Domenica scorsa 60 minutes ha intervistato Ben Bernanke: un evento senza precedenti. Il capo della Federal Reserve aveva sempre declinato ogni invito in tal senso, forse per mantenere quell'aurea di mistero ed imperscrutabilità che da sempre avvolge la banca centrale degli Stati Uniti.
Ma i tempi cambiano. Una crisi economica che non ha precedenti nella storia recente ed il fioccare di proteste contro la scandalosa condotta tenuta dai dirigenti dell'AIG - il colosso assicurativo salvato dal governo USA a suon di 180 miliardi di dollari - che incuranti di tutto il denaro strappato al contribuente, si sono auto-assegnati 160 milioni di dollari in bonus, hanno costretto il vecchio Ben a scendere in campo rivolgendosi direttamente alla nazione.
Il servizio di 60 minutes cerca in ogni maniera di mostrarci il lato umano di Bernanke. La storia della sua famiglia, i suoi studi, come si fosse preparato una vita intera per affrontare una crisi economica come quella odierna. Ad un certo punto, l'intervistatore interroga Ben, in merito ai salvataggi che la FED ha operato nei confronti di una serie di società finanziarie. Bernanke con aria afflitta, risponde di non aver potuto agire altrimenti e annuncia di essere profondamente infuriato nei confronti di queste entità, in particolar modo dell'AIG, la cui vicenda lo avrebbe riempito di una tale rabbia, da spingerlo più volte a sbattere giù la cornetta del telefono mentre ne discuteva. Si tratta forse del momento più toccante di tutta l'intervista. Traspare una sofferenza quasi genuina dalle parole del vecchio Ben.
Mentre seguivo l'intervista e cercavo, assalito dalla commozione, di agguantare un pacco di fazzoletti, Bernanke cambiava totalmente marcia e mi spiazzava dichiarando con fare rassicurante: " Ma abbiamo un piano. Ci stiamo lavorando sopra. E io penso che riusciremo a stabilizzarla (l'economia ndr), e che vedremo terminare la recessione probabilmente quest'anno. Vedremo la ripresa cominciare l'anno prossimo".
Tutto bene quindi.
Ben e la FED stringono saldamente il timone tra le mani ed hanno imboccato una rotta che ci condurrà fuori dal mare in tempesta entro la fine dell'anno.
Giunse poi mercoledì, il giorno della prevista riunione dell'FOMC - il comitato della Federal Reserve che decide della politica monetaria degli Stati Uniti - e tutto cambiò. Generalmente, il comitato si occupa di ritoccare il tasso di interesse, ma con il tasso al minimo storico dello 0,25% era rimasto ormai ben poco da ritoccare.
L'FOMC ha quindi deciso di ricorrere alla soluzione finale adducendo come giustificazione per la decisione presa:
L'FOMC continua per qualche riga ancora, a descrivere una situazione in costante peggioramento che mal si concilia con i discorsi fatti da Ben a 60 minutes su una prossima ripresa. La vera e propria bomba però, arriva poco più sotto nel prosieguo del comunicato:
Di per se solo l'annuncio del raddoppio degli acquisti di mbs (mutui cartolarizzati) in possesso delle due grandi GSEs, Fannie Mae e Freddie Mac è significativo. Fino ad ora, questo sembrava essere l'approccio al "quantitative easing" preferito da Ben, seppure il capo della FED avesse minacciato più volte, da Dicembre in avanti, di lanciarsi nell'acquisto diretto di buoni del tesoro a lungo termine. Un'opzione che però, si era sempre rifiutato di adottare concretamente.
Mercoledì è finalmente giunta la resa.
Non c'è modo di minimizzare la gravità del passo deciso dall'FOMC.
E' l'equivalente economico dell'aver spinto uno di quei bottoni rossi protetti da piccoli schermi di vetro. Quelli che solitamente nei film vengono premuti come ultima risorsa in contemporanea al girare simultaneo di una coppia di chiavi.
Se si è intrapresa una simile azione significa che la situazione sta tutt'altro che migliorando. Altro che ripresa all'inizio del 2010.
Mercoledì pomeriggio, mentre tutti ancora aspettavano il comunicato dell'FOMC e si dicevano, per la maggior parte, certi che non avrebbe contenuto nessun significativo annuncio, in borsa succedeva un casino. Il dollaro crollava, l'oro pure, l'xlf (un indice che raggruppa i titoli finanziari dello S&P 500) galoppava al rialzo e veniva fatta incetta di opzioni di acquisto sui buoni del tesoro a 10 anni da parte di alcuni soggetti. Sembrava che qualcuno sapesse in anticipo cosa stesse per uscire dalle stanze della FED. Ingenuamente, non pensando che Ben sarebbe arrivato davvero ad annunciare l'acquisto diretto di buoni a lungo termine, liquidai certi movimenti estremi come il prodotto di poche limitate manovre speculative.
Analizzando col senno di poi gli avvenimenti, specialmente ciò che è accaduto al prezzo dell'oro, colato a picco poco prima dell'annuncio dell'FOMC e salito alle stelle subito dopo, risulta evidente che in molti sapessero. Se non altro sono in buona compagnia. Rick Santelli ha dichiarato ironicamente alla CNBC, di essersi sentito estremamente stupido, quando un ora prima che fossero rese pubbliche le decisioni del comitato della Federal Reserve, si scatenò la caccia ai buoni del tesoro. Santelli dice di non averne capito le ragioni sul momento, dato che dal suo punto di vista non era affatto scontato ritenere che Ben e soci si sarebbero lanciato in certe misure di "quantitative easing". Non parla esplicitamente di insider trading, ma il ghigno sarcastico che gli illumina il volto mentre commenta è più che sufficiente a far capire come la pensa (qui potete vedere il filmato con Santelli).
L'ennesima dimostrazione che ogni illusione di legalità e trasparenza del mercato sia andata a farsi benedire da parecchio tempo.
Manipolazioni a parte, da mercoledì economisti e commentatori si sono lanciati nell'analisi delle possibili conseguenze della scelta operata dall'FOMC.
Innanzitutto è interessante notare come la Federal Reserve abbia deciso di stampare brutalmente denaro per acquistare quei titoli che gli investitori esteri, specialmente banche centrali, hanno smesso di comperare da alcuni mesi: mbs e debiti delle GSE e buoni del tesoro a lungo termine.
Brad Setser in un recente articolo ha illustrato come il trend degli acquisti dei buoni a lunga scadenza sollevi più di una preoccupazione. Nel grafico sotto si può notare come sia crollata la domanda estera su di essi e sui titoli delle agenzie:
Ma i tempi cambiano. Una crisi economica che non ha precedenti nella storia recente ed il fioccare di proteste contro la scandalosa condotta tenuta dai dirigenti dell'AIG - il colosso assicurativo salvato dal governo USA a suon di 180 miliardi di dollari - che incuranti di tutto il denaro strappato al contribuente, si sono auto-assegnati 160 milioni di dollari in bonus, hanno costretto il vecchio Ben a scendere in campo rivolgendosi direttamente alla nazione.
