lunedì 16 febbraio 2009

In buone mani (italian version)

L'aria di Davos gioca brutti scherzi. Dalla ridente città svizzera in cui ogni anno si svolge l'attesissimo summit di pezzi grossi della politica e dell'economia mondiale, Pritchard, il giornalista finanziario di punta del Telegraph, scrisse una decina di giorni fa, un articolo insolitamente ottimista che sembrava ventilare una possibile ripresa, intitolato: "glimmers of hope" (barlumi di speranza). I suoi abituali lettori non riconoscendolo più, si scatenarono, e pretesero a gran voce di sapere cosa gli avessero fatto fumare (o bere) a Davos. Pritchard dovette giustificarsi e lo fece rivelando come il tono positivo del suo articolo non riflettesse una sua opinione, ma che per l'occasione fosse stato costretto ad indossare il suo "cappello da cronista" e si sentì di rassicurare i propri lettori: "nessuna speranza di ripresa economica è all'orizzonte".

Gli ultimi articoli che ha scritto, illustrano brutalmente questa sua visione.

Pritchard non è mai stato un amante o un sostenitore dell'Europa. La cosa traspare chiaramente dai suoi scritti. Eppure, considerando quanto i suoi articoli abbiano letto in maniera precisa lo svilupparsi degli eventi sul panorama dell'economia globale, non prestare attenzione a ciò che scrive sarebbe poco saggio. Nel suo ultimo pezzo, il giornalista del Telegraph, torna sulla questione Europea. Il titolo è emblematico: "fallire nel salvare l'est Europa produrrà il collasso mondiale".

Ho scritto diverse volte di quanto la situazione dei paesi dell'est Europa sia fondamentale per il futuro dell'Unione stessa e dell'area Euro in particolare.

La scorsa settimana il ministro delle finanze Austriaco cercò freneticamente di mettere insieme un pacchetto di aiuto economico da 150 miliardi di euro, per i paesi dell'est . L'obbiettivo dichiarato non era tanto il salvataggio di quei paesi, quanto la sopravvivenza dell'Austria stessa, dato che le banche del paese hanno investito nell'est Europa una cifra compresa tra il 70% e l'80% del PIL Austriaco, pari a circa 290 miliardi di euro e rischierebbero seriamente la bancarotta in caso di fallimento delle repubbliche ex sovietiche. Si parla dei maggiori istituti della nazione. La Erste Bank, la Raiffeisen ed anche la più grande banca in assoluto: l'Unicredit.

L'Austria nell'ultimo quarto, a causa di un calo delle esportazioni, ha incassato la prima contrazione del PIL da 8 anni a questa parte. Per il momento, si stima che il PIL del paese subirà una contrazione di un modesto 0,5% nel corso del 2009, ma sono pronto a scommettere che le previsioni verranno riviste al ribasso, considerando il boom delle esportazioni che ha investito il paese nel biennio 2006-2007: esportazioni dirette per un terzo in Germania e per un altro 20% nei paesi emergenti dell'est Europa. Ora la Germania ha ridotto drammaticamente sia produzione che importazioni mentre i paesi dell'est stanno semplicemente collassando.

I politici Austriaci per cercare di tamponare le falle del comparto finanziario, negli ultimi mesi, hanno più volte annunciato l'intenzione di garantire fino a 100 miliardi di euro di obblighi degli istituti bancari. Un accordo definitivo però, non è stato mai raggiunto a causa della schizzinosità delle banche stesse che vorrebbero imporre condizioni irrealistiche al governo Austriaco. La situazione in Austria sta diventando sempre più tesa. Qualunque forma di assistenza al settore bancario andrà ad incidere pesantemente sull'indebitamento del paese. Secondo un rapporto del comitato governativo sul debito, il salvataggio delle banche arriverebbe a costare all'Austria quella tripla A di rating che le ha consentito nell'ultima decade, di finanziare il proprio debito pagando una cifra in linea con quella sborsata dallo stato tedesco.

