giovedì 12 febbraio 2009

Turbolenta Unione

Martedì, mentre attendevo pieno di curiosità che il ministro del tesoro americano sorprendesse il mondo, tirando fuori dal cilindro un efficace piano per il salvataggio delle banche statunitensi, un altra notizia ha fatto irruzione sul palcoscenico economico internazionale facendo tremare le ginocchia a più di un analista.

Un quotidiano giapponese, il Nikkei, ha riportato le clamorose dichiarazioni di Anatoly Aksakov il capo della Russian Association of Regional Banks. Anatoly avrebbe affermato che le banche russe sarebbero in trattativa con i creditori internazionali per la ristrutturazione di 400 miliardi di dollari di debiti. Leggendo l'articolo del Nikkei sembrava che addirittura lo stesso stato Russo potesse essere a rischio di Default. Rapida come un fulmine è arrivata la smentita dal cremlino:

Il Governo russo ha infatti negato di stare considerando un piano di ristrutturazione del debito relativo al settore privato e di stare trattando questo tema con le banche estere. Indiscrezione che questa mattina ha messo sotto pressione l'euro.

"Il Governo della Federazione russa non prevede di considerare il tema della ristrutturazione del debito corporate delle banche e delle aziende russe", ha assicurato oggi il ministro delle Finanze, Alexei Kudrin. "Non ci sono piani del Governo di questo tipo. Le notizie su trattative con le banche estere su un piano di ristrutturazione (del debito) non riflettono la realtà", aveva detto poco prima il portavoce Dmitry Peskov.

Anche l'Association of Regional Banks ha smentito di aver chiesto al Governo russo di rinegoziare il debito da 400 miliardi di dollari con le banche internazionali. Peraltro la situazione del sistema finanziario russo rimane molto incerta. Le banche hanno già ottenuto 50 miliardi di dollari di aiuti dal governo attraverso la Veb (la banca per lo sviluppo russa) per rifinanziare il debito in scadenza nel 2008.

La Russia nonostante le smentite ufficiali rimane un osservato speciale. Molti dei creditori internazionali sembrano intenzionati a premere affinché sia il governo stesso a farsi garante per i debiti delle banche russe. La Russia sta attraversando un difficile periodo a causa della crisi internazionale e del crollo del prezzo del petrolio che ha privato il paese della sua fonte primaria di entrate. Il deficit per il 2009 è stato rivisto al rialzo e si stima arriverà a toccare il 9% del PIL. La fuga di capitali ha nel frattempo dissanguato l'economia facendo precipitare il valore del rublo. Inizialmente i politici del paese, dall'alto delle terze riserve monetarie del pianeta (600 miliardi di dollari), non si sono preoccupati più di tanto di quel che stava avvenendo, ritenendo di avere sufficiente potenza di fuoco a disposizione per fronteggiare la situazione. Dopo aver consumato un terzo delle riserve disponibili nel vano tentativo di sostenere il rublo, si sono dovuti arrendere. Hanno deciso di consentire la svalutazione della valuta russa fino ad un massimo del 10%, valore limite oltre il quale il governo e le banche del paese si sono impegnate ad intervenire.

In seguito alla notizia diffusa dal Nikkei l'euro è crollato rispetto alle altre valute. Il problema nasce come al solito dalla pesante esposizione che le banche dell'area Euro hanno nei confronti della Russia e di tutto il blocco est. Nel grafico sotto si può vedere quanto le banche di ogni nazione Europea si siano impelagate con i paesi del est:


Austria, Italia, Germania, Francia, Belgio sono gli stati maggiormente esposti. Ogni scossone del blocco est si rifletterà inevitabilmente su di essi ed impatterà sul valore della moneta unica. Non sono un grande fan dell'Europa (per come è stata costituita almeno), ma mi rendo conto come nella situazione odierna sia indispensabile mantenere la compattezza dell'intera Unione. Gli screzi invece sembrano moltiplicarsi. Dopo le proteste degli operai Inglesi nei confronti di quelli Italiani e Portoghesi assunti dalla Total in seguito alla vittoria, da parte di quest'ultima, di un appalto per una raffineria in territorio inglese, ci si è messo anche Sarkozy ad alimentare le tensioni con una serie di attacchi ad alcuni paesi dell'est:

A Praga non hanno proprio mandato giù le ultime esternazioni di Nicolas Sarkozy per cui le industrie francesi che producono auto in Repubbica Ceca per poi rivenderle in Francia dovrebbero essere “rilocalizzate”. Costruire fabbriche in India per venderle agli indiani, ha detto Sarkozy, sarebbe “giustificato, ma impiantarle in Repubblica Ceca per venderle in Francia” molto meno. Da Praga hanno risposto piccati, bollando l’ultima uscita del presidente francese come un nemmeno tanto velato tentativo di varare misure protezionistiche.