Il servizio di 60 minutes cerca in ogni maniera di mostrarci il lato umano di Bernanke. La storia della sua famiglia, i suoi studi, come si fosse preparato una vita intera per affrontare una crisi economica come quella odierna. Ad un certo punto, l'intervistatore interroga Ben, in merito ai salvataggi che la FED ha operato nei confronti di una serie di società finanziarie. Bernanke con aria afflitta, risponde di non aver potuto agire altrimenti e annuncia di essere profondamente infuriato nei confronti di queste entità, in particolar modo dell'AIG, la cui vicenda lo avrebbe riempito di una tale rabbia, da spingerlo più volte a sbattere giù la cornetta del telefono mentre ne discuteva. Si tratta forse del momento più toccante di tutta l'intervista. Traspare una sofferenza quasi genuina dalle parole del vecchio Ben.
Mentre seguivo l'intervista e cercavo, assalito dalla commozione, di agguantare un pacco di fazzoletti, Bernanke cambiava totalmente marcia e mi spiazzava dichiarando con fare rassicurante: " Ma abbiamo un piano. Ci stiamo lavorando sopra. E io penso che riusciremo a stabilizzarla (l'economia ndr), e che vedremo terminare la recessione probabilmente quest'anno. Vedremo la ripresa cominciare l'anno prossimo".
Tutto bene quindi.
Ben e la FED stringono saldamente il timone tra le mani ed hanno imboccato una rotta che ci condurrà fuori dal mare in tempesta entro la fine dell'anno.
Giunse poi mercoledì, il giorno della prevista riunione dell'FOMC - il comitato della Federal Reserve che decide della politica monetaria degli Stati Uniti - e tutto cambiò. Generalmente, il comitato si occupa di ritoccare il tasso di interesse, ma con il tasso al minimo storico dello 0,25% era rimasto ormai ben poco da ritoccare.
L'FOMC ha quindi deciso di ricorrere alla soluzione finale adducendo come giustificazione per la decisione presa:
Le informazioni ricevute dal Federal Open Market Committee, dall'incontro di Gennaio a oggi indicano che l'economia continua a contrarsi. Il calo dell'occupazione, il declino della ricchezza e del valore delle abitazioni e una ristrettezza del credito hanno pesato sull'umore dei consumatori e sulla loro propensione alla spesa. Un deteriorarsi delle prospettive di vendita e la difficoltà nell'ottenere credito hanno portato le aziende a tagliare le scorte e gli investimenti fissi. Le esportazioni USA sono crollate dato che un numero sempre maggiore di partner commerciali sono caduti in recessione.
L'FOMC continua per qualche riga ancora, a descrivere una situazione in costante peggioramento che mal si concilia con i discorsi fatti da Ben a 60 minutes su una prossima ripresa. La vera e propria bomba però, arriva poco più sotto nel prosieguo del comunicato:
Per fornite un maggior supporto ai prestiti per mutui e al mercato immobiliare, il comitato ha deciso di aumentare le dimensioni del bilancio della Federal Reserve arrivando ad acquistare fino a 750 miliardi di dollari aggiuntivi in mortgage backed securities dalle agenzie, portando il totale degli acquisti di queste securties ad un massimo di 1,25 trilioni nel corso dell'anno, e di aumentare l'acquisto di debito emesso dalle agenzie di 100 miliardi di dollari portandolo ad un totale di 200 miliardi. Inoltre, per aiutare a migliorare le condizioni del mercato privato del credito, il comitato ha deciso di acquistare fino a 300 miliardi di buoni del tesoro a lunga scadenza nel corso dei prossimi sei mesi.
Di per se solo l'annuncio del raddoppio degli acquisti di mbs (mutui cartolarizzati) in possesso delle due grandi GSEs, Fannie Mae e Freddie Mac è significativo. Fino ad ora, questo sembrava essere l'approccio al "quantitative easing" preferito da Ben, seppure il capo della FED avesse minacciato più volte, da Dicembre in avanti, di lanciarsi nell'acquisto diretto di buoni del tesoro a lungo termine. Un'opzione che però, si era sempre rifiutato di adottare concretamente.
Mercoledì è finalmente giunta la resa.
Non c'è modo di minimizzare la gravità del passo deciso dall'FOMC.
E' l'equivalente economico dell'aver spinto uno di quei bottoni rossi protetti da piccoli schermi di vetro. Quelli che solitamente nei film vengono premuti come ultima risorsa in contemporanea al girare simultaneo di una coppia di chiavi.
Se si è intrapresa una simile azione significa che la situazione sta tutt'altro che migliorando. Altro che ripresa all'inizio del 2010.
Mercoledì pomeriggio, mentre tutti ancora aspettavano il comunicato dell'FOMC e si dicevano, per la maggior parte, certi che non avrebbe contenuto nessun significativo annuncio, in borsa succedeva un casino. Il dollaro crollava, l'oro pure, l'xlf (un indice che raggruppa i titoli finanziari dello S&P 500) galoppava al rialzo e veniva fatta incetta di opzioni di acquisto sui buoni del tesoro a 10 anni da parte di alcuni soggetti. Sembrava che qualcuno sapesse in anticipo cosa stesse per uscire dalle stanze della FED. Ingenuamente, non pensando che Ben sarebbe arrivato davvero ad annunciare l'acquisto diretto di buoni a lungo termine, liquidai certi movimenti estremi come il prodotto di poche limitate manovre speculative.
Analizzando col senno di poi gli avvenimenti, specialmente ciò che è accaduto al prezzo dell'oro, colato a picco poco prima dell'annuncio dell'FOMC e salito alle stelle subito dopo, risulta evidente che in molti sapessero. Se non altro sono in buona compagnia. Rick Santelli ha dichiarato ironicamente alla CNBC, di essersi sentito estremamente stupido, quando un ora prima che fossero rese pubbliche le decisioni del comitato della Federal Reserve, si scatenò la caccia ai buoni del tesoro. Santelli dice di non averne capito le ragioni sul momento, dato che dal suo punto di vista non era affatto scontato ritenere che Ben e soci si sarebbero lanciato in certe misure di "quantitative easing". Non parla esplicitamente di insider trading, ma il ghigno sarcastico che gli illumina il volto mentre commenta è più che sufficiente a far capire come la pensa (qui potete vedere il filmato con Santelli).
L'ennesima dimostrazione che ogni illusione di legalità e trasparenza del mercato sia andata a farsi benedire da parecchio tempo.
Manipolazioni a parte, da mercoledì economisti e commentatori si sono lanciati nell'analisi delle possibili conseguenze della scelta operata dall'FOMC.
Innanzitutto è interessante notare come la Federal Reserve abbia deciso di stampare brutalmente denaro per acquistare quei titoli che gli investitori esteri, specialmente banche centrali, hanno smesso di comperare da alcuni mesi: mbs e debiti delle GSE e buoni del tesoro a lungo termine.
Brad Setser in un recente articolo ha illustrato come il trend degli acquisti dei buoni a lunga scadenza sollevi più di una preoccupazione. Nel grafico sotto si può notare come sia crollata la domanda estera su di essi e sui titoli delle agenzie:
Il grafico si ferma a Dicembre, ma anche durante il mese di Gennaio il calo è proseguito. I grandi investitori esteri preferiscono concentrarsi sui buoni del tesoro a breve termine, quelli a scadenza trimestrale, per non correre il rischio di rimanere intrappolati negli eventuali problemi futuri degli Stati Uniti.
