martedì 10 marzo 2009

Piano B

I clima umido e gelido della scorsa settimana è riuscito a mettermi completamente KO, togliendomi, oltre a quello che potrebbe essere definito un livello accettabile di salute, qualunque spinta ad aggiornare il Blog. Fortunatamente però, da un paio di giorni a questa parte, il sole si è degnato di onorarci nuovamente della sua presenza e con il caldo anche le forze sembrano essermi tornate.

Non che si possa dire altrettanto dell'economia mondiale. Su quel versante il cielo rimane plumbeo e pesante, coperto da nuvoloni neri che non annunciano nulla di positivo. La scorsa settimana è stato il continuo precipitare delle borse mondiali a catturare l'attenzione generale. Sembrava quasi di essere tornati ad Ottobre scorso e sebbene l'entità complessiva del crollo sia stata meno marcata di allora è bastata a scatenare accesi dibattiti. Tutti si domandano quanto ancora manchi alla completa capitolazione e relativa fuga degli investitori dai mercati e quanto i vari listini distino realmente dal fondo.

L'osservato speciale, chiamato S&P 500, ha chiuso venerdì a -24,33% rispetto inizio anno, trovando un valore di supporto a 666 (vi lascio immaginare quante battute siano girate su questo fatto) e recuperando quasi il 2,5% nell'ultima mezz'ora. Dato il pessimo andamento di Wall Street nel corso dell'intera settimana, chiudere positivamente l'ultimo giorno di contrattazione aveva un significato particolare. Diversa gente venerdì, durante le ultime ore di contrattazione, aveva invocato l'intervento del PPT, della divina provvidenza, di Cthulhu o di chiunque altro fosse in grado di invertire la discesa dei listini. A quanto pare le loro preghiere sono state ascoltate e gli indici si sono fatti una bella galoppata finale che li ha portati in territorio positivo.

Uno dei pochi segnali incoraggianti in una lunga settimana di agonia.

Quattro giorni fa, sia la BCE che la BOE (la banca centrale inglese) hanno tagliato di 0,5% il tasso di interesse portandolo rispettivamente all'1,5% e allo 0,5%. La BOE ha anche annunciato l'adozione di misure di "quantitative easing", per un ammontare di 75 miliardi di sterline da usare, nel corso dei prossimi 3 mesi, per acquistare bond governativi. Un estremo tentativo di aumentare la liquidità in circolazione. Molti speravano che queste due interventi avrebbero rincuorato le borse spingendole al rialzo. I mercati invece, non hanno dato segno di essersene minimamente accorti.

Anzi, per quel che riguarda l'Inghilterra, Graham Secker, analista strategico alla Morgan & Stanley, ha prospettato un futuro peggiore di quello della grande depressione, prevedendo un crollo dei profitti del 60% - rispetto al picco - durante il biennio 2008-2009, mentre il dato dei primi anni 30 si assestò ad un più contenuto -57%. La scorsa settimana i profitti dello S&P 500 hanno toccato il -61% dal picco, il peggiore risultato dal 1871. Nefasto precedente, dato che il termine "venerdì nero" fa riferimento al 24 settembre 1869 (un venerdì), quando una folla inferocita dette l'assalto agli istituti bancari, come forma estrema di protesta nei confronti dell'improvviso aumento del prezzo dell'oro causato dalle truffaldine manipolazioni di un gruppo di speculatori e minacciò di prelevare i banchieri dai propri uffici per impiccarli lungo le vie delle città. Un avvenimento che fece da apripista alla successiva depressione diffusasi tra 1870 ed il 1873 dall'Europa agli USA e che terminò ufficialmente nella primavera del 1879.

A produrre i risultati negativi dell'ultima settimana di contrattazione hanno contribuito diversi fattori. Le dichiarazioni fatte dai revisori indipendenti sulla dubbia sostenibilità economica della GM, ad esempio, hanno riscosso una certa attenzione, riaprendo prospettive di bancarotta per il gigante del settore auto e gettando i listini nello scompiglio. Un numero crescente di politici Repubblicani ultimamente ha invocato a gran voce che la si faccia finita permettendo alla General Motors di appellarsi al "chapter 11", una "bancarotta riorganizzativa", da cui essi ritengono, l'azienda potrebbe uscire ridimensionata, ma più solida. I Democratici invece si oppongo a questa linea d'azione, convinti che la GM non abbia le risorse per sopravvivere ad un "chapter 11" e che ciò, potrebbe costringere l'azienda a dichiarare fallimento in maniera definitiva.

