio benvenuto alla neonata Term Asset-Backed Securities Loan Facility, di sicuro non si sentirà sola circondata da così tanti fratelli, la cui madre è sempre la Federal Reserve ed il cui padre il problema della settimana. Il compito del TALF sarà di prestare, tramite la Federal Reserve di New York, 200 miliardi di dollari ai possessori di ABS (asset backed securities) con un rating AAA che siano basate su prestiti nuovi o concessi da poco a singoli consumatori e piccole aziende. Gli ABS sono solo l'ennesima sigla alfabetica che sta ad indicare un debito tagliuzzato e re-impachettato come strumento finanziario (si tratta ad esempio di debiti sulle carte di credito, finanziamenti per studiare all'università o per comprare un auto). In sostanza chi farà dei nuovi prestiti in giro li potrà cartolarizzare e scaricare alla FED in cambio di 200 miliardi di denaro frusciante.

Tra l'altro i prestiti emessi dal TALF sono "non recourse loan", in sostanza prestiti a fondo perduto. Chi si indebita col TALF potrebbe anche decidere di non onorare il suo debito e la FED non potrebbe farci nulla salvo provare a rivendere tutti i bellissimi ABS ottenuti come garanzia.

Con altri 500 miliardi la FED intende comperare MBS (mortage backed securities) dalle GSE, Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae (quest'ultima è sempre stata di proprietà governativa) mentre con i restanti 100 comprerà sempre da Fannie, Freddie e l'FHLB (Federal Home Loan Banks) una serie di obblighi diretti.

Oggi ovviamente il titolo di Fannie e Freddie è letteralmente volato in borsa.

La FED si fa carico di un sacco di obblighi e titoli spazzatura in pancia alle due agenzie: WOW! Cosa si diceva poca sopra sul costo totale che avrebbe avuto il salvataggio dei due giganti dei mutui?

Degli ufficiali economici americani, sotto anonimato, hanno detto a bloomberg di non ritenere l'acquisto di queste obbligazioni basate sui mutui come una forma di "quantitative easing" o come il tentativo di aggiungere denaro alle riserve delle banche in periodo in cui il tasso di interesse è bassissimo, seppure ammettano che alla fine l'effetto sarà quello.

Non chiamiamolo "quantitative easing" quindi, che quella sembra ormai chiaro essere considerata una parolaccia.

Chiamiamolo stampare denaro, così almeno tutti capiscono.

E come se non bastasse un intervento da 300-800 miliardi al giorno sembra che il tesoro abbia anche intenzione di lanciarsi nel mercato dei DIP. I DIP sono una forma di prestito concessa alle aziende che ricorrono al chapter 11, una forma di bancarotta che può condurre ad un riorganizzazione o alla liquidazione definitiva della azienda (chapter 7). Quando una azienda finisce in chapter 11 ha comunque la necessità di fondi per le spese legali e per l'eventuale ristrutturazione. Questi fondi quando l'economia ancora funzionava venivano prestati da privati in cambio di junk bonds, la cui massima priorità di pagamento veniva garantita da una corte giudiziaria degli Stati Uniti.

Alti ritorni e basso rischio quindi.

Quando l'intero mercato del credito si è congelato, i privati sono scappati a gambe levate anche dal mercato dei DIP. Il problema si è manifestato in tutta la sua drammaticità nel caso della GM. Molti avrebbero voluto mettere la GM in bancarotta (chapter 11) facendo saltare i vecchi accordi in materia pensionistica e retributiva e ristrutturando così l'azienda, fino a renderla più snella e flessibile. Peccato non sia stato possibile trovare sul mercato il denaro necessario a condurre questa operazione. Allora diversi politici avanzarono l'ipotesi di un assistenza governativa che accompagnasse finanziariamente la GM alla bancarotta.

Adesso sembra che l'idea sia stata estesa e vada a coprire l'intero mercato dei DIP.

Dovremmo francamente chiederci se esista ancora un qualche angolo del mercato finanziario che non sia gestito, garantito, finanziato dal governo statunitense. Il costo che avrà la manovra sul DIP non è possibile conoscerlo al momento.

Quello che risulta però evidente è che il calcolo fatto da Bloomberg dovrà presto essere rivisto in eccesso per oltre 1,5 trilioni di dollari (800 miliardi dell'ultimo intervento della FED + circa 700 del piano di Obama + DIP + ?).

Einstein affermava che le sole cose infinite fossero la stupidità umana e l'universo (e sulla seconda non era sicuro).

Molti, sembrano invece ritenere che all'elenco delle cose infinite vada aggiunto anche il bilancio degli Stati Uniti e con noncuranza continuano ad espanderlo facendosi carico di debiti e di rischi.

Magari Einstein sbagliava.

Magari ha ragione Bernanke che con le sue manovre sembra gridare entusiasta: "verso l'infinito e oltre!".

Ma se proprio devo scegliere, alle teorie economiche del secondo continuo a preferire quella della relatività.

lunedì 24 novembre 2008

Singolarità Quantistiche


Anche Citigroup è andata: morta, dead, kaputt.

Come al solito molti hanno mostrato un genuino stupore di fronte a questo evento, seppure fosse risaputo da tempo che il colosso bancario navigasse in cattive acque. In un vecchio post del 15 maggio commentavo, citando l'opinione di Meredith Withney, la situazione precaria della Citigroup e il piano da fine del mondo tramite il quale, Citi stessa, si proponeva di vendere 500 miliardi in asset e licenziare 13000 dipendenti.

Questo accadeva nello stesso periodo, in cui l'FMI se andava in giro raccontando che le perdite finali dovute alla crisi si sarebbero aggirate attorno ad una cifra simile (500 miliardi di dollari).

Meredith Whtney, analista bancaria alla Oppenheimer, ha visto crescere la sua notorietà nell'ultimo anno per aver azzeccato gran parte delle sue analisi, prevedendo continue perdite nel settore bancario mentre tutti erano impegnati a gettare acqua sul fuoco, ripetendo che il peggio era passato e che di li a poco il mercato si sarebbe rispreso.

Qualche giorno fa la Withney in un intervista illustrò come Citigroup fosse ormai senza speranze e risploverò una sua vecchia battuta a riguardo: "Citigroup è un tale buco nero che non basterebbe Stephen Hawking a sistemarlo".

La scorsa settimana si è verificato un verò e proprio macello in borsa con il titolo della Citi che ha riportato perdite oscillanti tra il 20% ed il 30% al giorno. La solita pletora di ottusi ottimisti (per essere gentili) andava in giro cantilenando che in fondo, il valore del titolo fosse secondario e non avesse molto a che vedere con la solidità della banca e che a differenza di quel che successe con la Bear e la Lehman, le controparti di Citi non stessero ritirando il loro denaro per metterlo altrove.

Niente di cui preoccuparsi quindi.

Purtroppo come spesso accade, il crollo in borsa non è di per se la causa dei problemi di un azienda, ma il sintomo che altri problemi esistono. La Citigroup negli anni del boom immobiliare e della speculazione finanziaria rampante, si è lanciata in maniera folle nelle medesime operazioni che hanno fatto fallire alcune delle maggiori banche americane. Alla fine dei giochi si è ritrovata ad avere 2200 miliardi dollari di assets in pancia e la metà di quella cifra fuori bilancio.

Il giochino di creare strutture ad hoc in cui parcheggiare le perdite per evitare di doverle registrare sui bilanci della società, fu inventata dalla Enron. Portò così bene all'ex gigante dell'energia che quando le banche si lanciarono in pratiche simili nessuno ebbe nulla da ridire. Se una ditta normale provasse ad addottare simili strategie, i suoi dirigenti rischierebbero l'arresto e 25 anni in galera, ma si sa, le banche non sono aziende normali. Esse sono evidentemente dotate di super poteri e possono quello che nessun altro (o quasi) può.

Tutto filò liscio, finché l'intera economia planetaria non si trasformò in un gigantesco blocco di Kryptonite.