Conclude Setser il suo articolo:
Dato che il giochino di indebitarsi per acquistare beni prodotti dai paesi emergenti - Cina ed India in primis, ma anche altre realtà minori - si è rotto, i fondi a disposizione delle banche centrali estere da riciclare in buoni americani, scarseggiano.
La FED ha quindi deciso di intervenire, facendosi carico direttamente dei buoni del tesoro a lungo termine. La più classica forma di monetizzazione del debito.
I 300 miliardi che Ben si è impegnato a stampare a questo scopo, rappresentano circa il 5% del mercato - il mercato dei buoni del tesoro USA ammonta a 5800 miliardi - e, come ha riportato David Rosenberg della Merril Lynch in un recente rapporto, l'annunciata espansione del bilancio della FED di ulteriori 1,15 trilioni complessivi è poca cosa di fronte a un rapporto tra credito privato e PIL che eccede di 8 trilioni i livelli storicamente sostenibili e che dovrà necessariamente contrarsi nel prossimo futuro (il grafico sotto riporta l'andamento nel tempo del debito privato USA - aziende più famiglie - in rapporto al PIL).
Conclude Setser il suo articolo:
E se - come sembra probabile - la domanda da parte straniera per buoni del tesoro svanirà prima del deficit fiscale USA, il tesoro USA dovrà vendere una grandissima quantità di buoni del tesoro agli investitori americani. Per alcuni anni ho argomentato che fosse impossibile esagerare l'impatto che la domanda delle banche centrali estere ha sul mercato dei buoni del tesoro USA.
Essa potrebbe non esserci più guardando al futuro.
Il mondo sta cambiando. Le riserve globali non stanno crescendo. L'eco dei picchi passati che osserviamo nei dati sui buoni del tesoro svanirà.
Dato che il giochino di indebitarsi per acquistare beni prodotti dai paesi emergenti - Cina ed India in primis, ma anche altre realtà minori - si è rotto, i fondi a disposizione delle banche centrali estere da riciclare in buoni americani, scarseggiano.
La FED ha quindi deciso di intervenire, facendosi carico direttamente dei buoni del tesoro a lungo termine. La più classica forma di monetizzazione del debito.
I 300 miliardi che Ben si è impegnato a stampare a questo scopo, rappresentano circa il 5% del mercato - il mercato dei buoni del tesoro USA ammonta a 5800 miliardi - e, come ha riportato David Rosenberg della Merril Lynch in un recente rapporto, l'annunciata espansione del bilancio della FED di ulteriori 1,15 trilioni complessivi è poca cosa di fronte a un rapporto tra credito privato e PIL che eccede di 8 trilioni i livelli storicamente sostenibili e che dovrà necessariamente contrarsi nel prossimo futuro (il grafico sotto riporta l'andamento nel tempo del debito privato USA - aziende più famiglie - in rapporto al PIL).
A causa di questo squilibrio, Rosenberg non vede reali cambiamenti di trend nel mercato e liquida i recenti rialzi come dei rally all'interno di un mercato in discesa.
La principale preoccupazione di Ben & Co, sembra riguardare l'impatto che la fuga degli investitori esteri potrebbe avere sui rendimenti dei buoni a lungo termine. Bernake vuole evitare che essi aumentino, aggravando la situazione di tutti quei debitori che pagano degli interessi, il cui tasso sia agganciato ai suddetti rendimenti. Come si poteva dedurre, anche leggendo tra le righe del comunicato rilasciato dall'FOMC, il problema sarebbero dunque i debitori privati, primi fra tutti i proprietari di casa (ma anche le aziende) e proprio a loro è rivolta l'ultima misura della FED.
La più diretta conseguenza di un "quantitative easing" operato comprando buoni del tesoro a lungo termine sarà un inevitabile calo dei rendimenti. Assieme ad essi diminuirà anche l'entità degli interessi pretesi sui mutui. Chi ha già contratto un mutuo avrà la possibilità di rifinanziarlo ad un interesse più basso, chi invece ha intenzione di acquistare casa per la prima volta potrà ottenere mutui a condizioni più favorevoli.
Questo almeno in teoria. Nella pratica l'entità dell'interesse chiesto dalle banche dipende da molteplici fattori, tra cui le aspettative sull'andamento dell'economia. Quando la situazione generale viene percepita come pericolosa, le banche pretendono in ogni caso uno spread elevato sugli interessi, come protezione dal rischio che i prestiti erogati non vengano restituiti.
La strategia annunciata mercoledì dall'FOMC si può quindi riassumere come un ennesimo ed indiretto incentivo al mercato immobiliare. Se fino ad ora gli USA avevano sempre agito indebitando lo stato o adottando misure soft di "quantitative easing", come l'acquisto di mbs dalle agenzie, adesso la FED ha deciso di procedere dritta come un ariete ed usare la forza bruta.
Il pericolo principale in un approccio del genere è che la FED col tempo si trovi ad essere l'unico acquirente di buoni del tesoro a lungo termine. In Inghilterra, quando la BOE (la banca centrale inglese) ha imboccato la strada del "quantitative easing", poche settimana fa, si è trovata ad avere, durante le operazioni di acquisto, un "bid to cover" di 7,35. In sostanza per ogni buono del tesoro che la BOE era disposta a comprare il mercato ne offriva 7,35. Gli investitori - e gli speculatori che ne avevano fatto incetta prevedendo in anticipo le mosse della BOE - hanno scaricato in massa i buoni del tesoro inglesi. Nulla di drammatico per il momento, ma se questo trend dovesse continuare, la BOE si troverebbe presto impantanata in una situazione estremamente scivolosa. Altra conseguenza negativa del "quantitative easing" è stata il drastico calo della domanda per tutti quei buoni del tesoro che non rientrano tra i tagli acquistabili dalla banca centrale inglese. I buoni del tesoro inglesi che scadono a Marzo del 2014 ad esempio, hanno avuto un bid to cover di 1,45, il minimo dal 2005.
Il deficit fiscale USA, previsto per questo anno, ammonterà a circa 2 trilioni di dollari. Facendo una semplice divisione, gli Stati Uniti saranno obbligati a vendere 160 miliardi di dollari in buoni a varie scadenze ogni singolo mese. 300 miliardi rischiano di essere una cifra insufficiente se la fuga degli investitori esteri dai buoni a lungo termine dovesse continuare. Se così fosse, Ben sarà inevitabilmente costretto ad aumentare l'impegno economico della FED, dato che un suo eventuale ritiro - quindi la scomparsa dell'acquirente di ultima istanza - rischierebbe di produrre una dislocazione sul mercato dei buoni del tesoro, in grado di far schizzare alle stelle i rendimenti e gli interessi sui debiti collegati.
Un mezzo Armageddon finanziario.
Anche nell'eventualità di un aumento progressivo degli acquisti da parte della FED che superi il limite annunciato di 300 miliardi, se la pressione prodotta dalla fuga degli acquirenti esteri superasse una soglia critica, non vi sarebbe stampar di moneta da parte della Federal Reserve, in grado di evitare una dislocazione.