La cosa buffa è che gli austriaci sembrano sicuri che la Germania correrà finanziariamente in loro aiuto, visto lo stretto legame storico ed economico che unisce i due paesi. I tedeschi dal canto loro si sorprendono che gli austriaci nutrano questa convinzione. Non sembra peraltro, essere solo l'Austria ad attendere che la grande Germania arrivi svolacchiando in soccorso, con addosso una ridicola calzamaglia blu e una mantellina rossa. Un articolo del Times Online getta ombre cupe sulla situazione Irlandese. I prestiti rilasciati dalle banche Irlandesi ammontano a 11 volte la dimensione dell'economia del paese. Il costo dei cds a 5 anni, uno strumento finanziario che fornisce un indicazione sul rischio paese, è triplicato nell'ultima settimana arrivando a toccare i 350 punti base venerdì scorso (il valore più alto in Europa). Il mercato insomma, vede come sempre più probabile un futuro default dell'Irlanda ed anche in questo caso, il Times, invoca come salvatore della situazione, la Germania. Essa si dovrebbe far carico secondo il quotidiano inglese, di parte dell'indebitamento Irlandese, acquistandone i buoni del tesoro, attraverso un apposto fondo (attualmente allo studio) messo in piedi dalla BCE.

A quanto pare nel vecchio continente tutti sembrano aspettarsi che i tedeschi salvino l'intera Unione.

A questo proposito l'articolo del Telegraph dice:

L'Europa è già in problemi più gravi di quanto la BCE o i leadears dell'UE avessero previsto. L'economia tedesca si è contratta ad un tasso annuale dell'8,4% nel quarto quarto.

Se la Deutsche Bank ha ragione l'economia si ridurrà di circa il 9% prima della fine di quest'anno. Il genere di livello in grado di infiammare la rivolta popolare.
Le implicazioni sono ovvie. Berlino non salverà l'Irlanda, la Spagna, la Grecia e il Portogallo mentre il collasso della bolla creditizia conduce ad un esplosione dei defaults, o l'Italia accettando i piani dell'EU per dei "bond dell'unione" se il mercato del debito dovesse prendere la spaventosa traiettoria crescente del debito pubblico italiano (che toccherà il 112% del PIL il prossimo anno, secondo le ultime previsioni, in salita dal 101% - una enorme variazione) e non salverà l'Austria dal suo avventurismo Asburgico.

In sostanza, saranno con tutta probabilità (come è giusto che sia), cavolacci nostri.

L'est Europa sta implodendo.

In Ucraina si prevede che il PIL crollerà del 12% nel corso dell'anno, l'economia lettone è stata dichiarata clinicamente morta dal governatore della banca centrale dopo una contrazione del 10,5%, ufficialmente il governo Ungherese prevede una contrazione del PIL dell'1% per l'anno in corso, ma diversi analisti ritengono più probabile che essa si assesti tra un -2%/-5% e in generale sull'intero blocco est grava quella spada di Damocle dell'indebitamento contratto in valuta straniera. Il 60% della popolazione polacca, ad esempio, si è indebitato in franchi svizzeri. Ogni traumatico indebolimento delle valute locali, produrrà un aumento in termini reali dell'entità del debito ed un aggravarsi delle condizioni economiche generali.

Dato che l'Italia è particolarmente esposta ad un tracollo dell'est Europa, tramite il suo settore bancario - si parla in particolar modo dell'Unicredit - sarebbe molto interessante conoscere la linea di azione che il governo intenda adottare in caso di possibili problemi.

Questo genere di questione è stata posta a Davos, da un giornalista inglese al nostro ministro delle finanze. Un video che ha fatto il giro della rete mostra un Tremonti che per tutta risposta, prende su e se ne va via stizzito senza pronunciare neppure una parola, lasciando il giornalista della BBC completamente attonito con il microfono a mezz'aria. Il poverino non era abituato ai politici italiani. Dal suo sguardo traspare lo stupore per un comportamento che evidentemente all'estero verrebbe considerato incredibile (se per caso non lo avete già fatto guardatevi Il video).