A quel punto gli asset che erano stati parcheggiati in SIV, SPE e simili, per poter aggirare i limiti di esposizione bancaria, si tramutarono in un concentrato di perdite. Tutte perdite che in ultima analisi appartenevano alle stesse banche che aveva creato quelle entità ad hoc, anche se ufficialmente non risultavano nei loro libri contabili. Citigroup e colleghe, dopo aver tentato inizialmente di rivendere a qualcuno altro tutti gli assets svalutati, hanno dovuto rassegnarsi e cominciando pian piano a riportarli in bilancio.

Citigroup è stato di gran lunga la più attiva sul mercato dei CDO arrivando ad avere parcheggiati fuori bilancio 1,1 miliardi di assets. A scatenare il crollo in borsa fu proprio la notizia che Citi aveva rimesso a bilancio 17,4 miliardi in assets, assets che fino al 30 settembre erano valutati 21,5 miliardi di dollari.

Non era che l'inizio.

Si dice che altri 122 miliardi in debito sulle carte di credito debbano presto essere rimessi a bilancio e che un altro numero imprecisato di assets per il valore di svariati miliardi li seguirà.

Ovviamente nessuno ha la più pallida idea di quante perdite possano esservi nascoste in mezzo.

Nel clima di sfiducia e incertezza attuale queste notizie erano più che sufficienti a far crollare il titolo di quella che fino a qualche mese fa veniva considerata la più grande banca americana.

E' divertente notare, come ancora qualche giorno fa, il CEO della Citi, affermasse che non ci fossero problemi e che la banca fosse adeguatamente capitalizzata, evocando anche i 25 miliardi che il ministro del tesoro le elargì, quando in una riunione a porte chiuse, forzò coattamente la ricapitalizzazione di 9 dei maggiori istituti del paese.

Allora Citi, JP Morgan e le altre, piagnucolarono sul fatto di essere state forzate ad accettare il denaro del governo, affermando di non averne nessuna reale necessità e di aver piegato il capo unicamente per dare il buon esempio alle banche minori. Il fatto che i CEO dei 9 istituti uscirono ridacchiando da quella famosa riunione fece capire a molti che le cose non stessero esattamente come raccontavano.

Domenica, prima dell'apertura delle borse asiatiche (come sempre accade), il ministro del tesoro Paulson ha annunciato un piano di salvataggio per Citigroup.

Che il governo sarebbe intervenuto non era in discussione.

Se apriste il vocabolario alla voce "troppo grande per fallire" trovereste l'insegna della Citigroup. Ancora più preoccupante, se apriste lo stesso vocabolario alla voce "troppo grande per poter essere salvata" trovereste la medesima insegna.

Non esiste nessun banca, istituto, azienda o altro che siano in grado di comprare Citigroup. Non senza un ingente assistenza governativa per lo meno. La possibilità che Citi fallisca non è neppure da prendere in considerazione. Se pensate che il fallimento della General Motors sia un grosso problema, considerate che esso al confronto di quello della Citi svanisce come una formica di fronte a una montagna.

Se saltasse Citi, l'onda d'urto si materializzarebbe fisicamente, scavalcando l'oceano atlantico e travolgendo tutto lungo il suo cammino: case, città, stati.

Sarebbe di nuovo Il 10 Ottobre, solo un ordine di grandezza peggiore.

Il piano di salvataggio illustrato da Paulson prevede una garanzia statale fino a 306 miliardi per tutti gli assets pericolanti in possesso di Citigroup. I primi 29 miliardi di perdite li dovrebbe assorbire l'istituto dopo di chè finirebbe tutto nella pancia dello stato. Inoltre 20 miliardi vengono iniettati come ricapitalizzazione (se volete farmi del male qua trovate il riassunto delle condizioni dell'accordo).

Sembra chiaro che il governo USA abbia cercato di non intraprendere una nazionalizzazione troppo esplicita come nel caso dell'AIG. L'intenzione pare essere quella di prendere tempo, individuare un modo di fare a pezzi Citigroup e venderne le spoglie, dato che come già detto, nessuno è in grado di ingoiare l'intero boccone.

Tra i pretendendi designati a spartirsi la carcassa i fondi sovrani d'investimento arabi, data anche l'esposizione del principe saudita Alwaleed bin Talal che proprio qualche giorno fa nel tentativo di ripristinare un po' di fiducia sui mercati annunciò l'aumento della sua partecipazione in Citigroup.

Di certo nessuno sarà disposto a farsi avanti se si tratterà di farsi carico di significative perdite. La maggior parte di esse in qualche maniera resterà, per la loro gioia, a carico dei contribuenti americani.

E' inevitabile.

Salutiamo quindi, la nascita di questo nuovo buco nero e ringraziamo il cielo che non ci abbia ancora ingoiati tutti.

Amarcord

Questo lo posto solo per ricordare come eravamo messi appena qualche anna fa e come un po' in tutto il mondo e quindi anche in Italia, gli individui che hanno cavalcato e prodotto la crisi attuale siano gli stessi che ora vengono ad offrirci delle soluzioni.

Da Repubblica:

ROMA - L'ipoteca sulla casa per finanziare i consumi delle famiglie: questa la formula trovata dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti per rinforzare la capacità di consumo degli italiani, elemento necessario per far ripartire l'economia. "Tremonti chiede agli italiani di ipotecare la casa per comprare la TV nuova", ironizza il vice presidente dei senatori della Margherita Natale D'Amico.

"Gran parte della ricchezza delle famiglie è concentrata nel mercato immobiliare - è scritto bella bozza di Dpef - ed un sostegno ai consumi, fondamentale per la crescita del nostro paese, potrebbe derivare dalla possibilità di convertire in reddito parte di tale ricchezza". In sostanza il governo punta sul mattone per "finanziare i consumi, convertendo in reddito una parte della ricchezza accumulata dalle famiglie attraverso la casa". E lo mette nero su bianco nel Dpef parlando di "elevate potenzialità di finanziare i consumi", attraverso "linee di credito al consumo direttamente garantite dal mutuo ipotecario: sono una valida alternativa - si legge nella bozza del documento - sebbene costituiscano un innovazione". Un meccanismo che potrebbe anche trasformarsi in una sorta di pensione integrativa: una "rendita" per i proprietari in età "più avanzata del ciclo vitale", ovvero per i più anziani.

La logica dell'operazione - si legge nella bozza del Dpef - "consiste nel generare flussi di cassa, rifinanziando mutui preesistenti". Un'opportunità fornita, da un lato, dalla "crescita dei prezzi delle case che aumenta il valore ipotecabile" e, dall'altro, dai "minori tassi di interesse che riducono la rata del mutuo".

Una strada già percorsa da altri paesi che - sottolinea la bozza - potrebbe essere seguita anche dall'Italia dove "i prezzi delle abitazioni risultano costantemente in crescita dal 1998" e dove il "rapporto tra ricchezza immobiliare e reddito disponibile risulta particolarmente elevato". Le linee di credito direttamente garantite dal mutuo ipotecario potrebbero così passare -secondo le prime indicazioni contenute nel Dpef - per "due forme": la prima destinata a giovani famiglie, con reddito e numerosità in prevedibile aumento. La seconda, invece, alle famiglie di anziani.

I giovani. Per quanto riguarda la prima strada si ipotizza così una linea di credito al consumo direttamente garantita dal mutuo ipotecario con "tasso e durata variabile, con un tetto alla rata nominale applicabile al mutuatario" ed una serie di meccanismi che prevedono "attraverso l'allungamento della durata del mutuo" di abbattere i rischi di "eccessivi leverage": se cioè i tassi aumentano "per contratto e automaticamente, si allunga la durata del mutuo". Questa ipotesi dovrebbe prevedere cioè la possibilità, con il passare del tempo ed a fronte della rivalutazione dell'immobile, di aumentare la durata del finanziamento (e le garanzie ipotecarie) che verrebbe così a contenere le rate periodiche, liberando risorse per i consumi.