Questo è lo scenario da fine dei tempi che toglie il sonno, da un paio di anni a questa parte, a Karl Denninger (trovate il suo blog nel mio blog roll).
Una possibilità che personalmente reputo remota allo stato attuale, ma tutt'altro che impossibile.
Altri osservatori invece, sono preoccupati da una possibilità quasi opposta: che tutta questa creazione di denaro possa produrre nel tempo una galoppante inflazione che culminerà in una devastante e terminale iper inflazione.
Sono molto scettico a riguardo. E' vero che la capacità di inflazionare il mercato di una banca centrale è teoricamente infinita. Essa ha il potere di creare tutto il denaro che vuole e sparpagliarlo in giro in 1000 modi differenti. Nella realtà però, esistono dei limiti varcati i quali, un economia come quella americana si auto-distruggerebbe ben prima che una reale iper inflazione possa prendere piede.
Intanto, in casi come questo non si tratta mai di sistemi chiusi. Anche volendo inflazionare l'economia, quanta di questa inflazione si riverserebbe negli stipendi della gente? In altri termini, se la maggior parte dei beni di consumo vengono prodotti dai paesi emergenti, quanta dell'inflazione prodotta dalla FED si riverserebbe negli stipendi degli americani e quanta confluirebbe all'estero?
Del resto, da quasi 20 anni a questa parte l'intero sistema si è basato sull'esportazione dell'inflazione USA in Cina e nei paesi emergenti. Dato che la produzione avveniva in quei luoghi anche il denaro vi confluiva invece di infilarsi nelle tasche degli americani andando ad incentivare la produzione industriale locale e la creazione di ricchezza negli Stati Uniti. La crisi attuale non ha ancora cambiato questa situazione. Le industrie non sono state rilocalizzate negli USA e neppure sono comparse (ancora) sostanziali barriere commerciali nei confronti della Cina. Considerando quanto gli USA dipendano da essa come acquirente di buoni del tesoro, non è neppure detto che ne vedremo entro breve. Nel caso accadesse, ciò equivarrebbe ad una vera e propria dichiarazione di guerra commerciale, una misura possibile, ma che puzzerrebe tanto di ultima spiaggia.
Se il resto del mondo seguisse l'esempio di Bernanke con il "quantitative easing", forse l'andamento ricorderebbe più da vicino quello di un sistema chiuso, ma sebbene alcuni dei principali stati si siano lanciati a stampare denaro, all'appello mancano ancora fondamentali soggetti come la UE e la Cina. Inoltre, anche stampare qualche trilione qua è la, non può bastare a compensare una distruzione globale di capitalizzazione pari a 35 trilioni di dollari e la poderosa contrazione del credito a cui stiamo assistendo.
A questo va aggiunto l'effetto che l'aumento della disoccupazione, il pessimo andamento generale dell'economia e la distruzione dei valori di borsa sta avendo sull'atteggiamento della popolazione. La propensione a spendere è in costante declino mentre quella a risparmiare è in aumento. Purtroppo propensione a parte - come illustra Mish in uno dei suoi ultimi post - da una recente ricerca risulta che il 50% dei cittadini USA si trovi a due stipendi di distanza dal collasso economico (negli Stati Uniti si tratta di un mese) mentre il 28% non riuscirebbe a tirare avanti per più di 2 settimane senza salario. Il 57% degli intervistati inoltre, afferma che spenderà meno rispetto al passato nel corso di quest'anno e nessuno di quelli contattati si dice intenzionato ad aumentare le proprie spese.
Per riuscire a spremere una popolazione indebitata e completamente restia a consumare ed esporsi ulteriormente, Ben dovrebbe far correre l'inflazione così velocemente, da produrre, ben prima di aver ottenuto il risultato sperato, la resa dell'intera economia. Se in futuro vi saranno significativi effetti inflattivi saranno schizofrenici e localizzati. Alcuni beni aumenteranno di prezzo, ma senza che questo produca delle ricadute sostanziali sull'inflazione generale o segnali una reale ripresa dell'economia.
L'oro probabilmente continuerà a rafforzarsi considerato quanto gradisca lo stampar di moneta. I rendimenti sui buoni USA sono destinati a diminuire. Alcuni si dicono certi che la FED non si limiterà ad acquistare il lungo termine, ma comprerà buoni a tutte le scadenze. Staremo a vedere. Il dollaro probabilmente continuerà a dare segni di debolezza ed il petrolio potrebbe realisticamente apprezzarsi, anche se esso nella situazione odierna non svolge più quella funziona di "hedge" contro l'inflazione a cui assolveva la scorsa estate. Per esso tutto dipenderà dall'economia reale. Nuovi cali di borsa che segnalino un perdurare delle difficoltà e una diminuzione della domanda industriale, affosseranno il valore dell'oro nero.
Proprio dal punto di vista dei listini, la decisione presa dalla FED non avrà probabilmente un impatto così significativo. Il Giappone può fornirci una lezione a riguardo, come fa presente Rosenberg nel suo rapporto. Quando la banca centrale Giapponese cominciò con il "quantitative easing" a Marzo del 2001, il Nikkei stava a 12190. L'indice salì di un buon 20% nel corso dei due mesi successivi, arrivando a toccare un massimo di 14529 il 7 Maggio del 2001. Nel giro di altri quattro mesi il Nikkei tornò a quota 12000. La sua discesa prosegui nel 2002-03 fino a arrivare, a metà del 2003, a quota 8900, 30% sotto il livello a cui stava quando venne introdotto il QE.
La contrazione del PIL ed il crollo dei guadagni delle aziende - pari al un 30% anno su anno nel 2001 - ebbero la meglio sul transitorio effetto positivo, prodotto dal "quantitative easing" della banca centrale giapponese.
Vi è un detto tra chi gioca in borsa che suona più o meno come: "non metterti contro la FED". In sostanza, non va mai sottovalutata la capacità di un entità come la Federal Reserve di influenzare il mercato, in particolar modo nel breve periodo, ma sul medio-lungo termine c'è poco che la Fed possa fare se i fondamentali dell'economia giocano contro. Ed ora come ora, i fondamentali non preannunciano nulla di buono.
La decisione presa mercoledì da Ben Bernanke e i signori dell'FOMC, rappresenta l'ultima cartuccia a disposizione della FED (a parte stampare denaro per acquistare direttamente azioni) e sembra indicare, la precisa volontà di trasformare la Federal Reserve in ciò che la BOJ (bank of Japan) fu durante il periodo definito "il decennio perso". Qui non si tratta più di prendere tempo, perché il tempo di solito è necessario quando si vuole ponderare con calma una possibile strategia risolutiva.
Prender tempo sperando in un miracolo è la strategia ora come ora, così come lo fu per il Giappone allora.
Alcuni affermano che Ben abbia caricato quest'ultima cartuccia e si sia infilato la canna della pistola in bocca. Altri che la canna sia rivolta alla tempia di una popolazione super indebitata e che esprima la muta minaccia: "spendete, consumate, indebitatevi ancora e per carità non pensate assolutamente di risparmiare".