Nessuno può costringere un altra persona a rispondere a una domanda, ma c'è modo e modo di comportarsi. Sarebbe bastato dire: "preferisco non affrontare l'argomento" o schivare la questione dicendo "abbiamo pronte delle misure adeguate, ma preferisco non discuterne perché bla bla bla". La domanda era assolutamente legittima e penso che sarebbe carino se Tremonti facesse sapere anche a noi poveri cittadini, come intende comportarsi in caso di significativi problemi bancari.

Se il blocco est crolla e l'Unicredit viene a batter cassa da mamma stato che si fa?

Gli regaliamo dei soldi sull'esempio americano? Nazionalizziamo l'istituto? Lo semi-nazionalizziamo come han fatto gli inglesi con la Royal Bank of Scotland?

Immagino che la risposta rimarrà una sorpresa per quando l'evento dovesse verificarsi, ma la reazione seccata di Tremonti fa temere che un vero piano di azione semplicemente non esista.

La vera perla però, il nostro ministro a Davos l'aveva già fatta nel 2006 e nei confronti di una vecchia conoscenza di questo blog: Nuriel Roubini.

Entrambi erano erano stati invitati ad un pubblico dibattito riguardo al futuro dell'Europa. Gli argomenti da affrontare erano numerosi: il rischio che la crisi attuale potesse spezzare l'Unione, quali paesi fossero i candidati più probabili ad una uscita dalla EU, le conseguenze di una sua eventuale dissoluzione, ecc. Dopo un po' di divagazioni sui temi in questione, da parte dei politici presenti alla discussione, Roubini prende la parola e comincia, nel suo stile accademico, a fare una panoramica della situazione nei paesi del vecchio continente, finché non giunge a descrivere quella italiana, paragonando la china che il "bel paese" ha imboccato a quella che ha caratterizzato il tracollo Argentino.

Un paragone che ritengo, dovrebbe balzare agli occhi di ogni persona semi sensata che conosca un minimo gli avvenimenti che hanno condotto l'Argentina al fallimento.

A quel punto tra la costernazione generale, Tremonti interruppe le considerazioni di Roubini ribattendo con un incontrovertibile: "tornatene in Turchia!".

Innanzi tutto, bisogna dire che Roubini non ha mai avuto paura di dire quel che pensa, anche quando le sue affermazioni si sono rivelate in contrasto con le previsioni dell'intero establishment economico. In secondo luogo, sebbene sia nato in Turchia, Roubini ha vissuto 20 anni in Italia e si è laureato alla bocconi. Quando parla di questo paese lo fa a ragion veduta.

La risposta di Tremonti riassume bene il classico atteggiamento dei politici italiani, atteggiamento che con una sottile ironia sembra ricordare da vicino quello tenuto dai loro omonimi argentini durante il periodo che precedette il collasso del paese sud americano.

Il non voler rispondere a nessuno, quella presunzione e quell'arroganza nei modi che sembra nascere da un senso di superiorità ed intoccabilità, la completa mancanza di un reale dibattito su certi temi, le continue distrazioni su questioni secondarie, sono tutte indice di un degrado che in questo paese sembra aggravarsi ogni giorno che passa. Gli scenari che Roubini illustrò al dibattito, prevedevano per l'Italia solo due possibili futuri: cambiare velocemente o uscire dall'Unione Europea dichiarando default sul proprio debito (in sostanza il fallimento). L'UE a suo dire sarebbe conveniente, ma solo per i paesi disposti a riformarsi seriamente, non per i paesi intenzionati a mantenere lo status quo.

Osservando l'Italia ancora oggi, non vedo nessuna reale volontà politica di riformare il paese. Il Pd continua a parlare di "grandi riforme" (qualunque esse siano, sarà di certo colpa mia, ma non ho ancora capito bene che cosa intendano) un po' come Linus parlava del "grande cocomero" e come nel caso di Linus, sembra essere intenzionato ad aspettare le suddette riforme in un campo di zucche con il pollice in bocca ed una coperta stretta al petto (in realtà nella versione inglese Linus aspettava "la grande zucca", ma permettetemi la battuta).