Gli anziani. Un'altra forma di finanziamento dei consumi attraverso il mattone riguarda, invece, le famiglie più in là con gli anni. Per questa categoria si potrebbe così inaugurare il concetto di "ipoteca negativa": il proprietario cioè vende la nuda proprietà dell'abitazione ad un istituto finanziario (fondo immobiliare, fondo pensione etc.) continuando ad abitare la casa per tutta la durata del contratto o fino alla propria morte. In cambio riceverebbe il "corrispettivo della vendita anche sotto forma di rendita". Mentre l'Istituto "otterrà a scadenza anche l'usufrutto dell'immobili o potrà, nel frattempo, cederlo", per i proprietari si apre la "possibilità di utilizzare la ricchezza accumulata nel 'bene-casa' per far fronte alle necessità dell'età avanzata". Strumento "particolarmente idoneo - tiene a precisare la bozza del Documento di programmazione economica - considerando le tendenze in atto nella società italiana: il rapido invecchiamento della popolazione, l'aumento dei costi di assistenza e l'età avanzata, l'esigenza di un integrazione pensionistica".

Più debiti. La specificità dell'Italia ha spinto il governo su questa strada. Nel mattone l'Italia si differenzia inoltre dagli altri paesi anche per il "basso rapporto tra indebitamento per l'acquisto della casa e Pil": è pari al 10% contro una media di eurolandia del 35%. Anche in questo caso le indagini dell'Istat - si legge ancora nel Dpef - risultano "estremamente indicative: solo l'1,4% delle famiglie dichiarava nel 2001 difficoltà nel pagare il mutuo mentre il 2,7% aveva problemi nel comprare il cibo ed il 4,4% li aveva nel saldare debiti diversi dal mutuo. "Per le famiglie risulterebbe così più vantaggioso indebitarsi al tasso ipotecario che non a quello, quasi doppio, vigente per il credito al consumo".

Il no dell'opposizione. Una spinta all'indebitamento che non convince l'opposizione. la Cdl vuole - dice D'Amico - convertire in reddito una parte della ricchezza accumulata dalle famiglie attraverso la casa. Un tentativo piuttosto goffo di trapiantare in Italia una pratica diffusa, in ben altro contesto e con un diverso livello dei redditi familiari, negli Usa. A questo si riduce l'annunciato programma per il rilancio dei consumi: nel solito invito a consumare di più; al quale ora si aggiunge: se non avete abbastanza soldi, ipotecate la casa".

"La finanza creativa sta per essere estesa col Dpef alle famiglie?", gli fa eco il responsabile economico dei Ds, Pierluigi Bersani. "Con tutte le cartolarizzazioni di questi anni, Tremonti ha già dimostrato di essere capace di vendere casa per pagarsi la benzina; adesso vuole convincere le famiglie italiane a fare lo stesso". "Qualora le anticipazioni che circolano fossero davvero contenute nel Dpef - aggiunge BErsani - almeno una cosa sarebbe chiara: finite le fatiche del governo, al ministro Tremonti non mancherebbero certo le caratteristiche per fare il promotore finanziario porta a porta".

(15 luglio 2003)

giovedì 20 novembre 2008

La Grande Craxata II

La Grande Craxata

Anche la settimana passata purtroppo sono stato sommerso da diversi impegni, buona parte dei quali francamente fastidiosi ed ho finito col pubblicare un unico post. Se Dio vuole, nel prossimo futuro dovrei avere un po' più di tempo a disposizione e riuscire ad aggiornare il blog con maggiore frequenza. Di fatti ne stanno accadendo talmente tanti, nel panorama economico, che probabilmente persino un aggiornamento orario si rivelerebbe insufficiente, ma prima di lanciarmi a discutere degli ultimi avvenimenti, vorrei che guardaste il video sotto. Mi raccomando, tenete dei fazzoletti a portata di mano.



Se dopo la visione vi ritrovate commossi o debitamente spaventati il video ha ottenuto l'effetto voluto.

Sono attualmente in corso frenetiche discussioni tra membri democratici e repubblicani del parlamento statunitense per far si che il pacchetto di aiuti ai 3 ex giganti dell'auto di Detroit arrivi prima della fine dell'anno. Si tratta di stanziare in fretta e furia i già promessi 25 miliardi in finanziamenti per l'innovazione tecnologica e di recuperarne altri 25 da concedere sotto forma di prestiti agevolati. Da questa corsa contro il tempo, Bush sembra volersi chiamare fuori lasciando gentilmente la patata bollente ad Obama, forse come ironizzano alcuni, perché Ford,GM e Chrysler non sono banche.

Il problema a cui Bush non sembra interessarsi è che le 3 aziende data la loro pericolante situazione, potrebbero non sopravvivere fino a Gennaio, quando Obama si insedierà alla casa bianca.

Lo stesso Paulson ha fatto eco al suo presidente, dichiarando che il denaro del TARP, non dovrebbe essere usato per aiutare i costruttori di automobili, respingendo con forza le pressioni democratiche in questo senso. Ha però auspicato, che il congresso tiri fuori i famosi 25 miliardi in aiuti diretti prelevandoli da qualche altra parte, senza preoccuparsi di specificare quale dovrebbe essere questa "altra parte" (del resto è solo il ministro del tesoro).

Un altro piccolissimo problema in tutto questo dibattito è che consultando gli ultimi dati disponibili si scopre che la sola GM avrebbe un valore netto di -60 miliardi di dollari. Come possono 50 miliardi divisi in 3 riempire un buco da 60?

Ovviamente la risposta è che non possono.

La domanda basilare che nessun politico però, sembra avere il coraggio di porre è: "ma servirà veramente a qualcosa regalare denaro ai 3 (ex) colossi dell'auto?"

Gran parte delle cose che il video "terrorista" della GM dice sono vere. Si stima che il suo fallimento produrrebbe una perdita netta di 200 miliardi di dollari, senza contare tutti i posti di lavoro dell'indotto. In linea teorica salvare GM e le altre in un momento in cui l'economia si sta sfaldando e sempre più gente rimane senza lavoro finirebbe con l'avere un effetto contro ciclico, riducendo un minimo l'impatto della crisi attuale. In un mondo perfetto e se questa fosse una semplice recessione, potrebbe anche essere una strada ragionevole da percorrere.

In pratica mi trovo invece d'accordo con il senatore repubblicano Shelby. Le aziende falliscono ogni giorno ed altre arrivano a prenderne il posto. E' meglio lasciare che la "natura" segua il suo corso, sopratutto ora.

La crisi attuale non è come le altre. Oltre ad aver messo a nudo la menzogna su cui si basava il sistema economico occidentale e cioè, che si potesse compensare la perdita di potere di acquisto della gente facendola semplicemente indebitare, essa ha riportato brutalmente il livello dei consumi della popolazione in linea con gli stipendi reali. Con gli stipendi medi e senza continui finanziamenti da parte di banche ed affini non si può cambiare auto una volta ogni 3-4 anni. Un tempo era normale che un auto arrivasse a durarne tranquillamente una decina. Quello che si è verificato negli ultimi 15-20 anni è stato un profondo cambiamento di attitudine (specialmente negli USA). La necessità di dover cambiare un automobile è passata in secondo piano, l'importante è diventato dimostrare che si poteva cambiarla.

Adesso improvvisamente, mettersi in mostra è diventato di cattivo gusto. Anche chi potrebbe farlo evita accuratamente per paura di proiettare l'immagine sbagliata. Il risultato è stato un crollo verticale nelle vendite di autoveicoli. Si è di colpo scoperto che non avevamo bisogno di tutte quelle auto. Che la capacità produttiva del settore, nel suo complesso, è largamente superiore alla domanda. In uno scenario simile anche quegli individui che non possono fare a meno di comprare un automobile la scelgono in base ad elementi come affidabilità, efficenza, costo, mentre una volta erano più orientati a scegliere macchine grandi, dagli alti consumi su cui potevano però ottenere dei finanziamenti convenienti (anche se magari il prezzo finale del veicolo era elevato).

