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giovedì 30 ottobre 2008

Provaci ancora Ben

Come tutti avevano già dato per scontato oggi il vecchio Ben ha deciso di tagliare i tasso di interesse dello 0,5% portandolo all'1%. Venerdì la banca centrale Giapponese probabilmente taglierà il proprio tasso di interesse portandolo allo 0,25% dallo 0,5% attuale. Trinchet ha già detto che alla prossima riunione della BCE anche il tasso Europeo verrà abbassato ed in Inghilterra Charles Goodhart, membro fondatore del comitato per le politiche monetarie della banca centrale inglese, ha suggerito che potrebbe rivelarsi necessario portare il tasso di interesse allo 0% (da che esiste la banca centrale inglese, 1694, il tasso di interesse non è mai sceso sotto il 2%).

Si preannuncia una vera e propria orgia di tagli.

I paesi in via di sviluppo invece, nel tentativo di frenare la fuga di capitali i tassi li stanno alzando, come l'Ungheria che ha aumentato il tasso di interesse del 3% portandolo all'11,5% la scorsa settimana. Il paese dell'est Europa ha appena accettato un pacchetto di salvataggio da parte dell'FMI, con la collaborazione dell'Unione Europea e della Banca Mondiale per un ammontare complessivo di 20 miliardi di euro. l'Islanda ha portato il tasso di interesse al 18% aumentandolo di un modico 6% nottetempo. La manovra islandese viene descritta come inaspettata dalla maggior parte della stampa, ma corre voce che sia stato l'FMI ad obbligare l'isoletta del nord a questo improvviso aumento ottenendolo come contropartita del prestito da 2 miliardi di dollari da esso erogato.

Questa voce sta spaventando diversi paesi che potrebbero avere presto bisogno di prestiti da parte dell'FMI. La Turchia ad esempio, benché si trovi in una situazione economica sempre più precaria ha dichiarato di non aver bisogno di aiuti o di ingerenze esterne. Più o meno quello che diceva il Pakistan prima di essere costretto a capitolare e a rivolgersi a testa china al fondo monetario internazionale. Secondo la Germania il Pakistan deve ottenere un prestito entro la settimana se si vuole impedire che la situazione nel paese collassi.

Alla fine, tra una manovra e l'altra, l'FMI si è trovato ad aver impegnato più di un quarto dei 200 miliardi di dollari a sua disposizione aprendo un dibattito tra i paesi membri su come fare per rimpinguare la cassa del fondo. Gordon Brown, il primo ministro inglese ha dichiarato che devono essere gli stati che partecipano al fondo ad aprire il portafoglio. Sarkozy si è mostrato d'accordo ed i due, uniti, hanno tirato in ballo la Cina e gli stati del Golfo Persico invitandoli a partecipare impegnando più soldi.

Intorno a questo problema sta girando anche un altra e più preoccupante idea. Viene definita "opzione nucleare". In sostanza l'FMI potrebbe decidere di mettersi semplicemente a stampare denaro, trasformandosi in una sorta di banca centrale mondiale. Ad esempio l'FMI stesso ha il potere di emettere delle obbligazioni con rating AAA e recuperare così capitali sul mercato. Anche se questa opzione non è mai stata adottata in passato la gravità della situazione attuale potrebbe richiedere un eccezione.

Oggi intanto è stata annunciata dal Fondo Monetario Internazionale, la creazione dell'ennesima facility, l'SLF (Short-Term Liquidity Facility), il cui compito sarà quello di fornire prestiti a breve termine a paesi che possiedano un economia solida, ma che momentaneamente si ritrovino con dei problemi di liquidità. Il caso ad esempio della Corea del Sud e del Brasile. Ogni paese potrà ottenere prestiti per un importo pari a 500 volte la propria quota di partecipazione nell'FMI stesso.

La creazione dell'SLF sembra proprio rispondere alle paure di ingerenza che nutrono diversi stati. In sostanza l'FMI garantisce che chi si rivolgerà alla nuova facility non si vedrà avanzare richieste di adeguare la propria economia conformandola alle condizioni che normalmente il Fondo Monetario Internazionale impone, mentre nei confronti di quelle economie che il fondo ritiene abbiano bisogno di aggiustamenti strutturali esso adotterà le solite strategie: prestiti in cambio di riforme.