Resta ancora una volta, l'impressione di essere in mano ad un armata brancaleone, impegnata a sparare colpi nel buio nella speranza che uno di essi centri il bersaglio giusto.
Ma se la FED, con l'ultima manovra avesse veramente esaurito le munizioni a sua disposizione, cosa si potrà mai inventare in futuro il vecchio Ben per stupirci?
PS:
Obama ha promesso che domani, i dettagli del piano di Geithner per la gestione degli assets tossici in pancia alle banche, verrano finalmente rivelati al mondo. Abbastanza è già trapelato da scatenare reazioni disgustate da parte di diversi economisti (potete leggere qua cosa ne pensa Krugman e qua l'opinione di Yves Smith). A riguardo ho già detto abbastanza. Mi limiterò ad aspettare la spiegazione di Obama (o Geithner se Obama ha ancora il fegato di farlo parlare in pubblico) con un pacchetto di popcorn in mano.
La principale preoccupazione di Ben & Co, sembra riguardare l'impatto che la fuga degli investitori esteri potrebbe avere sui rendimenti dei buoni a lungo termine. Bernake vuole evitare che essi aumentino, aggravando la situazione di tutti quei debitori che pagano degli interessi, il cui tasso sia agganciato ai suddetti rendimenti. Come si poteva dedurre, anche leggendo tra le righe del comunicato rilasciato dall'FOMC, il problema sarebbero dunque i debitori privati, primi fra tutti i proprietari di casa (ma anche le aziende) e proprio a loro è rivolta l'ultima misura della FED.
La più diretta conseguenza di un "quantitative easing" operato comprando buoni del tesoro a lungo termine sarà un inevitabile calo dei rendimenti. Assieme ad essi diminuirà anche l'entità degli interessi pretesi sui mutui. Chi ha già contratto un mutuo avrà la possibilità di rifinanziarlo ad un interesse più basso, chi invece ha intenzione di acquistare casa per la prima volta potrà ottenere mutui a condizioni più favorevoli.
Questo almeno in teoria. Nella pratica l'entità dell'interesse chiesto dalle banche dipende da molteplici fattori, tra cui le aspettative sull'andamento dell'economia. Quando la situazione generale viene percepita come pericolosa, le banche pretendono in ogni caso uno spread elevato sugli interessi, come protezione dal rischio che i prestiti erogati non vengano restituiti.
La strategia annunciata mercoledì dall'FOMC si può quindi riassumere come un ennesimo ed indiretto incentivo al mercato immobiliare. Se fino ad ora gli USA avevano sempre agito indebitando lo stato o adottando misure soft di "quantitative easing", come l'acquisto di mbs dalle agenzie, adesso la FED ha deciso di procedere dritta come un ariete ed usare la forza bruta.
Il pericolo principale in un approccio del genere è che la FED col tempo si trovi ad essere l'unico acquirente di buoni del tesoro a lungo termine. In Inghilterra, quando la BOE (la banca centrale inglese) ha imboccato la strada del "quantitative easing", poche settimana fa, si è trovata ad avere, durante le operazioni di acquisto, un "bid to cover" di 7,35. In sostanza per ogni buono del tesoro che la BOE era disposta a comprare il mercato ne offriva 7,35. Gli investitori - e gli speculatori che ne avevano fatto incetta prevedendo in anticipo le mosse della BOE - hanno scaricato in massa i buoni del tesoro inglesi. Nulla di drammatico per il momento, ma se questo trend dovesse continuare, la BOE si troverebbe presto impantanata in una situazione estremamente scivolosa. Altra conseguenza negativa del "quantitative easing" è stata il drastico calo della domanda per tutti quei buoni del tesoro che non rientrano tra i tagli acquistabili dalla banca centrale inglese. I buoni del tesoro inglesi che scadono a Marzo del 2014 ad esempio, hanno avuto un bid to cover di 1,45, il minimo dal 2005.
Il deficit fiscale USA, previsto per questo anno, ammonterà a circa 2 trilioni di dollari. Facendo una semplice divisione, gli Stati Uniti saranno obbligati a vendere 160 miliardi di dollari in buoni a varie scadenze ogni singolo mese. 300 miliardi rischiano di essere una cifra insufficiente se la fuga degli investitori esteri dai buoni a lungo termine dovesse continuare. Se così fosse, Ben sarà inevitabilmente costretto ad aumentare l'impegno economico della FED, dato che un suo eventuale ritiro - quindi la scomparsa dell'acquirente di ultima istanza - rischierebbe di produrre una dislocazione sul mercato dei buoni del tesoro, in grado di far schizzare alle stelle i rendimenti e gli interessi sui debiti collegati.
Un mezzo Armageddon finanziario.
Anche nell'eventualità di un aumento progressivo degli acquisti da parte della FED che superi il limite annunciato di 300 miliardi, se la pressione prodotta dalla fuga degli acquirenti esteri superasse una soglia critica, non vi sarebbe stampar di moneta da parte della Federal Reserve, in grado di evitare una dislocazione.
Questo è lo scenario da fine dei tempi che toglie il sonno, da un paio di anni a questa parte, a Karl Denninger (trovate il suo blog nel mio blog roll).
Una possibilità che personalmente reputo remota allo stato attuale, ma tutt'altro che impossibile.
Altri osservatori invece, sono preoccupati da una possibilità quasi opposta: che tutta questa creazione di denaro possa produrre nel tempo una galoppante inflazione che culminerà in una devastante e terminale iper inflazione.
Sono molto scettico a riguardo. E' vero che la capacità di inflazionare il mercato di una banca centrale è teoricamente infinita. Essa ha il potere di creare tutto il denaro che vuole e sparpagliarlo in giro in 1000 modi differenti. Nella realtà però, esistono dei limiti varcati i quali, un economia come quella americana si auto-distruggerebbe ben prima che una reale iper inflazione possa prendere piede.
Intanto, in casi come questo non si tratta mai di sistemi chiusi. Anche volendo inflazionare l'economia, quanta di questa inflazione si riverserebbe negli stipendi della gente? In altri termini, se la maggior parte dei beni di consumo vengono prodotti dai paesi emergenti, quanta dell'inflazione prodotta dalla FED si riverserebbe negli stipendi degli americani e quanta confluirebbe all'estero?
Del resto, da quasi 20 anni a questa parte l'intero sistema si è basato sull'esportazione dell'inflazione USA in Cina e nei paesi emergenti. Dato che la produzione avveniva in quei luoghi anche il denaro vi confluiva invece di infilarsi nelle tasche degli americani andando ad incentivare la produzione industriale locale e la creazione di ricchezza negli Stati Uniti. La crisi attuale non ha ancora cambiato questa situazione. Le industrie non sono state rilocalizzate negli USA e neppure sono comparse (ancora) sostanziali barriere commerciali nei confronti della Cina. Considerando quanto gli USA dipendano da essa come acquirente di buoni del tesoro, non è neppure detto che ne vedremo entro breve. Nel caso accadesse, ciò equivarrebbe ad una vera e propria dichiarazione di guerra commerciale, una misura possibile, ma che puzzerrebe tanto di ultima spiaggia.