La situazione della società di Detroit rimane fluida ed incerta, dopo che i vertici hanno negato con insistenza ogni possibilità di bancarotta.

Un altro brutto colpo per il morale degli investitori è arrivato dai pessimi dati sull'occupazione americana, scesa dell'8,1% a Febbraio, il quattordicesimo mese di contrazione consecutivo, con una perdita complessiva pari a 651000 posti di lavoro.

Anche l'FDIC, l'ente USA che si occupa di liquidare le banche fallite (se conoscete l'inglese qua potete vedere un interessante servizio di 60 minutes su come esso operi), ha scaricato una bella secchiata d'acqua ghiacciata addosso a chi, ancora sperava in un lento miglioramento della situazione, annunciando di essere in mutande. Il fondo privato di garanzia a disposizione dell'ente ed a cui tutte le banche sono obbligate a contribuire, versando una piccola percentuale per ogni dollaro depositato presso di esse, è in via di esaurimento. La responsabilità va attribuita all'ondata di fallimenti che negli ultimi mesi ha investito il settore bancario (17 solo quest'anno, qua trovate l'elenco completo). Per ovviare a questo inconveniente l'FIDC è stato costretto a chiedere ad ogni istituto di aumentare la sua quota di contributi, scatenando una piccola insurrezione: il settore bancario non ha voluto saperne. Il denaro è poco, ed una manovra simile impatterebbe in particolar mondo sulle banche minori, prelevando loro dal 50% al 100% dei ricavi incassati nell'ultimo anno.

L'FDIC ha dovuto arrendersi, rinunciando ai suddetti aumenti e come sempre succede in questi casi, non ha avuto altra scelta che andare a batter cassa presso il governo degli Stati Uniti, il quale, ormai abituato a scucire miliardi come se piovesse, senza pensarci su troppo ha gentilmente acconsentito a stanziare, fino al 2010, 500 miliardi di dollari per il fondo dell'FDIC.

L'evento però, che più di ogni altro ha terrorizzato gli analisti è stata la spirale discendente in cui si è trovata imprigionata la General Elettric. A due giorni di distanza da un taglio dei dividendi senza precedenti, se non durante gli anni della grande depressione, il titolo del colosso industriale è sceso sotto i 6 dollari, 11 in meno rispetto ai 17 a cui veniva scambiato solo un paio di mesi fa. A preoccupare gli osservatori è la condizione del ramo finanziario dell'azienda, la GE Capital, arrivato negli ultimi anni a garantire con regolarità, metà dei ricavi dell'intera società e che secondo molti nasconderebbe tra i suoi bilanci miliardi di perdite non dichiarate: dai 21 ai 54 miliardi secondo Nicholas P. Heymann e Matthew Kelley, due analisti alla Sterne Agee.

Giovedì scorso, Keith Sherin, CFO dell'azienda, ha smentito davanti ai microfoni della CNBC - canale televisivo di proprietà della GE stessa - ogni voce riguardo a possibili problemi economici da parte dell'azienda, dichiarando che il denaro cash che essa ha sottomano, ammonterebbe a 45 miliardi di dollari, sufficienti ad affrontare qualunque traversia i mercati possano gettarle addosso. Il titolo è risalito leggermente nei giorni successivi all'uscita della Sherin, superando venerdì i 7 dollari. Eppure, molti continuano a manifestare un certo scetticismo. Troppe volte hanno ascoltato assicurazioni televisive da parte di CEO e CFO sulla condizione di grandi società, poco prima che queste fallissero. I ricordi della Bear, della Lehman, dell'AIG bruciano ancora, come delle ferite aperte.

Tutti attendono che venga fatta un po' di chiarezza sulla situazione finanziaria della GE e confidano in una presentazione che i vertici dell'azienda hanno promesso di fare la settimana del 16 Marzo, per illustrare agli analisti con dati precisi, lo stato di salute del colosso industriale.

Intanto,secondo Karl Denninger, la GE assieme ad altre società tutto sommato sane, come la Berkshire Hathaway, sarebbero sotto attacco da parte degli speculatori. Questi ultimi, sfrutterebbero i CDS per scommettere al ribasso su determinate azioni, aggirando così, ogni controllo e supervisione esistente - i CDS sono degli strumenti non regolati. Un giochino che permetterebbe di colpire un qualunque titolo, scatenando una spirale discendente sul suo valore.

I CDS sono una forma di assicurazione finanziaria. Ufficialmente dovrebbero essere acquistati da qualcuno che ha intenzione di garantirsi contro la possibilità che una certa azienda (o stato), di cui possiede delle obbligazioni, fallisca, lasciandogli in mano dei pezzi di carta senza valore.