La maggioranza sembra invece occuparsi di tutt'altro. Ogni tanto Berlusconi spara una cifra, su un qualche possibile intervento economico, cifra che sembra cambiare di volta in volta quasi ad assecondare considerazioni a noi ignote come variazioni dell'umidità atmosferica. Per ora, a parte fregnacce come la social card, e gli aiuti per comperarsi la lavatrice o un altra auto non si è visto nulla di significativo. Se hanno intenzione di intervenire in qualche maniera per mitigare l'impatto della crisi, sarà anche il caso che comincino a farlo seriamente e che ci facciano anche sapere cosa intendano fare. Se preferiscono non intervenire allo stesso modo sarebbe carino saperlo. Dire tutto ed il contrario di tutto non aiuta certo a costruire la fiducia.

La mia sensazione è che la politica italiana abbia rinunciato da tempo a cercare di sistemare questa nazione (se mai ci abbia seriamente provato) e che si occupi semplicemente di amministrare lo status quo, cercando nel frattempo di estrarre più ricchezza possibile dal sistema. Un film già visto e dal pessimo finale.

Le riforme di cui parla Roubini sarebbero ben altre e bene o male le conosciamo tutti. Ridurre l'eccessivo peso economico della politica e della burocrazia, aprire l'accesso e creare una vera concorrenza in certe professioni, arrivare a premiare le persone in base ai loro meriti e non alle conoscenze che possono vantare, riformare la giustizia (riformarla davvero, non legarle le mani per paura che i propri crimini vengano scoperti, il costo economico di una giustizia che non funziona è altissimo), riconvertire la base industriale del paese su un altro tipo di produzioni (tradotto: non metterti a fare concorrenza alla cina su produzioni di basso livello) ecc ecc.

Banalità se vogliamo, che sentiamo ripetere da...beh, da che mi ricordo francamente, ma che non ho mai visto affrontare seriamente. Ed il tempo, grazie anche a questa crisi sta per scadere.

In una bella intervista rilasciata alla PBS, il canale pubblico americano, l'ex capo economista dell'FMI, Simon Johnson, paragona sconfortato la situazione USA a quella che ha potuto osservare in certi paesi del terzo mondo durante il verificarsi di crisi economiche. Vede la nazione in mano ad un gruppo di oligarchi che in combutta con ambienti governativi preferiscono adottare misure che vadano a loro esclusivo vantaggio invece che a vantaggio dell'intero paese (in parte è sempre stato così negli Stati Uniti, semplicemente la crisi ha reso il problema visibile anche agli occhi degli osservatori più distratti).

La situazione italiana sembra simile a quella descritta da Johnson solo 20 volte peggiore.

Molti probabilmente riterranno la sparata che fece Tremonti nei confronti di Roubini una sciocchezza senza importanza. Del resto se ne sentono tante ogni giorno. Eppure mi pare emblematica di una deriva che avvolge l'intera nazione e che si riflette nei modi e nel linguaggio della politica e quando si scontra con il resto del mondo si rivela nella sua drammaticità. A volte una semplice frase o un atteggiamento nel contesto giusto (o sbagliato se preferite), riesce ad essere più chiarificatrice di mille parole. Quello che le uscite a Davos, di Tremonti, sembrano mettere in luce, è una politica in completa negazione della realtà, priva di una concreta strategia per il futuro e totalmente refrattaria ad ogni serio dibattito su di esso.

Se in passato ho definito gli statunitensi in cattive mani, per descrivere la situazione italiana mi trovo francamente a corto di aggettivi.

11 commenti:

Fabio Giampaoli ha detto...

Ciao.

Senti io vivo e lavoro da piu' di un anno in Irlanda (sono un professionista dell'IT che e' stato attratto dall'ormai sdentata e moribonda Tigre celtica e fino ad ora non mi era andata neanche tanto male).
I miei pochi risparmi sono su un conto corrente della AIB (che mi pare sia stata da poco nazionalizzata). A titolo informativo secondo me qui' a Dublino di Italiani con la mia stessa situazione ce ne sono un bel po'.
Te al posto mio che faresti? scapperesti il prima possibile o trasferiresti tutti i soldi da qualche altra parte?
Ciao

Max ha detto...