Il primo ministro Topolanek, nella difficile posizione diplomatica di dover guidare l’Unione europea fino alla fine di giugno, si è detto “stupito” delle parole di Sarkozy, tirando anche in ballo Lisbona. “Se qualcuno voleva rallentare il processo di ratifica non avrebbe potuto scegliere un momento e un’occasione migliori”. Il riferimento è al processo di ratifica del trattato, al momento fermo al Parlamento ceco che, dopo numerosi ritardi, dovrebbe esprimersi con un voto il 17 febbraio.


E' interessante notare come per Sarkozy sia meglio delocalizzare in India invece di farlo all'interno dell'Unione Europea (come se le auto costruite in India non potessero essere poi esportate in Europa). La ragione delle sparate del presidente francese va ricercata nel prossimo pacchetto di aiuti che la Francia varerà per sostenere le proprie aziende automobilistiche, Renault e Peugeot:

Il pacchetto francese di sostegno al settore auto è finito sotto la lente dell'Antitrust europeo, suscitando le veementi critiche del premier ceco, e presidente di turno dell’Ue, Mirek Topolanek. La Commissione europea ha scritto alla Francia per chiedere “chiarimenti” sul piano di aiuti da 6,5 miliardi destinato a Renault e Peugeot-Citroen. Lo ha reso noto il portavoce dell’Antitrust Ue Jonathan Todd. “Se le misure francesi non sono compatibili con le norme sugli aiuti, allora violerebbero le norme Ue”, ha aggiunto. In particolare Todd ha ricordato che “l’obbligo dei beneficiari degli aiuti di investire soltanto in Francia o di acquistare componenti dai fornitori in Francia non è compatibile” con le norme europee.

Comunque “non abbiamo ancora raggiunto alcuna conclusione sulle misure francesi. Siamo preoccupati per quello che abbiamo letto sulla stampa”. Un punto sul quale ha insistito il presidente di turno dell’Unione europea Mirek Topolanek, che ha accusato l’esecutivo di Sarkozy di “tradire il progetto dell’euro” e di violare “le regole comunitarie nelle loro dichiarazioni e nelle loro azioni pratiche”. Addirittura il presidente di turno dell’Ue ha messo in dubbio la futura esistenza dell’euro: “Se gli stati membri - ha detto - continueranno a preferire una condotta individualistica e improntata al protezionismo, continuando a violare i principi fissati dal ‘Patto di stabilità e sviluppo’, esiste il grande pericolo che tutto il progetto della moneta unica europea possa affondare”.

Il premier Ceco, se non sbaglio, è arrivato addirittura a minacciare il rigetto da parte del suo paese del trattato di Lisbona. Una minaccia vuota, naturalmente, che è subito rientrata non appena gli animi si sono calmati. Ora Topolanek, si dice convinto di avere dalla sua il pieno appoggio del collega Sarkozy.

Se all'interno della stessa Europa le spinte protezioniste e anti immigrazione sembrano accuirsi, sul versante puramente finanziario dei buoni del tesoro sta succedendo una cosa strana. Ieri un asta di bund tedeschi con scadenza a 10 anni, per un ammontare di 6 miliardi di euro, non ha incontrato abbastanza domanda: il 20% dei buoni offerti è rimasto invenduto. E' la seconda volta di fila che si verifica un evento del genere, non si tratta quindi di un caso isolato. La prima volta che successe, il mese scorso, i bund a 10 anni offrivano un 3% di rendimento, ieri un 3,28%.

Per contrasto la Grecia, uno dei paesi finanziariamente più malandati dell'UE, lunedì ha piazzato senza problemi 7 miliardi di buoni del tesoro, i Paesi Bassi martedi hanno venduto 6,5 miliardi in buoni a 10 anni e l'Italia di recente, ha spacciato senza problemi 12 miliardi in debito a breve termine.