Aziende come GM che se ne sono fregate altamente dell'efficienza dei loro veicoli sbeffeggiando la toyota e le sue macchine ibride, affermando che tanto, avrebbero impiegato circa un annetto a recuperare il gap tecnologico con essa una volta che avessero deciso di provarci, stanno raccogliendo quello che hanno seminato. Quando la GM provò realmente a progettare delle ibride si rese improvvisamente conto che le sarebbero occorsi 10 anni per recuperare il gap tecnologico nei confronti della toyota e disperata, insieme a Ford e Chrysler, corse in lacrime a chiedere soldi per ricerche tecnologiche in questo senso al governo americano.

Dare soldi alla GM ora come ora, equivarrebbe a gettarli in un pozzo senza fondo, specialmente considerati gli obblighi che essa deve onorare in assicurazioni mediche ed in pensioni ai suoi ex dipendenti.

Che la scommessa è a perdere lo hanno capito diversi. Si sta infatti valutando una bancarotta pre organizzata della GM con l'assistenza governativa, il che abbasserebbe i tempi tecnici per portare la bancarotta a compimento, da 6 mesi a 45 giorni. In questa maniera l'azienda si potrebbe liberare di gran parte dei propri obblighi. Ovviamente per i dipendenti rimasti ciò significherebbe minori garanzie e un peggioramento delle condizioni lavorative e pensionistiche. Il tutto condito dallo spettro incombente della delocalizzazione.

A naso mi sento di poter affermare che la GM sia condannata. Almeno nella forma attuale. Forse se il congresso le getterà addosso abbastanza denaro (e potete scommettere che ci proverà) potrà diventare un azienda più piccola e snella liberandosi di gran parte del personale americano. Il vantaggio netto per l'economia USA alla fine sarà estremamente contenuto mentre i costi di entità indefinita.

Agli Stati Uniti converrebbe di gran lunga lasciar morire dolcemente la GM e le altre ed usare i soldi risparmiati in aiuti inutili per qualcosa di più costruttivo.

Oppure potrebbero decidere di vendere le 3 aziende decotte, ai costruttori di auto cinesi che si sono fatti avanti, ansiosi di cogliere l'occasione per entrare con forza nel mercato occidentale, in cambio dei pochi spiccoli (debiti a parte) necessari a rilevare la GM e le altre due sue colleghe.

Putroppo ho l'impressione che il parlamento americano in qualche maniera interverrà con dei finanziamenti. Quando vedono un buco nero i politici americani non sembrano in grado resistere: devono cercare di tapparlo a suon di denaro.

Nel caso poi, la GM dovesse essere posta in una qualche forma di bancarotta, mi metterò in attesa con lo sguardo rivolto al di là dell'atlantico e un paio di quegli occhiali scuri che venivano usati per osservare il bagliore prodotto da un esplosione nucleare sul naso, aspettando che i 1000 miliardi di cds emessi su di essa deflagrino.

Intanto, il solito Roubini, forse spaventato dall'eventualità che un po' di ottimismo potesse farsi strada nel mondo ha pubblicato un articolo per ricordarci che siamo ancora nella puzzolente materia marrone fin sopra le orecchie, intitolandolo: "Why things are hopeless" (perché la situazione è senza speranza). Roubini, afferma in maniera più articolata, quel che ho detto poco sopra riferendomi alla GM: la gente non ha abbastanza soldi per sostenere i consumi attuali ed è troppo indebitata. Un mondo che era strutturato per soddisfare una irrealistica domanda adesso si trova a dover fare i conti con la realtà e a dover ridurre la sua capacità produttiva. Quindi licenziamenti, riduzione di investimenti, cali dei valori di borsa, riduzione dei consumi ed un inevitabile aumento del risparmio.

Un dato interessante che fornisce Roubini riguarda proprio il risparmio delle famiglie americane. Se si tornasse a livelli storicamente normali di risparmio, cioè intorno a un 6% del PIL, questo comporterebbe una riduzione dei consumi pari ad un trilione di dollari. Se questo aggiustamento si verificasse nel giro di 12 mesi il PIL americano subirebbe una contrazione diretta del 7% e indiretta del 10%. Se si verificasse nel corso di 2 anni la contrazione sarebbe del 5% l'anno cioè una contrazione combinata del PIL del 10%. Anche nel caso ci volessero 4 anni, la perdita combinata sarebbe dell'ordine del 4,5%-5%. La peggiore recessione che gli Stati Uniti abbiano attraversato dalla seconda guerra mondiale in avanti fu quella del 1957-58 in cui la perdita combinata del PIL fu del 3,7%.

Nulla di buono all'orizzonte.

A Roubini sembra far eco la confcommercio, che come riporta un articolo di repubblica prevede consumi in calo nei prossimi 3 anni:

I consumi delle famiglie italiane diminuiranno per tre anni consecutivi, segnando un calo dello 0,5% quest'anno, dello 0,5% nel 2009 e dello 0,4% nel 2010. E' la previsione di Confcommercio secondo la quale "non ci saranno dei crolli, ma l'Italia patirà una crisi più lunga"

"La crisi italiana - commenta Confcommercio - non è come le altre; semplicemente perché c'era prima e non ha quindi nulla, o quasi, a che vedere con la congiuntura dei mercati internazionali. Certo, gli eventi di questi mesi enfatizzano le nostre strutturali debolezze, tutte ma proprio tutte italiane". Secondo l'associazione c'è poco da essere ottimisti per il futuro: "quando gli altri ricominceranno a crescere noi continueremo a barcamenarci con le variazioni decimali di prodotto interno lordo e consumi, come accade da 20 anni a questa parte e in particolare dagli anni 2000".

A giudicare dalle dichiarazioni della Confcommercio ho l'impressione che essa non abbiano ben chiara la portata della crisi che l'intero pianeta sta attraversando. Il problema dell'Italia è che si trova sprofondata nel peggior periodo economico da 50 anni a questa parte, ed è costretta ad affrontarlo senza avere nessuno spazio di manovra a disposizione grazie ai suoi disastrati conti pubblici, senza contare tutti gli altri problemi che piagano il paese. Se ci dovremo preoccupare solo per 3 anni di consumi in calo sarà un miracolo.

Alla confcommercio risponde il Codacons dicendo:

Polemico il commento della Codacons rispetto a questi dati. "Quello che però la Confcommercio non è in grado di spiegare è perché i suoi iscritti, invece di ridurre i prezzi, continuano ad aumentarli, nonostante il calo della domanda da loro stessi evidenziato - è il commento. "Per il Codacons i commercianti, dopo l'allarme lanciato da questo loro studio, dovrebbero coerentemente abbassare i prezzi degli alimentari di almeno il 20%, considerato che dall'introduzione dell'euro ad oggi li hanno raddoppiati, contribuendo a mandare sul lastrico le famiglie italiane. Invitiamo pertanto la Confcommercio ad inviare ai suoi iscritti una circolare per invitarli ad abbassare i prezzi, unico modo per rilanciare i consumi ed evitare la crisi in atto. Inoltre dovrebbe unirsi alla richiesta del Codacons di anticipare i saldi al 15 dicembre, se non vogliono avere un Natale magro".

Abbassare i prezzi???

Non sia mai! Quella la chiamano deflazione. I prezzi dovrebbero sempre salire, se calano poi diventa un problema, perché un sacco di gente ha scommesso sul fatto che i prezzi salissero o che nel peggiore dei casi restassero costanti. Se i prezzi scendono tutta quella gente perderà denaro e non è carino che la gente, specialmente banchieri e finanzieri, perda denaro a causa di scelte erronee.

Bisogna perciò fare di tutto per mantenere i valori inflazionati.

Questa estate mentre continuavo a blaterare come un pazzo ai miei pochi lettori su come l'andamento generale fosse chiaramente deflazionario, tutti gridavano al pericolo inflazione.

Ora la deflazione è diventata il nemico numero uno.