Ottimo post, molto interessante (anche se da italiano mi vengono i brividi al solo pensiero della bancarotta in arrivo)

Continui ad informarci

Cordiali saluti

max

+zero ha detto...

consigli per la bancarotta?

grazie.

Unknown ha detto...

Solo una precisazione (per chi non aveva già letto i link di Stand o per chi non li ha ancora aperti e letti)
Il fattaccio Tremonti-Roubini risale al 2006 (e,personalmente, fu la ragione per la quale iniziai a leggere e conoscere Roubini).
E' incredibile, ma dopo che il Belpaese l'ha fatta franca all'inizio degli anni '90, mi stupisco ancora di trovare gli italiani del tutto ignari di vivere in un paese con un rapporto debito-PIL superiore al 100%. Sembra che la cosa, per loro, non abbia importanza oppure che sia una cosa astratta. Mi sembra anche che gli italiani vivano sempre più su una nuvoletta (esempio il post - qualche tempo fa - di un certo Johre), convinti di farcela sempre e comunque.
Per loro i problemi iniziano e finiscono con Porta a Porta, Ballarò e altre trasmissioni del genere, dove tutti dicono ciò che vogliono. Ma il "Black Swan" sta arrivando anche per voi.

Stand ha detto...

Ciao Mar,

hai fatto bene a precisare in effetti il legame temporale tra le due separate uscite di tremonti a Davos può risultare ambiguo dalla lettura dell'articolo (ho modificato un paio di frasi e ora dovrebbe essere più chiaro). Aggiungo che Roubini prevedeva il "default" per l'Italia nel corso di 5 anni se non fossero state operate delle riforme sostanziali nel frattempo, il che se avesse ragione ci lascerebbe altri 3 anni di tempo contando anche quello in corso.

Resto dell'idea che ciò se succedesse si verificherebbe dal punto di vista temporale in maniera opposta rispetto a come prevede Roubini: prima l'Italia fallirebbe e poi verrebbe espulsa dall'Unione (si tratta di un paese troppo grosso per essere salvato dal resto dell'Europa).

Per chi fosse interessato riguardo alla solidità dell'UE Mish ha linkato un interessante articolo sul suo blog.

x Fabio

Anche se non do generalmente consigli di carattere finanziario il discorso in questo caso mi pare abbastanza generico. Se hai un lavoro o prospettive sensate in Irlanda, non ti consiglierei di spostarti. Data la situazione non saprei neanche indicarti un paese decente che non stia incorrendo in significativi problemi economici.

Per il conto in banca, onestamente, se non hai particolari vantaggi a tenere il denaro in una banca Irlandese, mi verrebbe da dire: "perché rischiare?". (occhio però in caso di trasferimento a scegliere con cura la banca, per non rischiare di cadere dalla padella nella brace).

swordfish ha detto...

caro Stand

leggo da un po' il tuo blog e lo reputo estremamente interessante, inoltre ne condivido pienamente i contenuti; il guaio di noi italiani è che crediamo che alla fine tutto si aggiusti, che ci si riesca comunque ad arrangiare.... è inutile, siamo "mean reverting" dentro, e il black swan così farà ancora piu male...

Umberto Zorzi ha detto...