Se il resto del mondo seguisse l'esempio di Bernanke con il "quantitative easing", forse l'andamento ricorderebbe più da vicino quello di un sistema chiuso, ma sebbene alcuni dei principali stati si siano lanciati a stampare denaro, all'appello mancano ancora fondamentali soggetti come la UE e la Cina. Inoltre, anche stampare qualche trilione qua è la, non può bastare a compensare una distruzione globale di capitalizzazione pari a 35 trilioni di dollari e la poderosa contrazione del credito a cui stiamo assistendo.
A questo va aggiunto l'effetto che l'aumento della disoccupazione, il pessimo andamento generale dell'economia e la distruzione dei valori di borsa sta avendo sull'atteggiamento della popolazione. La propensione a spendere è in costante declino mentre quella a risparmiare è in aumento. Purtroppo propensione a parte - come illustra Mish in uno dei suoi ultimi post - da una recente ricerca risulta che il 50% dei cittadini USA si trovi a due stipendi di distanza dal collasso economico (negli Stati Uniti si tratta di un mese) mentre il 28% non riuscirebbe a tirare avanti per più di 2 settimane senza salario. Il 57% degli intervistati inoltre, afferma che spenderà meno rispetto al passato nel corso di quest'anno e nessuno di quelli contattati si dice intenzionato ad aumentare le proprie spese.
Per riuscire a spremere una popolazione indebitata e completamente restia a consumare ed esporsi ulteriormente, Ben dovrebbe far correre l'inflazione così velocemente, da produrre, ben prima di aver ottenuto il risultato sperato, la resa dell'intera economia. Se in futuro vi saranno significativi effetti inflattivi saranno schizofrenici e localizzati. Alcuni beni aumenteranno di prezzo, ma senza che questo produca delle ricadute sostanziali sull'inflazione generale o segnali una reale ripresa dell'economia.
L'oro probabilmente continuerà a rafforzarsi considerato quanto gradisca lo stampar di moneta. I rendimenti sui buoni USA sono destinati a diminuire. Alcuni si dicono certi che la FED non si limiterà ad acquistare il lungo termine, ma comprerà buoni a tutte le scadenze. Staremo a vedere. Il dollaro probabilmente continuerà a dare segni di debolezza ed il petrolio potrebbe realisticamente apprezzarsi, anche se esso nella situazione odierna non svolge più quella funziona di "hedge" contro l'inflazione a cui assolveva la scorsa estate. Per esso tutto dipenderà dall'economia reale. Nuovi cali di borsa che segnalino un perdurare delle difficoltà e una diminuzione della domanda industriale, affosseranno il valore dell'oro nero.
Proprio dal punto di vista dei listini, la decisione presa dalla FED non avrà probabilmente un impatto così significativo. Il Giappone può fornirci una lezione a riguardo, come fa presente Rosenberg nel suo rapporto. Quando la banca centrale Giapponese cominciò con il "quantitative easing" a Marzo del 2001, il Nikkei stava a 12190. L'indice salì di un buon 20% nel corso dei due mesi successivi, arrivando a toccare un massimo di 14529 il 7 Maggio del 2001. Nel giro di altri quattro mesi il Nikkei tornò a quota 12000. La sua discesa prosegui nel 2002-03 fino a arrivare, a metà del 2003, a quota 8900, 30% sotto il livello a cui stava quando venne introdotto il QE.
La contrazione del PIL ed il crollo dei guadagni delle aziende - pari al un 30% anno su anno nel 2001 - ebbero la meglio sul transitorio effetto positivo, prodotto dal "quantitative easing" della banca centrale giapponese.
Vi è un detto tra chi gioca in borsa che suona più o meno come: "non metterti contro la FED". In sostanza, non va mai sottovalutata la capacità di un entità come la Federal Reserve di influenzare il mercato, in particolar modo nel breve periodo, ma sul medio-lungo termine c'è poco che la Fed possa fare se i fondamentali dell'economia giocano contro. Ed ora come ora, i fondamentali non preannunciano nulla di buono.
La decisione presa mercoledì da Ben Bernanke e i signori dell'FOMC, rappresenta l'ultima cartuccia a disposizione della FED (a parte stampare denaro per acquistare direttamente azioni) e sembra indicare, la precisa volontà di trasformare la Federal Reserve in ciò che la BOJ (bank of Japan) fu durante il periodo definito "il decennio perso". Qui non si tratta più di prendere tempo, perché il tempo di solito è necessario quando si vuole ponderare con calma una possibile strategia risolutiva.
Prender tempo sperando in un miracolo è la strategia ora come ora, così come lo fu per il Giappone allora.
Alcuni affermano che Ben abbia caricato quest'ultima cartuccia e si sia infilato la canna della pistola in bocca. Altri che la canna sia rivolta alla tempia di una popolazione super indebitata e che esprima la muta minaccia: "spendete, consumate, indebitatevi ancora e per carità non pensate assolutamente di risparmiare".
Resta ancora una volta, l'impressione di essere in mano ad un armata brancaleone, impegnata a sparare colpi nel buio nella speranza che uno di essi centri il bersaglio giusto.
Ma se la FED, con l'ultima manovra avesse veramente esaurito le munizioni a sua disposizione, cosa si potrà mai inventare in futuro il vecchio Ben per stupirci?
PS:
Obama ha promesso che domani, i dettagli del piano di Geithner per la gestione degli assets tossici in pancia alle banche, verrano finalmente rivelati al mondo. Abbastanza è già trapelato da scatenare reazioni disgustate da parte di diversi economisti (potete leggere qua cosa ne pensa Krugman e qua l'opinione di Yves Smith). A riguardo ho già detto abbastanza. Mi limiterò ad aspettare la spiegazione di Obama (o Geithner se Obama ha ancora il fegato di farlo parlare in pubblico) con un pacchetto di popcorn in mano.
7 commenti:
mi scuso qui, e se ritieni troppo invasivo il fatto che riporti qui quanto appena inserito sul tuo post precedente (è un po più lungo), cancellalo pure, non mi offendo, capisco di essere eccessivo, ma per illustrare in modo organico il mio pensiero, non riesco a farlo più ridotto.
Ho letto l’ultima intervista a Noriel Roubini, e, benché affascinato dalla sua estrema chiarezza sono molto perplesso sulla sua visione “politica”.
Quello che traspare da tale intervista è una visione “congelata” sul modello economico ante crisi, come se anche per lui fosse inevitabile, direi scontato, che l’unico modello economico/sociale sia quello nel quale stiamo vivendo, anzi più precisamente, abbiamo vissuto sino all’anno scorso.
Tutto il suo discorso è incentrato quindi sul come far ripartire il credito, come far ripartire la crescita del PIL, come far ripartire i consumi, ammettendo che comunque le azioni da fare per ottenere questo bel risultato saranno molto dolorose, e aggiuntive rispetto a quanto già sofferto oggi ….
Non solo dovremo abituarci a molta gente che perderà il lavoro, ma l’aumento del debito degli stati, ricadrà sui loro cittadini, caricandoli ulteriormente di tasse per avere meno servizi.
Adesso, dato che io non sono d’accordo che questo sia un “inevitabile destino”, vorrei partire dalla origine della crisi, per sviluppare il pensiero su dove vorrei che si arrivasse.