Anche la FED oggi è intervenuta sul mercato internazionale, istituendo delle swap line con la banca centrale Messicana, Brasiliana, Sud Coreana e di Singapore in modo che esse possano emettere direttamente dollari per un importo di 30 miliardi l'una e soddisfare la crescente domanda interna di valuta americana.

A tutti questi fattori che di certo hanno aumentato la liquidità complessiva nel sistema, si sono aggiunti gli interventi monetari delle banche centrali, prima fra tutte quella Giapponese che ha cercato di contenere il rialzo dello yen in ogni modo e, come rivela un articolo su Bloomberg, l'effetto ottenuto all'apertura della facility istituita dalla FED per l'acquisto di commercial paper (debito a breve termine emesso dalle aziende). Essa ha prodotto un aumento di 10 volte nella vendita di cp, portando l'ammontare venduto lunedì a 67,8 miliardi di dollari contro una media di 6,7 miliardi della settimana prima. Questo ha ridato un po' di fiato alle aziende, anche se per ora l'unico vero compratore rimane la FED.

La risposta delle borse a questa serie di interventi è stata un euforica cavalcata al rialzo che ha spinto diversi analisti a dichiarare che finalmente sia stato raggiunto il fondo. Ora il mercato può cominciare la sua trionfale risalita, raccontano.

Francamente non capisco di che fondo stiano parlando. Anche senza considerare tutti gli interventi a sostegno della borsa, solo un numero come quello fatto dalla Porsche con la Volskwagen è in grado di produrre un rialzo artificiale dei listini. Ho passato una mattinata a chiedermi cosa stesse succedendo al dax (l'indice tedesco) che potesse giustificare un suo aumento percentuale in doppia cifra mentre il resto dei listini Europei ondeggiavano tra il 2% e il 3%. Poi si è scoperto che la Porsche aveva accumulato segretamente quote della VW arrivando ad aumentare la sua partecipazione fino al 75%. La notizia ha gettato nel totale scompiglio diversi Hedge Funds che avevano shortato (scommesso al ribasso) il titolo Volskwagen, puntando sul fatto che le aziende automobilistiche sono tra le più colpite dalla crisi attuale, come dimostrano gli orrendi dati di vendita. La manovra della Porsche ha prodotto il rafforzamento del titolo Volskwagen e questo ha costretto gli Hedge Funds, in un ondata di panico, a comperare improvvisamente ed in massa azioni VW per coprire le loro shorts (short covering), ma dato che il 75% delle azioni era in mano alla Porsche e un altro 2o% di proprietà dello stato della Bassa Sassonia, rimaneva solo poco più del 5% di azioni disponibile sul mercato.

Il risultato è stato un aumento, negli ultimi due giorni, del titolo VW di un 80% al giorno, facendolo passare da 210 euro a più di 1000 euro.

Una bella trappola fatta scattare nei confronti degli Hedge Funds probabilmente con l'approvazione del governo tedesco che non ha mai nutrito grande amore per quelli che definì un branco di locuste. In un altro paese sarebbe stato illegale per un azienda accumulare tutte quelle quote in segreto senza dover lanciare un opa, in Germania invece è tutto perfettamente legale. Il dax che per un quarto dipende dal titolo VW è letteralmente volato.

Si dice che molti fondi, la stessa Goldman, la Morgan Stanley e la Societe Generale siano usciti massacrati da questa scommessa e si siano gettati poi sul mercato americano a comperare per rifarsi delle perdite, scatenando ulteriori short covering. Ovviamente gli ultimi rialzi non dipendono unicamente da questo avvenimento, ma quello che è accaduto con l'operazione intorno alla VW è un ottima dimostrazione del clima di volatilità che si respira in borsa.

Anche ad un analisi superficiale mi pare evidente che non esistano elementi strutturali in grado di giustificare il ritornello degli analisti sul fatto che saremmo arrivati al fondo. Durante l'ultima recessione seguita allo scoppio della new economy Wall Street perse metà del suo valore. All'epoca i consumi della popolazione non si ridussero in maniera significativa. Attualmente la crisi non si è limitata a colpire il comparto finanziario: è l'intera popolazione ad essere costretta a ripagare i suoi debiti e a ridurre drasticamente i consumi. Wall Street, ha per ora perso solo il 40% dall'ultimo picco, troppo poco perché sia credibile l'uscita dal tunnel. Per quella occorreranno anni se tutto va bene e se i governanti e i banchieri centrali la smetteranno con certe trovate.