Ciao Stand,
innanzitutto grazie per i tuoi bellissimi post.
Ti scrivo riguardo al default dell'Italia.
Secondo me quello che succedera' sara' un po' diverso.
A breve diversi Stati dell'eurozona staranno per fallire a meno di interventi da parte degli altri ma a questo punto la Germania in primis ma anche la Francia piuttosto di doversi dissanguare preferiranno tornare alle loro monete nazionali con la conseguenza di far dissolvere l'Euro. A quel punto dversi Stati europei tra cui l'Italia andranno in default quasi contemporaneamente. Vista la velocita' con cui si sta propagando la crisi non mi stupirei succedesse gia' nel 2009.
Questa sara' secondo me la vera causa che portera' alla fine dell'avventura euro ed al default all'interno dell'area Euro di Austria, Irlanda, Italia, Spagna Grecia e Portogallo
Ciao
Umberto
Per Fabio: perche' anziche' in banca i risparmi non li tieni in cassetta di sicurezza, magari meta' in Euro e meta' in Dollari od ancor meglio comprando un po' di oro fisico (o argento o platino), almeno in caso di default avresti comunque i tuoi risparmi intatti.

Anonimo ha detto...

Per Umberto
Mi piace molto la seguente storiella:
moglie:”dai Giovanni, stai un pò fermo…. Sono le tre di notte e non mi lasci dormire…. “
Giovanni:” domattina dovrei ridare 5000 euro ad Andrea, ma non ce l’ho….”
La moglie prende il telefono, compone il numero di Andrea, e quando questi assonnato risponde gli dice :”Giovanni domattina i 5000 euro non può darteli perché non ce l’ha” e riaggancia.
Poi rivolta al marito :” adesso puoi dormire…. Perché sveglio c’è Andrea”.
Se i rapporti fossero lineari, semplici, forse avresti ragione, ma così non è.
Ti sei mai chiesto che interesse avevano germania e francia, ad accoglier l’italia nell’euro dal momento del suo lancio ?
Escludi buon cuore o compassione, perché quelli sono sentimenti per persone, tra stati esiste solo la convenienza.
E qual era la convenienza allora, che continua ad esser la convenienza attuale ?
La massa critica. In un mondo in cui i rapporti sono fra potenze continentali, la germania da sola non sopravviverebbe.
Un bulldozer non è fatto di alluminio ma di spessi pezzi di acciaio, perché ha bisogno di peso. Molto del ferro di cui è fatto non serve ad altro che per il suo peso. E così è per gli stati.
È ovvio che chi tira ha tutto interesse a non avere pesi morti, ma i pesi gli sono indispensabili alla sopravvivenza, meglio se vivi e produttivi, ma prima di tutto devono esserci.
Pertanto vedrai che protestando, chiedendo garanzie, minacciando, facendo il diavolo a quattro, ma chi potrà, alla fine metterà l’occorrente.
Solo nel caso che gli fosse richiesto uno sforzo tale da ucciderlo, potrebbe pensare all’alternativa di sganciarsi, ma non credo si arriverà a quel punto.

mensa andrea ha detto...

scusate era preimpostata l'id di mia moglie...

mensa andrea ha detto...

inoltre, resto convinto, che l'europa allargata ai paesi ex unione sovietica, ha un grande vantaggio sugli USA, e cioè dispone dell'intera filiera delle produzioni industriali.
manca forse di petrolio e altre materie prime, ma dal punto di vista alimentare e industriale, produce tutto.
negli USA, invece, dall'elettronica alla meccanica, mancano ormai di interi settori, dalla progettazione alla produzione, e questo li rende dipendenti e ricattabili dall'asia.

A ha detto...

@Umberto

scenario molto interessante e che mi mancava, grazie.

Aggiungo l'ulteriore ipotesi (che mi sembra più ragionevole di quello che sembri a prima vista) che la Germania lasci fallire gli Stati in difficoltà senza cacciarli dall'euro. Infondo la svalutazione della moneta altro non è che un default mascherato da inflazione, quindi se il default lo fai esplicito, non c'è ragione di svalutare.

@andrea

temo che dettagli come l'economia reale non saranno ciò che farà la differenza. A mio parere il Paese che emergerà come potenza da questa crisi sarà quello che riuscirà per primo ad esprimere una classe dirigente nuova e a digerire l'inevitabile enorme cambiamento economico e sociale.

Se ho ragione è evidente che in Italia siamo spacciati.

(Ok, Veltroni si è appena dimesso, vediamo quanto cambiamento sanno esprimere nel PD)