Come scriveva bene, alcuni giorni fa qualcuno, la teoria dei “cicli” economici, che si sviluppano in quattro fasi, sono diventati una costante storica, e non sto a ripeterla.
Quel che vorrei mettere in discussione è il fatto che sui debba continuare a viverli acriticamente.
Nella fase della crescita, le banche hanno una parte fondamentale da assolvere, cioè quella di creare l’illusione che si possa disporre di risorse (ricchezza, denaro) senza prima doverle risparmiare, senza cioè doversi privare a priori di una parte di quanto guadagnato.
Attenzione che non è solo una illusione. Il credito c’è, anche a buon prezzo, disponibile. Chi chiede credito ha fiducia nel sistema bancario, e il sistema bancario guadagna prestando denaro che non ha, ma che può garantirne il valore.
Il fatto di poter acquistare un bene oggi, chiedendo un prestito, anziché dopo un tempo passato a risparmiare, mano a mano che tale filosofia si insinua e poi prevale nella testa della gente, accelera i consumi. Che poi i debiti vadano pagati, oltretutto maggiorati, non cambia l’attrazione che tale sistema esercita sugli individui in modo via via maggiore. E non solo sugli individui, ma anche sulle società.
Molto importante notare che il sistema bancario può solo imprestare denaro SE QUALCUNO lo richiede, e, altro fattore importante è che più soldi impresta e più guadagna. Il suo interesse sarà quindi fare in modo di imprestare sempre più denaro. Ecco quindi come il ciclo di crescita si autoalimenta:
la crescita da fiducia, ci si indebita, si acquista, questo spinge la produzione a produrre di più e più cose nuove, che aumentano i desideri, spingono a indebitarsi per soddisfarli subito, ecc…
tale ciclo inizia a rallentare quando le persone indebitate, dovendo restituire i prestiti, si trovano con sempre minore ricchezza disponibile.
Un fattore estremamente importante, è da notare, è la pubblicità che spinge con messaggi più o meno inconsci, a desiderare sempre più e sempre nuove cose.
Ma quando le risorse calano, per effetto sia dell’aumento dei prezzi (inflazione), sia dell’impegno finanziario costituita dalla riduzione del reddito disponibile, allora i prezzi tendono prima a stabilizzarsi, poi a diminuire. E si entra nelle fasi negative.
Quando si è conclusa l’ultima fase di crescita spinta dalla “new economy” si è avuto il trauma dell’11 settembre.
Far proseguire l’economia verso le sue naturali fasi negative, era quasi dare soddisfazione al terrorismo, pertanto si forzò un altro ciclo inondando letteralmente i mercati di liquidità.
Ma questo ebbe anche due importanti corollari.
Non potendo elevare all’infinito la leva finanziaria, le banche ricorsero ad un espediente per poter continuare ad allargare il credito. Impacchettarono i crediti in certificati smerciabili e li vendettero sul mercato cedendo quindi ad altri il rischio connesso all’eventuale non restituzione del prestito.
Tali titoli si fregiarono fraudolentemente di candide triple A, finendo così di esser riacquistati dalle banche ma immessi nel capitale di garanzia raggiungendo il paradosso di garantire crediti con altri crediti.
Questo però non bastò, ci si misero pure i CDS con i quali si poteva assicurare anche ciò che NON si possiede, e diventando così una stimolazione per la delinquenza.
Titoli quindi incerti, finiti nel capitale di garanzia, dal valore ancora più incerto, e dal rischio ignoto.
Le banche moltiplicavano così i loro utili, disseminando il mercato delle famose “salsicce avvelenate”.
Ma anche questo, come tutte le illusioni di aver trovato la cornucopia della ricchezza rallentò poi si fermò.
La gente si trovo indebitata a livelli insostenibili, e quindi il gioco si fermò.
Il virus che determina l’accelerazione del ciclo di crescita verso il suo esaurimento è proprio la concessione del credito. Esso è sponsorizzato dal sistema bancario in due direzioni. La prima verso il consumatore che abbrevia sempre più il tempo di attesa verso nuovi prodotti, indebitandosi e saltando così la fase del risparmio. La seconda verso il sistema produttivo, in quanto la crescente domanda richiede aumenti di produzioni non finanziabili dai ricavi precedenti, pertanto realizzabili solo con l’indebitamento. Notare che anche in questo caso, l’indebitamento abbassa il profitto della produzione a favore del sistema bancario, fino a che si produce solo più per far guadagnare le banche mediante gli interessi sui debiti.
Notare pure che come effetto collaterale dell’immissione di “disponibilità” sul mercato porta a fenomeni inflattivi, e sovente non generalizzati ma concentrati su una categoria o poche categorie di beni. Le azioni, e in particolare quelle della new economy, scoppiata quella bolla, partì quella dell’immobiliare, vedremo quale sarà la prossima.
Il fatto che l’inflazione si concentri su poche categorie di beni è propedeutico ancora al sistema bancario, in quanto l’inflazione è un male per i creditori. Comunque, per prevenire il pericolo inflazione, ormai le banche puntano molto o su crediti a breve scadenza oppure su crediti indicizzati.
Visto che il male che accorcia la vita della fase positiva dei cicli positivi è proprio il credito, uno dei modi per combattere la morte precoce di tali fasi, sarebbe proprio di limitare il credito, condizionandolo ad una percentuale non superiore al 50% del necessario. In tale modo si forzerebbe il risparmio, raffreddando la crescita, e diluendo tale crescita nel tempo, con il vantaggio collaterale di non sovraccaricare mai il debitore di eccessivi interessi.
Ma l’arma maggiore sarebbe quella di raffreddare le aspettative ed i desideri dei consumatori.
Appurato che ormai il necessario per la sopravvivenza è quasi generalmente acquisito e che i nuovi prodotti che costituiscono i nuovi mercati, non sono indispensabili, andrebbe controllata la pubblicità, vero veicolo per stimolare i consumi.
Secondo me la pubblicità dovrebbe essere solo più informativa. Significa che un prodotto andrebbe mostrato solo ed esclusivamente elencando le sue caratteristiche reali, e per un tempo limitato, sufficiente a farne conoscere l’esistenza ai potenziali consumatori.
Andrebbe abolita invece ogni forma di convincimento subliminare. Se io mostro un uomo cui si accostano donne provocanti e vogliose, e faccio intendere che quello è il risultato di un certo profumo, non stò descrivendo il profumo, ma sto suggerendo che l’uso di quel profumo rende l’uomo attraente. Se mostro una bella ragazza ad accarezzare una certa auto, suggerisco in modo subliminare che chi possiede quell’auto avrà successo con le ragazze, ecc….
Ecco questo tipo di pubblicità, peraltro anche ingannevole, andrebbe assolutamente vietata, ammettendo solo quella che descrive il prodotto, senza riferimenti ne espliciti ne impliciti alle possibili e ipotetiche conseguenze che tale prodotto potrebbe avere.
Quindi riduzione degli stimoli verso nuovi “desideri”.
Credito, pubblicità, quindi e infine lavoro.
Nel settore lavoro comincerei col vietare ogni attività retribuita superata l’età pensionabile.