Il Codacons nella sua ingenuità ha detto una sacrosanta realtà. Se i prezzi sono troppo alti per permettere alla gente di consumare le possibilità non sono che due: o i prezzi calano o i soldi a disposizione della gente aumentano.

Nessuno vuol far calare i prezzi perché l'intera economia mondiale negli ultimi anni si era trasformata in un gigantesco Hedge Fund che faceva soldi scommettendo sull'aumento continuo del valore di certi assets. Se questi assets perdono di valore cala anche il valore di tutto quello che vi è stato costruito sopra, quindi dell'intera sovrastruttura finanziaria. La borsa crolla, le banche falliscono ecc ecc.

Il calo in realtà si sta già verificando da tempo, nonstante i disperati tentativi di impedirlo. Basta dare un occhiata agli indici delle borse di tutto il mondo.

Per cercare di impedire il crollo dei prezzi e una spirale deflazionaria i governi possono provare percorre due strade che sono poi due facce della stessa medaglia. Una potremmo chiamarla "La Grande Craxata", l'altra viene definita "Quantitative easing".

La prima possiamo immaginarla come una gigantesca torta di denaro messa a disposizione dagli stati. Il compito della Craxata è, oltre che di regalare soldi a destra e a manca a banche ed aziende, di trovare un qualche modo per mettere del denaro in mano alla gente. Arrivare a produrre un aumento reale degli stipendi in questo contesto è pressoché irrealistico. Richiederebbe un economia più robusta, serie politiche a favore del lavoro (più che a favore della finanza) e sopratutto tempo, tanto tempo.

Gli Stati hanno quindi deciso di lanciarsi nelle più bizzarre iniziative a breve termine.

Gordon Brown in Inghilterra ha promesso di tagliare le tasse diffusamente, come misura per cercare di contrastare lo spettro della deflazione. Inanzitutto, come in simili interventi di stimolo, bisogna dire che non basta mettere i soldi in mano alla gente. Bisogna anche convincerla che è il caso di spenderli questi soldi. Arrivare a convincere una popolazione come quella inglese, indebitata per il 179% del reddito disponibile (record tra le economie sviluppate), nel bel mezzo di questa crisi, sarà una bella impresa. Secondo: l'intervento di Brown sarà temporaneo. Come ha fatto ben presente il capo del partito conservatore, Cameron, a questo taglio fiscale che andrà ad incidere pesantemente sul deficit statale, farà presto seguito un aumento delle tasse. Il ministro delle business, Madelson, ha dovuto confermare le dichiarazioni di Cameron.

Sono forse pazzi gli inglesi?

Abbassano le tasse per poi riaumentarle tra un po'?

A parte la guida a sinistra e l'antipatia per il sistema metrico decimale non li potrei certo definire pazzi. Il problema è di altra natura ed è un qualcosa che sta spaventando a morte i politici di mezzo mondo.

Il problema si chiama Natale.

Sono tutti terrorizzati dalla possibilità che le vendite natalizie possano essere disastrose perché ciò verrebbe interpretato come il segnale di altre, profonde sofferenze per l'economia durante il 2009. Barrosso il presidente della commissione Europea di ritorno dal G20 ("la riunione che stabilì un altra riunione"), invitò, proprio da Londra, i paesi dell'Unione a coordinare una serie di tagli fiscali in modo da sostenere i consumi ed evitare la deflazione.

La Gran Bretagna è stata tra le prime a rispondere all'appello, ma anche l'Italia non è rimasta in disparte.

Tremonti ha presentato un piano anti-crisi da 80 miliardi di cui una metà proveniente da fondi europei. I soldi erano già stati allocati in precedenza per cui a sentire il nostro ministro dell'economia l'impatto sul deficit dovrebbe essere nullo:

Nel dettaglio i fondi per le infrastrutture saranno reperiti nel modo seguente: nell’immediato «saranno mobilitati 16 miliardi (12 per infrastrutture e 4 da project financing). Subito dopo il Cipe pianificherà l’utilizzo di fondi Ue che proiettano su tre anni una cifra stimabile in 40 miliardi per ambiente e ricerca e sviluppo. Pensiamo di ristrutturare le tariffe autostradali in modo da modificare in meglio il sistema che c’è stato finora per cui aumentavano le tariffe anche se non si facevano gli investimenti. E poi magari le aziende facevano i dividendi», ha proseguito Tremonti. «Stimiamo che con questo accordo con le compagnie autostradali si mobilitino almeno 10 miliardi di euro, ma pensiamo di più».

Tra le altre misure che formano il piano complessivo Tremonti ha poi citato «interventi per la fiscalità delle imprese», come la possibilità di pagare l’Iva per cassa, cioè al momento dell’effettivo incasso dei pagamenti, e non quando si stacca la fattura. «Saranno prorogati dal primo gennaio 2009 gli sgravi sui premi di produttività per fare dell’Italia un sistema più competitivo e una somma non piccola che non abbiamo ancora definito andrà alle famiglie».
Sembra persistere, intanto, l'idea che le grandi opere muovano molto lavoro, quando invece quello che muovono sono pricipalmente grandi macchinari. Di certo muovono tanto denaro che finisce nelle tasche degli amichetti dei politici, che poi contraccambiano generosamente. Basta dare un occhiata ai cantieri dell'alta velocità qua a Bologna per rendersi conto del limitato impatto che una grande opera ha sull'occupazione.

I 40 miliardi per ricerca e sviluppo suonano poi come una soave presa per il culo proprio mentre la ricerca viene tagliata ad ogni piè sospinto. Almeno si decidessero: o la tagliano o la finanziano.

Alla manovra sulle autostrade crederò quando la vedrò messa in pratica. A parte la breve parentesi di Di Pietro, mi pare che ai Benetton siano sempre stati concessi aumenti di tariffe a prescindere dagli investimenti realmente fatti sulla rete autostradale. Dire che essi investiranno 10 miliardi suona tanto di deliberata menzogna.

La possibilità di pagare l’Iva per cassa invece, si rivelerebbe un ottima operazione e dal forte impatto. Sarebbe davvero carino in italia per chi ha un attività, soprattutto una piccola, iniziare a pagare le tasse dopo aver incassato il denaro. Non mi dilungherò troppo su come funziona il sistema fiscale italiano perché pensarci su troppo avrebbe lo stesso effetto di leggere il Necronomicon: potrebbe condurre alla follia. In linea di massima, in Italia, chi ha un attività propria, le tasse le anticipa. Alla fine dell'anno ad esempio deve pagare le tasse per l'anno prossimo su denaro si suppone incasserà, ma che non ha ancora incassato. Il tutto calcolato sulla base delle tasse pagate l'anno precedente. Se una piccola azienda poi, prova ad esempio a raddoppiare il proprio fatturato, dovrà pagare la differenza sull'anticipo pagato l'anno precedente (che si è rivelato troppo basso dato che nessuno ha la sfera di cristallo e gli anticipi si basano sul fatturato dell'anno prima) e dovrà anticipare tasse doppie rispetto all'anno corrente, per l'anno successivo.

Il risultato è che un piccola attività, legalmente, non ha quasi strumenti per risparmiare o per investire. Se vuole farlo deve chiedere dei soldi in prestito ad una banca. Ancora peggio, data la perversione del meccanismo degli anticipi, spesso sono addirittura costrette a chiedere denaro in prestito per poter pagare le tasse.

Il problema non è tanto di redittività dell'azienda in questione, quanto di flusso di cassa. Se si chiedono sia i soldi per le tasse dell'anno corrente sia di anticipare anche quelle del prossimo anno, si crea un collo di bottiglia, un periodo in cui un piccola azienda rischia spesso di trovarsi senza i soldi necessari a tirare avanti.

Le banche ovviamente ringraziano.

Riuscire a spezzare questo ciclo perverso sarebbe importantissimo. Purtroppo però, anche per lo stato è ormai diventata un questione di flusso di cassa. Esso fa affidamento sul fatto che gli arrivi il denaro degli anticipi e senza non saprebbe dove trovare i soldi necessari per tirare avanti.