Un taglio dei tassi americani all'1% lo abbiamo già visto tutti, così come un tasso di interesse giapponese prossimo allo 0%. L'ultima volta ci hanno regalato la bolla immobiliare ed il carry trade. Questa volta non si scorgono bolle in giro da gonfiare a parte quella sui buoni del tesoro americani ed aspettate che scoppi quella, poi si che ci sarà da ridire. Con un deficit che il prossimo anno supererà i 2 trilioni di dollari il tesoro americano dovrà fare i salti mortali per non dichiarare bancarotta. Secondo Bloomberg il tesoro sta pensando di re-introdurre i buoni a scadenza triennale e di vendere più bot a lungo termine per sopperire alla necessità di finanziamento.

Pagare debiti facendo ancora più debiti non ha mai funzionato granché, per cui probabilmente gli Stati Uniti cercheranno di diminuire l'entità dei loro debiti svalutando il dollaro.

Un film già visto.

Non credo che gli attuali tagli ai tassi produrranno effetti sostanziali se non qualche breve rialzo dei listini. Non riusciranno a re-inflazionare il mercato creando altre bolle, perchè non è rimasto più nessuno su cui basarle. Il massimo che gli USA potranno fare sarà cercare di monetizzare il debito, distruggendo lentamente nel processo la loro l'economia. C'è chi, come gli analisti politici di Europe 2020, prevede che nell'estate del 2009 gli USA smetteranno semplicemente di ripagare il proprio debito. Francamente ne dubito. Resto dell'idea che monetizzeranno, il risultato finale dell'operazione è lo stesso, ma richiede più tempo raggiungerlo.

Non illudetevi quindi. Questo ultimo valzer di interventi riuscirà solo a peggiorare ulteriormente la situazione. Tagliare i tassi in questa maniera equivale a cercare di curare un alcolizzato fornendogli altro alcool.

La solita sceneggiatura che si ripete, con il solito finale. Alla lunga o moriremo o ci dovremo disintossicare.

Riguardo ai rialzi degli indici di borsa: se ne riparla tra 2-3 settimane.

mercoledì 1 ottobre 2008

Ma non mi dire!!!

Tra qualche giorno si esaurisce il divieto di short (le vendite al ribasso) che la SEC ha imposto sui titoli del settore finanziario, con la scusa che esse deprimessero i listini di borsa.

Scrissi qualche giorno fa cosa pensassi esattamente di quella trovata geniale. Ora un articolo di reuters descrive i lamenti di molti economisti che rimpiangono le scomparse short. Hanno magicamente scoperto che esse espletano una funziona stabilizzante sul mercato. La loro assenza non ha fatto che peggiorare i recenti crolli delle borse.

Data l'estrema ristrettezza di liquidità, resa lampante dal folle livello raggiunto dal tasso interbancario (Libor al 6,88 ed Euribor al 5,05), le short avrebbero fornito sollievo, visto che quando i titoli diventano troppo depressi gli shortisti comprano per coprire la loro posizione. Di solito gli acquisti si concentrano verso la chiusura dei mercati, dando vita alle famose cavalcate di fine seduta.

Da Reuters:
"Siamo privi di liquidità al momento e l'assenza (delle short) significa che non siamo in grado di intercettare il pugnale mentre cade" ha detto Jamie Selway, direttore del White Cap Trading un broker istituzionale di New York. "Quello che le short fanno è di fornire liquidità (attività di scambio) che eleva la qualità del mercato e che certamente riduce la volatilità.
Questo risultato era ovvio. Quello che si è notato proibendo le short è un calo drastico negli scambi. Cioè una riduzione effettiva di liquidità. In un mercato che di liquidità ha un bisogno disperato si è rivelata una mossa controproducente.

I genii che hanno partorito il blocco delle short sono gli stessi che hanno progettato il famoso piano di salvataggio di Wall Street da 700 miliardi, piano che pare sarà rivotato oggi.