Come una persona può accedere alla pensione deve smettere ogni attività retribuita. Questo non vuol dire “ogni attività” ma vuol dire ogni attività con scopo di lucro.
L’esperienza di una persona che desideri continuare l’attività la deve fare come “affiancamento” di persone responsabili di tali attività, come supervisore, consulente, maestro, ma non più come responsabile e non più dietro alcuna forma di compenso.
Mentre abbiamo giovani bloccati nelle fasce basse della responsabilità aziendale troviamo settantenni o anche ottantenni nelle funzioni dirigenziali. Questo invecchiamento delle alte cariche è un grosso freno sia all’innovazione, sia alla fantasia verso nuove soluzioni. Una adeguata istruzione può essere un freno più che sufficiente al ripetere errori del passato, ma gli errori del passato non devono condizionare al provare dei cambiamenti. Ricordo che i miglioramenti sono solo ed esclusivo frutto del cambiamento. Anche gli errori. Ma se escludiamo gli errori passati come cultura del passato, restano quelli frutto di ipotesi o prove errate. Io sono disposto a correre il rischio di qualche errore, peraltro correggibile nel momento in cui ci si accorga di esso, pur di aprire anche alla possibilità di miglioramenti.
Limitando la possibilità di investire proficuamente, dopo averli generati, surplus eccessivi di “guadagno”, ecco che potrebbe esser più facile orientare i miglioramenti produttivi verso una diminuzione dell’impegno lavorativo, anziché un compenso del capitale, puntando così a privilegiare l’aspetto umano rispetto all’aspetto di soggetto economico dell’uomo.
In parole povere, se l’obiettivo fosse quello di ridurre i consumi, utilizzando maggiormente i beni prodotti, evolvendoli verso prodotti più robusti e più a lungo utilizzabili (questo appunto dopo aver tagliato le gambe alle mode, con la limitazione delle pubblicità), è inevitabile che si dovrebbe pensare di produrre di meno.
Ma produrre meno senza abbassare la possibilità di reddito, non più per destinarlo ai consumi ma al risparmio, per poter ricostituire quel rapporto corretto tra mezzi propri e mezzi a credito.
Questo vorrebbe quindi dire meno ore di lavoro a parità di stipendio, senza preoccuparsi troppo del prezzo finale visto che la componente “lavoro” è sempre e comunque inferiore al 50% del prezzo finale.
Le altre componenti verrebbero comunque “tenute a bada” dalla perdurante scarsità di richiesta.
Per questo occorre quel salto culturale necessario a imporre le 25 ore settimanali come base contrattuale, ma non in un solo paese, ma in tutti i paesi, almeno a quelli prevalentemente industriali.
Utopia ? beh potremmo anche esser “costretti” a prendere in considerazione un simile modello per uscire da questa crisi verso un modello “diverso” che non ricalchi sempre e solo l’esperienza disastrosa del passato.
sei semplicemente fantastico.
ha una maniera di scrivere le cose ke solo i grandi (veri) sanno fare.
un modo che puo essere compreso da tutti e allo stesso tempo illuminante
Non mi è chiaro perchè non credi ad un probaile aumento generalizzato dei prezzi o meglo perchè ritieni che non riescano a perpetrare una forte politica inflazionistica. In fondo credo che sarebbe la strada migliore per i politici di cercare di mantenersi "in sella". L'alternativa (default del sistema) mi sembrerebbe molto più "ingovernabile".
Come mai credi che non riescano a perpetrare una forte politica inflazionistica "azzerando" debiti dei diversi stati (essenzialmente diritti acquisiti dalla popolazione ad oggi)?
per FB.
una forte politica inflazionistica è quello che stanno cercando di fare oggi, e pare con scarsissimi risultati perchè per aumentare il "circolante" occorre che qualcuno i soldi li chieda alle banche, e, tranne che per aziende che chiedono, non per investire, ma per restare vive sperando in una ripresa a breve, non ci sono possibili nuovi creditori (pronti a soddisfare i requisiti di solvibilità richiesti) all'orizzonte.
in secondo luogo, l'inflazione non conviene mai al sistema bancario perchè riduce i suoi guadagni come creditore di capitali che si svalutano in valore reale.
la possibilità che uno stato vada in default c'è sempre, ma non è, per quello stato, l'opzione più conveniente, soprattutto se è uno stato che non è autosufficente e quindi "vive" sugli scambi con altri stati.
Forse mi sono perso qualcosa per strada, ma, pur essendo contento che il piano Obama abbia scatenato tanta euforia, non penso di aver capito il senso di questa super manovra, e, soprattutto come possa risolvere la crisi. E mi spiego.
Invece di acquistare i famosi asset tossici che non si capisce bene se siano nel capitale di garanzia o nella riserva, la FED, finanziata eventualmente con emissione di bonds da parte del tesoro (tanto per dividere equamente il carico), avesse semplicemente garantito qualsiasi tipo di insolvenza, sia verso altre banche, sia eventualmente verso il pubblico, stesso discorso per AIG, accumulando quanto erogato su e calcolandoci sopra un interesse pari al tasso di sconto fino alla restituzione, anche fatta gradualmente, non sarebbe stato più semplice ed anche più economico?
Perché ricostituire i capitali a spese dei contribuenti ?
Come misura aggiuntiva si sarebbe potuto vietare distribuzione di dividendi agli azionisti e bonus o premi ai dipendenti, fino alla completa restituzione di quanto avuto.
Una volta garantiti contro l’insolvenza, il ricostituirsi il capitale sarebbe quindi stato compito della banca stessa.
Ma vediamo il secondo punto.
La crisi è stata causata dalla cessione della responsabilità sui prestiti da parte delle banche ai possessori dei famosi certificati più o meno tossici, dentro cui impacchettavano i crediti per rivenderli sul mercato.
Privati, aziende, anche stati, si erano abituati a crediti estremamente facili, mutui che coprivano addirittura più del 100% del valore di quanto acquistato, e via dicendo.
Ora delle due l’una. O si vuole permettere alle banche di continuare questo giochetto disastroso e finire velocemente in una prossima crisi, o si vuole riresponsabilizzare le banche costringendole a mantenersi il rischio legato ai prestiti concessi.
In questo secondo caso, si tornerebbe alla gestione precauzionale tipo 15 anni fa. Ma i creditori, abituati al credito facile, non vedrebbero risolto il loro problema.
Pertanto la situazione di crisi dell’economia non verrebbe toccata minimamente.
Ripeto, mi sono perso qualcosa ???
Inoltre non ho sentito nemmeno un bip riguardo ai CDS che, concepiti come sono attualmente sono un’autentica istigazione a delinquere, o almeno a far volgere nel peggior modo possibile, ogni forma di credito.
Ripeto, mi sono perso qualcosa ???
dopo aver sparato a palle incatenate sul piano Obama, mi sono ricordato di una cosa sulla quale è sceso il silenzio.
GM oggi quota 3,18$ ed entro la fine del mese, come Crysler, dovrà o rendere i soldi avuti a dicembre, o averne altri, o fallire.
i riflettori puntati tutti sul super-piano hanno oscurato questo problema che, credo invece, rappresenti uno dei nodi maggiori da sciogliere.
notizie ???
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