Gli investitori insomma, starebbero snobbando i sicuri bund tedeschi alla ricerca di rendimenti più alti, senza curarsi di un eventuale fallimento degli stati Europei più malconci. Evidentemente ritengono estremamente improbabile che un paese all'interno dell'area Euro possa fallire veramente. Tutta questa sicurezza potrebbe nascere dalla convinzione che il resto dell'Europa, Germania in primis, interverrebbe in caso di necessità fornendo assistenza economica agli stati in difficoltà.

In un articolo sul Telegraph del 9 Febbraio, il solito Pritchard rivela un retroscena interessante:

I ministri delle finanze dell'UE discuteranno, in una colazione a Bruxelles, della proposta di creare una qualche forma di "agenzia del debito" o di un meccanismo per l'emissione di bond a livello UE, una mossa vista da diversi diplomatici come un tentativo di imboscata nei confronti della Germania, per costringerla a condividere una parte della responsabilità sul debito dei paesi dell'Unione - un vero anatema per Berlino.

Se la Germania dovesse essere, in modo o nell'altro, chiamata in causa anche per quel che riguarda l'indebitamento Irlandese, Spagnolo, Greco o Italiano diventerebbe perfettamente sensato, investire in quei buoni del tesoro che a livello Europeo offrono un rendimento maggiore rispetto ai bund tedeschi. La Merkel ha sempre cercato di scongiurare questa eventualità. Non vuole pagare il conto anche per gli altri stati dell'Unione. Vedremo quanto sarà in grado di resistere, specialmente quando all'orizzonte si riaffaccia lo spettro dell'insolvenza per il comparto bancario europeo.

Ieri il Telegraph, ha rivelato l'esistenza di un rapporto confidenziale della commissione Europea che riguarderebbe gli asset tossici presenti nei bilanci delle banche del vecchio continente. L'articolo fino a ieri dava delle cifre, ma evidentemente qualcuno ha deciso di modificarlo per ragioni che non conosco. Potrebbero esser state sbagliate le cifre o qualcuno potrebbe aver ritenuto essere più saggio non darne di precise. L'articolo prima della modifica diceva che il totale di assets tossici in pancia alle banche Europee ammonterebbe a 16,3 trilioni di sterline (si non avete letto male). Più del PIL Europeo che nel 2008 si è aggirato intorno ai 15 trilioni di dollari. A bilancio le banche dell'Unione terrebbero complessivamente 41,2 trilioni di euro di assets (36,9 trilioni di sterline).

In sostanza quasi la metà degli assets in loro possesso risulterebbe tossica. Quante perdite si annidino realmente in questi assets non è dato sapere, ma si parla potenzialmente di centinaia di miliardi. A riguardo l'articolo del telegraph si limita a dire:

"La stima delle perdite totali su questi assets, suggerisce che le spese di budget - attuali e contingenti - per il sostegno alle banche, potrebbero essere molto elevate in termini assoluti in relazione al PIL degli stati membri" avverte il documento della commmissione Europa, visionato dal The Daily Telegraph.

L'articolo aggiunge:

Lo scenario descritto dalla commissione è significativo a causa del ruolo che gli ufficiali della UE giocheranno nel disegnare le regole per valutare gli assets "tossici" in possesso delle banche, verso la fine di questo mese. Nuove manovre per salvare le banche saranno discusse ad un summit di emergenza alla fine di Febbraio. L'UE è profondamente preoccupata dall'aumentare dello spread sui bonds venduti dai differenti paesi Europei.


Anche se non si parla (ancora) o non si vuole parlare di cifre, tutto fa pensare che la festa in Europa sia appena cominciata.

Spero siate tutti pronti per i "festeggiamenti" futuri.


PS: Di seguito riporto i passi salienti (quelli con le cifre per intenderci) presenti nell'articolo del Telegraph prima che esso fosse modificato. Prendeteli dal verso che preferite:

European Commission officials have estimated that “impaired assets” may amount to 44pc of EU bank balance sheets. The Commission estimates that so-called financial instruments in the ‘trading book’ total £12.3 trillion (13.7 trillion euros), equivalent to about 33pc of EU bank balance sheets.