Tremonti ha promesso che rimanderà il pagamento di una parte degli anticipi per i soggetti più esposti. Sarebbe ottimo, se non fosse un intervento una tantum. Non paghi a fine anno, ma paghi a Maggio e da lì in poi si ricomincia con il gioco degli anticipi. Sempre meglio di niente, ma anche in questo caso sembra trattarsi dell'ennesima trovata per cercare di sostenere i consumi Natalizi.

Il premio per l'intervento più assurdo però, lo vince Taiwan. Il governo dell'isola orientale ha deciso di elargire ad ogni cittadino un buono spesa di circa 100 dollari valido nei ristoranti e negli esercizi commerciali, per un costo complessivo dell'operazione che si aggira sugli 80 miliardi di dollari. Il piano è basato su una simile operazione tentata nel 1999 dal Giappone, ma ha lasciato scettici diversi economisti:

"Penso che il governo si dovrebbe concentrare su piani di lungo termine per aumentare la fiducia dei consumatori, come abbassare il costo delle materie prime, aumentare l'occupazione e rivitalizzare l'economia" ha detto Jonnie Lee un analista alla President Securities

"Non riesco a credere che questo programma avrà un grande impatto sul PIL. Se le persone non riescono ad arrivare alla fine del mese, non saranno certo incoraggiate a spendere di più solo perché ricevono il buono spesa"
Lee ha senz'altro ragione nell'affermare che servono interventi di lungo periodo, ma le feste sono dietro l'angolo e i governi devono intervenire. Un periodo festivo con basse vendite è super deprimente specialmente per gli gli operatori di borsa che si attaccano ad ogni segnale positivo come dei naufragi ad un pezzo di legno galleggiante, il solo rottame rimasto di un nave affondata da tempo. E proprio poco prima delle feste per l'anno nuovo Taiwanese, il buono dovrebbe essere recapitato a casa di ogni cittadino.

Anche gli USA, come scrissi negli ultimi post, stanno studiando un nuovo piano di stimolo economico. Impazienti i CEO di alcune delle più importanti corporation, non hanno voluto aspettare l'insediamento di Obama e sono già partiti all'attacco, pressando il neo eletto presidente perché approvi una nuovo pacchetto di entità superiore ai 300 miliardi di dollari. Un paio di settimane fa a questa ipotesi, Nancy Pelosi, presidente della camera USA e democratica, aveva già opposto il suo netto rifiuto. Un intervento anche secondo la Pelosi sarebbe necessario, ma a quanto pare gli Stati Uniti non si possono più permettere una spesa simile. I democratici sembrano orientati su un intervento il cui costo complessivo si aggiri sui 100 miliardi di dollari.

La verità è che "La Grande Craxata" non funziona. Continuare ad elargire soldi di qua e di là, non risolve il problema di fondo che resta l'eccessivo indebitamento della popolazione. Il denaro in eccesso che dovesse arrivare in mano alla gente, verrebbe semplicemente messo da parte sotto forma di risparmio (anche ripagare i propri debiti è una forma di risparmio) invece di essere impiegato per spese superflue. L'effetto sui consumi sarebbe estremamente ridotto. Per rilanciare l'economia è indispensabile la cancellazione del debito che la sta schiacciando. Ed il debito si può cancellare solo lasciando fallire chi ha concesso prestiti a soggetti che non erano in grado di restituire il denaro così ottenuto oppure facendo in modo che chi ha contratto i suddetti debiti riesca a ripagarli.

La prima strada porta al fallimento di diverse aziende, di banche, al crollo di alcuni settori inflazionati come quello immobiliare, ma rimane la strada più veloce e pulita per uscire dalla crisi attuale.

La seconda porta al "Quantitative easing": l'opzione nucleare, l'impensabile, la creazione diretta ed inflazionaria di denaro.

In sostanza la monetizzazione del debito (di solito si traduce nello stampare denaro con cui comprare direttamente i propri buoni del tesoro autofinanziando così il proprio deficit).

Ciò che veniva un tempo ritenuto impensabile sta diventando sempre più reale.

Negli ultimi giorni è girata con insistenza la voce che la Cina starebbe seriamente valutando di diversificare le proprie riserve monetarie comprando dell'oro (e non poco, si parla di 4000 tonnellate). Secondo il Gulf News, l'Arabia Saudita avrebbe comprato nelle ultime due settimane oro per 3,5 miliardi di dollari, mentre l'Iran sta da tempo facendo incetta del metallo giallo per liberarsi di dollari e in parte di euro.

Molti sembrano mettere le mani avanti in preparazione di un crollo del dollaro.

A dimostrazione di come sempre più gente nutra il timore che gli USA ricorreranno al "Quantitative easing" nel tentativo di monetizzare il proprio debito (svalutando quindi il valore del dollaro), diversi economisti giapponesi hanno avanzato la possibilità che gli Stati Uniti saranno costretti ad emettere debito in valuta straniera:

"Non vi è dubbio che il dollaro si indebolirà" ha detto Eisuke Sakakibara, ex alto ufficiale per il governo in materia monetaria, attualmente professore alla Waseda University. "Il dollaro ora sembra forte per ragioni tecniche. Il denaro che le aziende americane hanno investito nel resto del mondo sta venendo re-impatriato negli Stati Uniti causando un ondata di acquisti di dollari. Ma una volta che questa conversione in dollari terminerà, il valore del biglietto verde precipiterà" ha detto Sakakibara.

A causa della crescita senza precedenti del deficit americano e della prospettiva di un dollaro indebolito rispetto allo yen che ridurrebbe il valore dei buoni del tesoro detenuti dal Giappone, diversi economisti a Tokyo stanno chiedendo che l'amministrazione del nuovo presidente Barack Obama emetta dei buoni del tesoro denominati in yen e in altre valute estere.

"Gli Stati Uniti saranno costretti ad emettere buoni denominati in valuta estera se questa sarà la nostra necessità" ha detto Mizuno (capo economista alla Mitsubishi UFJ Securities Co). "Gli USA non possono finanziare il proprio deficit da soli. Il loro sistema finanziario non può sopravvivere senza investitori esteri. In futuro vedremo degli 'Obama Bonds'."
Buoni del tesoro americani in valuta estera? Ve lo immaginate?

Significherebbe il fallimento degli USA.

Non penso che il governo Giapponese arriverà davvero a realizzare questa proposta, ma il solo fatto che l'ipotesi venga avanzata con una certa forza da un nutrito stuolo di economisti, rende evidente come il sospetto che gli USA ricorreranno alla monetizzazione stia serpeggiando.

Anche perchè ormai le cartucce a disposizione di Bernanke sono pochissime. Secondo la JP Morgan entro Gennaio la FED porterà il tasso di interesse allo 0%. Mossa in realtà inutile, dato che il tasso effettivo di interesse è gia vicino allo 0.

Il tasso di interesse che la banca centrale fissa in realtà è solo un obbiettivo. Ogni giorno essa compie delle OMO, delle operazioni dirette sul mercato (Open Market Operation) comprando e vendendo securities, generalmente buoni del tesoro, in modo da influenzare il tasso di interesse reale nel tentativo di portare il suo valore vicino all'obbiettivo fissato ufficialmente (nel caso attuale l'1%). Normalmente la FED non sbaglia di molto. Anche se spesso si verificano degli scostamenti, essi sono di entità ridotta.

Da quando il tasso di interesse è stato abbassato all'1%, il tasso effettivo è oscillato tra lo 0,23% e lo 0,35%, il che equivale a cercare di centrare un bersaglio distante 50 metri con un fucile e riuscire a spararsi su un piede. Le ragioni di ciò sono troppo lunghe e complicate per essere raccontate in questo post. La sostanza però, è che il tasso reale di interesse è gia prossimo allo 0.

Ogni ulteriore taglio avrà un effetto puramente cosmetico.