In realtà, non è necessario dimostrare di avere delle obbligazioni per potersi assicurare. In sostanza si può scommettere liberamente sulla possibilità che una qualunque azienda fallisca. Se il fallimento si verifica effettivamente, chi ha acquistato i CDS riceverà in pagamento una somma pari a quella per cui si era assicurato. Un po' come se il vostro vicino fosse in grado di assicurarsi contro l'eventualità che casa vostra vada a fuoco, cosa proibita con le assicurazioni tradizionali dato che, beh, non incita esattamente alla conservazione del patrimonio immobiliare (piuttosto alla piromania).

Chi vende dei CDS - in cambio di un premio mensile che ogni acquirente versa - generalmente, per coprirsi contro il rischio che l'azienda in questione fallisca davvero, gioca al ribasso sul titolo di quest'ultima, in modo da trarne un guadagno nel caso il valore dovesse effettivamente calare. Dato che i CDS sono strumenti non regolati, non esiste nessun organo preposto al controllo della solvibilità delle società che li emettono. In soldoni, tramite essi si può scommettere al ribasso su un qualunque titolo senza dover presentare significative garanzie, correndo dei rischi molto limitati e producendo una perversa spirale fatta da: calo del valore delle azioni, diminuzione del capitale disponibile, declassamento del rating, aumento del valore dei CDS per poi cominciare di nuovo da capo con l'acquisto di altri CDS ecc.

Il costo dei CDS sulla GE e sulla Berkshire Hathaway è salito alle stelle nell'ultima settimana, facendo temere che le due grandi aziende possano perdere la propria immacolata tripla A di rating. (proprio oggi Warren Buffet, leggenda della finanza e capo della Berkshire, ha dichiarato che l'economia è crollata giù da un precipizio, paragonando la crisi economica ad una vera e propria guerra che ogni patriottico cittadino americano dovrebbe combattere).

Come se non bastasse, Bloomberg ha rivelato che anche quegli individui che hanno acquistato i CDS come forma di assicurazione, spesso si trovano a sperare che l'azienda di cui detengono le obbligazioni fallisca. Diverse corporation negli ultimi tempi hanno proposto ai propri obbligazionisti di convertire parte del debito esistente in azioni comuni, nel tentativo di aumentare la propria capitalizzazione, trovandosi spesso di fronte ad un netto rifiuto. Normalmente la sopravvivenza di un azienda dovrebbe essere nel pieno interesse di chi ne detiene i bond. Quando si posseggono anche dei CDS invece, risulta spesso più conveniente lasciare che la società fallisca, per poter incassare in pagamento la somma per cui ci si era assicurati.

Si sta facendo un gran chiacchierare quindi, di una realtà che è sempre stata sotto il naso di tutti: i CDS sono un mostro lasciato per troppo tempo libero di scorrazzare in maniera incontrollata per i mercati di mezzo mondo. Ed il mostro non sta preannunciando nulla di buono. Se durante il periodo del fallimento della Lehman e dell'AIG erano 75 le compagnie su cui veniva richiesto il pagamento di un anticipo, come condizione all'emissione dei CDS - per la maggior parte compagnie finanziarie - ora il loro numero è salito a 260.

Quando un'azienda è considerata particolarmente pericolante, oltre al premio mensile, chi vende dei CDS normalmente richiede in pagamento, come quota iniziale fissa, una percentuale della somma per cui ci si vuole assicurare. Per la GE, ad esempio, la scorsa settimana veniva richiesto come anticipo il 17,5%.

Nel grafico sotto si può vedere l'aumento che gli anticipi sui CDS hanno subito negli ultimi 6 mesi, separato per i differenti settori:



Per fortuna sembra che si stia cominciando a discutere seriamente su come gestire e regolare il mostro dei CDS. Al momento 4 aziende stanno stilando delle proposte per lo sviluppo di un efficace sistema di controllo dietro richiesta dei regolatori USA. La mia impressione purtroppo, è che tutto sembri muoversi ancora troppo lentamente considerata la gravità della situazione.

Se gli USA hanno attraversato una brutta settimana, nel resto del mondo le cose non stanno andando particolarmente meglio. Per la prima volta dal dopoguerra in avanti, la banca mondiale ha previsto che l'economia planetaria subirà un arretramento. Il maggior contributo alla contrazione dell'economia lo daranno i paesi emergenti: Asia, America Latina ed Europa dell'est. Per ovviare a questo problema, il presidente della banca mondiale Robert Zoellick, sta premendo affinché i paesi più ricchi mettano da parte lo 0,7% del denaro speso per gli stimoli economici e istituiscano un fondo di solidarietà a favore delle nazioni emergenti.