In addition, so-called 'available for sale instruments' worth £4trillion (4.5 trillion euros), or 11pc of balance sheets, are also added by the Commission to arrive at the headline figure of £16.3 trillion.

Banks account for their assets in different ways. Assets put into the “trading book” have to be marked to current market values, while those in the “banking book” are loans and other assets which the institution believes it can hold to maturity. Other assets are classified as “available for sale”, which are also marked to market values.

5 commenti:

Unknown ha detto...

"...e l'Italia di recente, ha spacciato senza problemi 12 miliardi in debito a breve termine..."

Yeeeeeeessssssssssss! Spacciare è il verbo corretto!

Umberto Zorzi ha detto...

Ciao Stand.
Grazie per tutti i tuoi bellissimi post.
Se hai un attimo dai un occhio al primo grafico di questa pagina. E' molto interessante.
Ciao!
http://www.marketoracle.co.uk/Article7923.html

mensa andrea ha detto...

Caro Stand
Una prima domanda che mi frulla nella testa, già anche espressa, è:
ma chi è il pi…a che ha prestato soldi alle banche russe? Le banche possono rivolgersi alla loro banca centrale, ma perché si sono rivolte ad altre banche? Sapendo come il sistema bancario sia fortemente condizionato dalle tante mafie, come è stato possibile ritenere che quei soldi tornassero indietro ? quali le garanzie ? chi pensano di mandare a riscuotere ?
la notizia mi pare poco credibile.
Se invece mi si dice che le mafie occidentali hanno usato quelle russe nel commercio della droga agfgano/pachistana, allora è credibile, che tale commercio possa esser arrivato a tale cifra, però, mi pare di nuovo poco credibile.
Occhi e orecchie dritti e aspettiamo altre notizie.
Il discorso asset tossici in pancia alle banche, mi sembra molto più interessante e credibile.
Il fatto che nonostante tutte le immissioni di liquidità, tutti i “piani” di salvataggio, la circolazione interbancaria sia ancora molto scarsa, la dice lunga su quanto i banchieri si fidino gli uni degli altri.
La distinzione che facevo con Alessandro, su causa ed effetto della deflazione non era solo accademica e la riprendo per chiarezza.
Per me PRIMA si ha una riduzione della tendenza agli acquisti, per varie cause, tipo prodotti non più stimolanti, pochi soldi in tasca, paura del futuro, eccessivo condizionamento dei debiti, ecc… e come conseguenza un rallentamento della circolazione monetaria, che, dato che con la quantità di liquidità ne da come prodotto la sensazione di sufficienza o insufficienza, ha fatto percepire “poco denaro in circolazione”, quindi deflazione.
Quando la deflazione si trasmette all’economia reale, si rallenta la produzione di beni, e quindi la recessione, ma se tale rallentamento è tanto ampio, diffuso e violento da bloccare le merci nei magazzini, quindi aziende indebitate che non riescono ad onorare i loro debiti, e quindi falliscono, allora si entra in depressione.
Tutto questo per dire che, il male (o bene a seconda dei punti di vista) ha origine nella testa di quella moltitudine di persone, che prima correva addirittura ad indebitarsi per acquistare di tutto, poi improvvisamente si spaventa, si blocca, smette di comprare, vorrebbe risparmiare, ed avvia il ciclo negativo.
Perché parlo di tutto ciò ? Perché è la premessa del discorso sulle banche.
Le banche guadagnano tanto più quanto riescono ad elevare il leveraggio dei depositi frazionati.
Se a chiedere finanziamenti sono aziende che producono, vendono, e quindi restituiscono i prestiti, si è in presenza di mercato sano.
Aumenti di produttività possono solo esser compensati da estensione dei mercati (nuovi mercati per vecchie merci) o da apertura di nuovi mercati (nuove merci per i vecchi mercati).
Se la fantasia nel “creare” nuove necessità nella gente comincia a far cilecca, oppure se la gente comincia a capire il gioco al massacro di sempre nuove mode che uccidono le vecchie, nuovi telefonini che soppiantano i vecchi, auto euro4 che soppiantano gli euro 3, 2 , 1 che però andrebbero ancora benissimo, allora la gente comincia a rallentare, non reputa più il gioco così gradevole anche perché le fonti di guadagno non aumentano ma i prezzi si.
Un nuovo telefonino offre guadagni enormi, dopo 2 mesi il prezzo si riduce ed il guadagno anche.
Nella fase di corsa sfrenata, i guadagni sono altissimi, nella fase di rallentamento però le possibilità di investimento in attività “sane” si riducono, ed ecco esplodere l’investimento finanziario, che sembra la scoperta della cornucopia della prosperità.
Soldi che si auto moltiplicano, stimolando ancora i consumi, ma in modo “drogato” e quindi essenzialmente inflattivo.
Come gira il vento, verso la deflazione e la recessione, i fattori si sommano.
Le produzioni rallentano o addirittura si fermano, le bolle finanziarie di valori gonfiati, restano prima sospese, poi scoppiano, si entra in depressione.
E chi c’è con il cerino acceso in mano ? le banche, che si sono esposte all’inverosimile per aumentare i loro guadagni, facilitando prestiti a cani e porci, che ora però non ridanno indietro il dovuto, per il semplice fatto che non c’è più nulla. Puff.
Ricordo come nel gioco, per renderlo più interessante, si sia anche inserito quello che impropriamente definito come “condivisione del rischio” consistente nell’impacchettare i prestiti, e rimetterli sul mercato, che, data la complicità delle società di rating che mettevano luccicanti triple A, hanno permesso che tornassero nelle banche sotto forma di capitale. Così invece di dover conteggiare perdite per mancati rimborsi, hanno cominciato a piangere per sottocapitalizzazione.
Ora, se la previsione fosse che, passata la buriana, il gioco riprende da dove si era interrotto, potrebbero anche provare a far finta di niente, fare un ampio sorriso ed annunciare al mondo che tutto è risolto.
Ma così non è, e quindi, scendendo nuovamente dalle nuvole della finanza, alla dura terra, non possono pensare di coprire provvisoriamente per compensare domani. E quindi dovranno, piano piano, per non spaventare ulteriormente una popolazione già spaventata, rimettere a posto i conti con le risorse ridotte dei tempi bui.
Ecco perché ritengo estremamente credibili quei numeri sugli asset tossici.