Il momento in cui gli USA dovranno decidere se arrendersi o ricorrere al "Quantitative easing" si avvicina sempre più.

Un altra cosa che i giapponesi sembrano straordinariamente aver capito, è l'inutilità di un certo tipo di interventi (forse perché hanno già attraversato una crisi simile). Intervistata a riguardo la popolazione giapponese ha deciso di non volere partecipare alla Grande Craxata, opponendo un netto rifiuto all'assegno da 600 dollari a famiglia che il governo aveva deciso di stanziare.

Nel loro piccolo i giapponesi non hanno accettato di diventare come tutti quei banchieri, finanzieri e anche cittadini comuni, che magari, senza rendersene conto, approvando certi pacchetti di stimolo si trasformano in tanti maiali che si ingozzano in quella sempre più striminzita mangiatoia che sono diventati gli stati.



Magari un giorno, ci arriveremo anche noi.

martedì 11 novembre 2008

Salva le Banche, Salva il mondo

All'inizio ci raccontarono che era indispensabile salvare le banche per salvare il sistema e che dovevamo tutti rassegnarci ed aprire il portafoglio a questo scopo. Adesso, invece, sembra essere diventato improvvisamente chiaro che occuparsi solo del sistema bancario sia utile quanto salvare una cheerleader qualsiasi: può andare bene per un po' di tempo (magari una stagione) dopo di ché si è costretti a rivolgere la propria attenzione altrove.

Così il detto, con cui ho intitolato il post, si è trasformato diventando: "Salva il mondo e Salverai il mondo".

Non fa una grinza.

Il mondo lo ha capito in fretta e si è accalcato rapidamente alla rubiconda mammella degli stati e delle banche centrali per succhiare tutto il latte che attraverso di essi, i contribuenti sono stati costretti a mettere a disposizione.

L'ultima azienda a reclamare la sua ciucciata è stata ieri l'American Express. Nell'ultimo post raccontai di come le vendite di obbligazioni costruite sul debito delle carte di credito si fosse azzerata e aziende come l'American Express si fossero improvvisamente trovate in una posizione estremamente scomoda. Tenersi quei debiti in bilancio, come dovrebbe accadere in teoria, è ormai fuori moda, perciò ieri l'American Express, ha impugnato una bacchetta magica, l'ha agitata in maniera buffa avanti e indietro ed ha esclamato: "abracadabra!". Magicamente, al posto della piccola cenerentola che si occupava solo di carte di credito, si è di colpo stagliata fiera e possente (si fa per dire) una holding bancaria.

In sostanza American Express con il bene placido della FED che ha approvato la trasformazione "alla luce delle inusuali e pressanti circostanze che influenzano il mercato finanziario", è diventanta una normale banca commerciale, seguendo i passi percorsi qualche mese prima dalle due superstiti banche di investimento, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Ora che è una banca come tutte quante, potrà prendere le famose obbligazioni invendibili e scaricarle come garanzia sul davanzale della (finestra di sconto) Federal Reserve in cambio di denaro vero.

Ooooh! Federal Reserve! ... c'è qualcosa che non accetti come garanzia? (avrei giusto qualche scorza di parmigiano andata a male da buttar via)

Anche se lo sembra, la domanda non è retorica, tanto che Bloomberg News ha intentato causa alla FED, chiedendo che una corte degli Stati Uniti la forzi a rivelare che tipo di garanzie abbia ottenuto in cambio dei 1,5 trilioni di dollari prestati alle banche attraverso la miriade di facility e di programmi attivati da un anno a questa parte. Bloomberg argomenta l'operazione dicendo che: "i contribuenti americani hanno diritto di sapere i rischi i costi e la metodologia associata con il salvataggio senza precedenti del sistema finanziario americano".

Proprio ingenui i signori di Bloomberg News. I contribuenti avrebbero ancora dei diritti? (se mai li hanno avuti)

I contribuenti dovrebbero piantarla di rompere. Che si rassegnino e si fidino dei banchieri. Di sicuro la FED avrà accettato solo asset di provata qualità dalle banche moribonde come garanzia per il denaro fresco e i buoni del tesoro che concedeva loro. Se non ci vuole dire che tipo di asset abbia in bilancio è per non rovinarci la sorpresa il giorno in cui questa crisi finirà (o il governo USA dichiarerà fallimento) e tutto verrà reso pubblico. Del resto perché dubitare di questi individui? Neanche fosse stato il sistema bancario, sotto la supervisione compiacente dei banchieri centrali e dei politici a produrre la crisi economica attuale.

Molti politici, poverini, si difendono da certe accuse dicendo: "noi non sapevamo", "noi non capivamo", "noi non credevamo". Provate con un: "noi non pensavamo". Di solito pensare è alla base delle più elementari attività umane, figuriamoci al legiferare. Purtroppo pensare e leggere sono pratiche ormai cadute in disuso tra i politici. In caso contrario non avrebbero approvato il TARP. All'inizio il piano da 700 miliardi del ministro del tesoro americano, Paulson, sarebbe dovuto servire a comprare asset andati male dalle banche per ricapitalizzarle. Un piano demente e dalla difficile attuazione. Talmente difficile, da non essere mai stato veramente messo in pratica, almeno nella sua forma originale. La legge che istituiva il famoso fondo da 700 miliardi di dollari però conferisce, tra le sue pieghe, potere pressoché assoluto al ministro del tesoro. Potere che Paulson sta usando a suo piacimento per regalare buona parte dei 700 miliardi ai suo vecchi amici banchieri.

I politici si sentono truffati come quei pensionati che acquistarono bond parmalat o argentini. "Ci avevano detto che avrebbero usato quei soldi in un altra maniera" si lamentano.

Bravi fessi!

Nel caso del TARP però, almeno il congresso (in cambio di 150 miliardi di fondi per le cose più bizzarre) l'approvazione la dette.

Nel caso eclatante messo in luce dal Washington Post invece non vi è stata nessuna autorizzazione. Si tratta di un piccolo cambiamento che il ministero del tesoro fece alle leggi che regolano l'imposizione fiscale in caso di fusioni tra aziende, proprio mentre il parlamento americano era impegnato ad approvare il TARP e a rubare 150 miliardi per spese assurde ai contribuenti americani. Grazie a questa modifica le banche possono scaricare interamente dalle tasse le perdite derivanti dall'acquisizione di una loro concorrente. Una pratica che prima dell'86 era la norma e che venne considerata un abuso del sistema fiscale, tanto da spingere i legislatori a porvi rimedio modificando le apposite leggi.

Ora siamo tornati ad una situazione pre 1986. Fu proprio in virtù di questa modifica che la Wells Fargo poté comperare la Wachovia strappandola di soppiatto a Citigroup. L'acquisto di Wachovia fu un affarone dato che la Wells ha potuto scaricare dalle tasse una cifra addirittura superiore a quella pagata per assorbire la suddetta banca. Ora, a quanto pare (con estrema calma) i politici si sono accorti del cambiamento apportato alla legislazione fiscale. Il bello è che tali modifiche sono completamente illegali dato che l'unico organo preposto a legiferare in questo senso è il congresso americano. Il ministero del tesoro non ha poteri di questo tipo.

In un modo normale i politici si incazzerebbero e le modifiche illegali verrebbero cancellate. Nel mondo attuale però è proprio grazie a questi vantaggi in materia di tasse che tutta una serie di acquisizioni bancarie sono avvenute. Non sarebbe certo carino rovinare la festa alle banche facendo saltar tutto. Rischierebbero di esserci pesanti ripercussioni e ai politici non piacciono le ripercussioni. Quindi, sembra che anche questo ennesimo regalo che Paulson ha fatto a suoi vecchi amici, a capo della maggiori banche del paese perchè possano assorbire agevolmente le banche minori, diventerà permanente.

Come dicevo all'inizio però non è più questione di banche.