Zoellick dovrebbe spiegare però, come possa lo 0,7% degli stimoli erogati fino a ora, riuscire a compensare la distruzione - secondo l'Asian Development Bank - di 50 trilioni di dollari di valore sugli assets finanziari, quasi pari al PIL dell'intero pianeta (poco più di 65 trilioni nel 2007), distruzione che vedrebbe proprio Asia ed America Latina tra le principali vittime.

E del resto, anche la definizione di paese ricco sta diventando un impresa elusiva.

In Europa continua l'agonia di numerosi stati: la disoccupazione in Spagna ha toccato quasi il 15%, l'Irlanda come ha scritto un giornalista "è ad una testa spaccata di distanza dalla rivolta", lo spread dei CDS sull'Austria ha toccato i 250 punti base, lo stesso livello di quelli sulla pericolante Grecia, in Germania gli ordinativi delle industrie sono crollati del 42% in Gennaio. L'Unione Europea ha annunciato oggi, attraverso il Comitato per l'occupazione e per la protezione sociale che entro il 2010 si rischiano 6,5 milioni di disoccupati all'interno del territorio UE. Per scongiurare questa eventualità ha consigliato una serie di misure che trovo francamente risibili (leggetevi l'articolo se siete curiosi).

Anche in Italia la situazione si sta aggravando. Tremonti ogni tanto, facendo il giocoliere con le parole, prova a farlo presente: da un lato risulta evidente il suo desiderio di rassicurare la popolazione e dall'altro il tentativo di non raccontare panzane troppo clamorose. A quello ci pensa Berlusconi che riprendendo il ministro dell'economia come si fa con gli studenti disobbedenti, se ne va in giro a dichiarare:

La crisi "esiste" ma "è vissuta sui media in maniera più drammatica di quella che è", e il calo delle borse "è dovuto a una manciata di azioni". E la Rai "è l'unica tv di Stato che attacca il governo in carica".

Penso non ci sia bisogno di commentare questo tipo di affermazioni. Oggi Berlusconi ha affermato:

"Non ci saranno situazioni di miseria, di crisi acuta, il Governo è presente per sostenere i cittadini meno fortunati".

"Il mondo ha conosciuto altre crisi ma anche questa come tutte finiscono. Questa crisi sembra particolarmente grave - ha aggiunto - ma la sua profondità e la sua estensione nel tempo dipendono dai nostri comportamenti"

Per una volta sono perfettamente d'accordo con il presidente del consiglio. La profondità e l'estensione della crisi dipende dai nostri comportamenti ed in particolar modo dalle azioni che i governi dell'intero pianeta portano avanti. In Italia oltre a bearci per il fatto che le nostre banche sono meno esposte rispetto a quelle del resto dell'Unione (resta il grosso ? chiamato Unicredit), viene avanzata ancora una volta la mitologica trovata delle grandi opere. Sono stati annunciati stanziamenti per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, opera di cui si parla da che sono al mondo (ed ho la sgradevole sensazione che quando sarò sottoterra saranno ancora li a discuterne) ed è stato promesso il completamento della Salerno Reggio Calabria per il 2012-13 (se ci credete davvero ho una torre pendente da vendervi).

Quest'anno in tutto dovrebbero venir stanziati 10,8 miliardi per le grandi opere. Se siamo fortunati di esse, ne partiranno due o tre.

Le altre saranno rimandate a data da destinarsi, ma anche se per qualche miracolo partissero subito, come ho ripetuto più volte, si tratta in ogni caso di interventi poco efficaci, che muovono grandi capitali, ma poca manodopera. Come dimostra il Giappone, misure del genere non funzionano durante crisi come quella che stiamo attraversando.

Summers, il padrino di Geithner, dal canto suo ha lanciato oggi dalla casa bianca, un appello al G20, perché si impegni nel rilancio della domanda mondiale. Come questa domanda andrebbe rilanciata non è dato sapere con certezza. Summers sembra invocare il solito e generico aumento di spesa pubblica, come motore in grado di produrre il famigerato aumento della domanda aggregata, ma Jean-Claude Juncker a capo del comitato composto dai ministri delle finanze UE, gli ha già risposto con un deciso: no grazie. Sempre oggi, Geithner il figlioccio di Summers e ministro del tesoro USA, quasi si vergognasse a mostrare il suo viso in pubblico, ha posticipato per l'ennesima volta la presentazione dei dettagli sul piano di intervento per il settore finanziario. In particolar modo, sembrerebbe essere ancora in alto mare la parte che prevede l'istituzione di un organo pubblico/privato per l'acquisto degli assets tossici in pancia alle banche.