Stand ha detto...

Ciao Andrea,

Il fatto che l'Europa sia esposta nei confronti della Russia e di tutto il blocco est non è realmente in discussione. Se poi la storia che le banche russe cerchino di ristrutturare 400 miliardi di debiti corrisponda a verità (al di là delle smentite) è un altra questione.

Anche se la banca centrale russa è in grado di fornire al suo sistema bancario denaro si tratta sempre di rubli. Se per gli investimenti le banche russe hanno bisogno di valuta internazionale: dollari, euro o altro c'è poco che la banca centrale possa fare (a parte acquistare la suddetta valuta o utilizzare le proprie riserve). E' normale quindi che il sistema bancario russo si sia indebito con banche estere ed in particolar modo con quelle Europee dato che l'Europa è il principale partner commerciale della Russia.

Allo stesso tempo le banche Europee tra tassi bassi e il giochetto chiamato securitization si sono trovate a navigare nella liquidità e si sono lanciante in massa ad investire nei cosiddetti paesi emergenti, in particolar modo Russia ed est Europa. Non c'è nulla di sorprendente quindi nel fatto che banche ed aziende Russe siano piene di debiti nei confronti dell'Europa e che con l'economia bloccata ed il prezzo del petrolio precipitato si trovino in grosse difficoltà.

Riguardo l'articolo del Telegraph non sarebbe sorprendente se il 44% degli assets in possesso delle banche Europee fosse veramente pericolante. Certo considerando le cifre in questione viene da preoccuparsi. Se anche solamente il 5% di quegli assets fossero perdite si parlerebbe di 800 miliardi di sterline. Una cifra consistente. Se invece considerassimo un più realistico (almeno per l'esperienza che abbiamo fino ad ora con questo genere di asset) 25-30% arriveremo a cifre da capogiro comprese tra i 4000 ed i 5000 miliardi di sterline.

Vien veramente voglia di pensare ad altro.

mensa andrea ha detto...

grazie della precisazione sul debito russo... io lo vedevo più come un problema della banca centrale, quello di usare le sue riserve in valuta, se la necessità di finanziamenti non era in rubli, ma , in effetti la sovrabbondanza di liquidità delle banche europee e occidentali in genere, può aver giocato una parte importante.