Mentre tutto il pianeta trattiene il fiato in attesa che gli USA annuncino un nuovo pacchetto di stimolo all'economia, la Cina ha preso l'iniziativa presentando al mondo un intervento di sostegno economico per l'ammontare di 585 miliardi di dollari, più di un quarto delle riserve monetarie che il paese ha accumulato negli ultimi anni. Il denaro verrà speso nel corso dei prossimi due anni, anche se non è stato ben specificato per cosa. Si parla di infrastrutture per il trasporto, energia innovazione tecnologica e tante altre belle cose generiche. A questo pacchetto poi si dovrebbero aggiungere sgravi fiscali per le aziende e future riduzioni del costo del denaro.

I mercati asiatici ieri, hanno salutato con rialzi generalizzati l'annuncio cinese.

Anche l'Europa sembra non essere da meno. Tremonti ha anticipato che entro Natale tutti i paesi Europei vareranno degli interventi anticrisi.

Da Repubblica:

"Da qui a Natale tutti i paesi europei prenderanno i loro provvedimenti contro la crisi". E' quanto ha annunciato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti intervenendo a un convegno promosso dalla fondazione Italia-Cina. "Vedrete - ha spiegato - che tutti i Paesi faranno i piani di intervento a sostegno dell'economia". "Abbiamo avuto i numeri solo di recente" ha precisato, "e su quella base ogni paese prenderà decisioni compatibili con la sua situazione".

Sembra che il mondo si sta preparando ad un tracollo delle vendite natalizie, fatto che quando si verificherà sarà interpretato come un pessimo segnale e potrebbe produrre nuovi crolli in borsa, spegnendo quella tenue fiducia che molti operatori sembrano nutrire nei confronti dei tagli generalizzati dei tassi di interesse e dei vari interventi di tipo keynesiano.

In quest'ottica, di sostegno all'economia reale, si inserisce l'appello di Gordon Brown, il primo ministro inglese, per un taglio mondiale e coordinato delle tasse. In Inghliterra il fronte di chi preme per sgravi fiscali si rafforza. Il capo della prima catena di rivenditori Inglese, Sir Terry Leahy, preoccupato per l'andamento negativo che si prospetta per la prossima stagione natalizia, ha accusato il governo di non fare abbastanza per proteggere le aziende, invocando riduzioni fiscali e agevolazioni.

Se in Inghilterra pretendono, in USA siamo arrivati alle suppliche. La GM è ufficialmente andata. Dopo il taglio del rating avvenuto ieri e la dichiarazione della Deutsche Bank sul fatto che consideri 0 il giusto valore delle azioni GM, la casa automobilistica di Detroit ha intensificato le pressioni per avere un aiuto di stato. Data la situazione i 50 miliardi che il governo americano sembrava intenzionato a spartire tra GM, Ford e Chrysler prelevandoli dal famoso TARP, potrebbero non essere più sufficienti. Il tempo stringe e il giorno del fallimento per la GM si avvicina velocemente. Preoccupato, Obama sta insistendo perché un pacchetto di aiuto sia approvato prima di Gennaio, quando a tutti gli effetti sostituirà Bush alla presidenza.

Roubini saluta con approvazione un eventuale salvataggio della General Motors.

E non ha neppure tutti i torti. Se bisogna salvare le banche, perchè non anche le case automobilistiche?

I democratici stanno anche facendo finta di imporre delle condizioni ad un eventuale piano di salvataggio: l'obbligo di produrre veicoli energeticamente più efficenti ad esempio. Come se il mercato non stesse già andando in quella direzione, imposizioni o meno.

Tra dibattiti su futuri aiuti governativi a questo a quello, succede che a volte tornino a riaffacciarsi anche gli interventi passati.

Di solito sotto forma di buchi neri.

L'AIG ha finito di nuovo i soldi. La casa di assicurazione che venne salvata dal governo USA, principalmente per impedire il collasso del sistema bancario Europeo, ha evidentemente volatilizzato gli 85 miliardi messi inizialmente a sua disposizione ed anche i successivi 37,8 miliardi che il tesoro le elargì. Ora è nuovamente tornata a batter cassa da mamma stato.

Il governo ha risposto prontamente facendo coriandoli del piano precedente da 122 miliardi e ripiazzandolo con uno nuovo di zecca da 150 miliardi. Di questi 60 miliardi verranno concessi come prestito da ripagare in 5 anni a tassi molti inferiori rispetto a quelli del piano precedente (libor+3% invece che libor+8,5%), 40 miliardi verranno prelevati dal TARP e iniettati per ricapitalizzare l'AIG in cambio di "preferred stock" e con i restanti 50 miliardi il tesoro comprerà tanti begli asset spazzatura togliendoli dai bilanci dell'agenzia di assicurazione.

Un altro buco nero che ha rifatto capolino negli ultimi giorni si chiama Fannie Mae.

Herbert Allison CEO della Fannie, ha tagliato il valore degli asset finanziari basati sui mutui in possesso dell'agenzia di 21,4 miliardi facendo riportare all'azienda una perdita netta totale nell'ultimo quarto di 29 miliardi. A quanto pare da quando la Fannie è stata nazionalizzata e la dirigenza silurata, hanno smesso di operare certi aggiustamenti di bilancio e come per magia, ora si scopre con preoccupazione, che entro la fine del prossimo quarto la Fannie potrebbe avere un valore netto negativo. In altri termini sarebbe in mutande. I 100 miliardi che vennero inizialmente inizialmente messi a garanzia dallo stato non sono più sufficienti. Si renderebbere quindi necessario un ulteriore intervento economico.

Buco più, buco meno, tanto vale tappare quelli vecchi e crearne qualcun altro nuovo salvando anche GM, Ford e Chrysler.

Tanto, penso che ormai non basterebbero i fisici del LHC per far scomparire tutti i buchi neri esistenti.

Non che le cose in Europa vadano particolarmente meglio.

Austria, Irlanda, Grecia, Spagna. Si accettano scommesse su quale di questi 4 paesi che usano l'euro collasserà per primo. Se ne riparlerà in un prossimo post della loro situazione, nel frattempo sentitevi liberi di fare la vostra puntata.

Mentre i paesi dell'est Europa per ora sopravvivono solo grazie agli aiuti dell'FMI, la Russia si è scoperta essere a grave rischio di svalutazione del rublo, dopo che è risultato evidente come le terze riserve di valuta internazionale del mondo non siano abbastanza per controbilanciare la massa di capitali stranieri in fuga, il crollo del prezzo del petrolio e la crisi finanziaria internazionale. Il governo Russo ha bruciato il 19% delle sue riserve monetarie nel tentativo di difendere il valore del rublo, senza grande successo. Ora le agenzie di rating preoccupate dallo svilupparsi degli eventi parlano di un possibile downgrading del paese.

Rifutando le pressioni di Chavez, il presidente Venezuelano, Medved ha deciso di non tagliare la produzione di petrolio. Questa scelta segnala con chiarezza il disperato bisogno di valuta estera Russo. Non è tanto che Medved non voglia tagliare, semplicemente non può. Deve vendere più petrolio possibile anche ai (relativamente) bassi prezzi attuali. Il cartello internazionale che fissa il prezzo del petrolio è di fatto saltato. L'OPEC può tagliare quanto vuole, ma così facendo regalerà solo soldi ai Russi.

Per un po' probabilmente il prezzo del petrolio non salirà in maniera brusca (salvo imprevisti).

La borsa Russa intanto ha accolto la notizia di un eventuale taglio del rating del paese con un crollo del 10%.

Se le vendite natalizie saranno davvero quel massacro che si preannunciano, a Gennaio vedremo un po' di fuochi d'artificio. Circuit City la seconda catena di grandi magazzini di elettronica americana, non ha aspettato ed ha invocato ieri il chapter 11 (una specie di bancarotta in vista di una possibile ristrutturazione).

Non vi preoccupate però, in caso di problemi interverranno i governi.

La stretegia come già detto è molto semplice: "Salva il mondo e Salverai il mondo". L'avrà sicuramente ideata un genio, anzi di più, un banchiere centrale.