Sarà senz'altro colpa mia, ma ancora non ho ben capito come dovrebbero funzionare gli interventi in corso e quelli annunciati o meglio, non mi è chiaro un piccolo passaggio. Per riprendere la vignetta all'inizio di questo post, tutti i progetti fin ad ora presentati - chiamiamoli piano A - possono essere riassunti in 3 fasi distinte collegate tra loro:

  1. Garantire la solvibilità delle banche e del sistema finanziario con tutto il denaro necessario (basta evitare il termine nazionalizzazione) e contemporaneamente spendere un sacco di soldi che non si hanno veramente, in opere pubbliche di discutibile utilità o per sostenere aziende decotte. Il tutto ovviamente indebitando gli Stati (tranne in alcuni rari casi, come quello Cinese)
  2. Poi un miracolo si verifica
  3. Come conseguenza la gente riprende a spendere e consumare, il credito a scorrere e le aziende a produrre ed assumere

Penso che qualcuno dovrebbero chiarire meglio il secondo passaggio. Come si riesca a passare dagli interventi attuali, ad una ripresa dell'economia mi sfugge, così come a sfuggirmi è la strategia che si intende adottare nei confronti degli assets tossici in pancia al sistema bancario. Magari a Geithner riuscirà la quadratura del cerchio, grazie ad un magnifico piano ancora sconosciuto e tutta l'Europa gli andrà dietro facendoci uscire da questo buio tunnel, ma dati i precedenti nutro ben poca fiducia a questo riguardo.

Ancora più importante. Quale sarebbe esattamente il piano B?

Se tutte le trovate si rivelassero insufficienti e l'intero pianeta piombasse in una depressione di diversi anni o in una stagnazione decennale simile a quella attraversata dal Giappone (cosa che Roubini sembra ritenere sempre più probabile man mano che il tempo passa) che si fa?

Il Giappone restò a galla a forza di svalutazione ed esportazioni, ma se tutto il mondo è messo nelle medesime condizioni verso chi dovremmo mai esportare?

Se esiste veramente un piano B, temo che esso preveda militari in assetto da combattimento che scorrazzano per le vie delle nostre città (e non mi riferisco alla trovata pubblicitaria dei 3000 uomini messi in campo da questo governo). Nel caso, spero di non essere mai costretto a scoprire per via diretta il contenuto di questo piano (anche se non mi dispiacerebbe mi fosse illustrato a parole).

Nel frattempo, mi limito ad aspettare con pazienza, confidando che esista da qualche parte un ministro del tesoro, un banchiere centrale o un esimio economista che vogliano spiegarmi cosa succede durante il secondo e critico passaggio del piano A, con termini un po' più convincenti rispetto ad un semplice: " e poi un miracolo si verifica".

3 commenti:

mensa andrea ha detto...

complimenti, Stand, sei riuscito a farmi ridere per 5 minuti, nonostante il clima plumbeo che aleggia sulle nostre teste.
resta comunque aperta la domanda formulata nel post precedente.
capisco che mancando un piano A e ancor più un piano B l'incognita del DOPO diventa un qualcosa che forse e ripeto forse , solo il padre eterno riesce a intravvedere, ma non sarebbe il caso di proporre il contrario ?
stabilire prima dove si vuole arrivare, che modello di finanza si vuole adottare, e probabilmente risulterà più decifrabile il COME arrivarci ?
grazie comunque, l'ironia è sempre gradita.

katobleto ha detto...

Come diceva il mio prof. di filosofia: "sai cosa fa un americano senza ombrello qaundo piove? si bagna!". Il punto secondo me è che in questa cosiddetta crisi non c'è nessun ombrello da utilizzare e del resto i governanti, come anche la quasi totalità delle persone, non ha nessuna voglia di riconoscere che finiremo fradici. Temo che abbiamo toccato i limiti (petrolio, materie prime, agricoltura...) e la realtà non si lascia condizionare dalla finanza: stampare soldi o inventarsi altri trucchi contabili non modifica la situazione. La cosa migliore da fare sarebbe concentrare gli sforzi su una riduzione e razionalizzazione dell'economia del pianeta.

Giorgio

mensa andrea ha detto...

se solo il tuo evocare un miracolo, lo fa accadere (vedi il balzo di ieri delle borse) prova a ironizzare sulla mia capacità di moltiplicare i miei risparmi, ti prego.