Dati i suoi ideatori vi lascio immaginare come potrà mai andare a finire se esso verrà approvato.

venerdì 26 settembre 2008

Un barlume di ribellione

Come avevo previsto l'enorme pressione esercitata dall'opinione pubblica sui politici americani sta dando i primi risultati. Dopo una giornata in cui si rincorsero insistenti voci che davano ormai per certa l'approvazione del piano (che piano non è) voluto dal ministro del tesoro Paulson, ieri in serata Bush e amici, hanno dovuto ingoiare il fallimento delle trattative in corso.

Diversi politici si sono dichiarati contrari al piano, primo fra tutti il senatore Richard Shelby dell'Alabama, il più importante membro repubblicano del comitato bancario del senato. Forte di un appello firmato da più di 200 illustri economisti compattamente contrari al piano di Paulson, Shelby ha dichiarato di non concordare sulla linea tenuta dal governo e ha suggerito che sarebbe meglio adottare un piano alternativo (anche se non ha specificato quale).

Un altro duro colpo alla credibilità del duo Hank e Ben, è poi giunto dal presidente della Federal Reserve di Dallas, Richard Fisher che ha messo in guardia sulle conseguenze che la proposta governativa per il salvataggio di Wall Street potrebbe avere, dichiarando che essa finirebbe con lo "sprofondare gli Stati Uniti in un abisso fiscale".

Sorprendentemente si sta formando un fronte di protesta all'interno dello stesso partito repubblicano, mentre i democratici sembrano essere disposti ad accettare il piano con tutta una serie di modifiche che lo miglioravano solo in minima parte.

Lo dirò ancora una volta: il piano proposto da Paulson è una porcheria.

Indipendentemente dal costo finale, non riuscirà a salvare il sistema bancario, può al massimo avvantaggiare un certo numero di grandi soggetti.

Esso non affronta i problemi che sono alla base dell'attuale crisi.

Non fa nulla per far si che le banche dichiarino quanta spazzatura hanno nei loro bilanci, in modo che tutti finalmente conoscano la verità e si possa ricominciare a ricostruire la fiducia. Chi deve fallire fallirà o verrà comprato da altre banche. Chi non può fallire verrà nazionalizzato ed il valore delle relative azioni azzerato.

Il piano non nomina neanche lontanamente il mercato dei derivati OTC, cioè quelli scambiati fuori dal mercato e quindi in maniera incontrollabile. Altro che short, speculando con i cds si possono manipolare i mercati in maniera molto più efficente ed eludendo ogni controllo. Qualche giorno fa Christopher Cox di fronte al comitato bancario del senato ha affermato che, udite udite, i cds andrebbero regolati dall'autorità federale. Se non fosse che Cox è l'attuale capo della SEC e lo è stato negli ultimi 3 anni, verrebbe quasi voglia di fargli un applauso.

Complimenti Mr Cox!

E' semplicemente stato necessario che l'economia planetaria si squagliasse perché le venisse in mente che strumenti non regolati per un valore nozionale di 62000 miliardi di dollari potrebbero essere pericolosi. Fino a qualche giorno tutto bene, ora improvvisamente ha scoperto che aveva ragione Buffett a definire i derivati "armi di distruzione finanziaria di massa" e neppure è riuscito ad essere il primo la testa di Cox ad avanzare suggerimenti in questo senso, ci aveva già pensato giorni prima il governatore Paterson di New York proponendo di adottare nei confronti dei cds le stesse leggi esistenti per le assicurazioni.

Altra bestialità avvenuta sotto la supervisione di Cox e con il suo bene placido fu l'abbattimento dei limiti di esposizione per le 5, ormai scomparse, banche di investimento, limite che era fissato in un rapporto di 1:12 (un dollaro reale, in cassa, per ogni 12 di debito). Grazie all'intervento della testa di Cox, le banche di investimento hanno potuto raggiungere esposizioni di 1:30 - 1:40. Con livelli simili, finché il mercato sale si fanno un sacco di soldi, ma basta una piccola inversione perché si formi una valanga di perdite in grado di travolge tutto.

In che maniera il piano di Paulson affronta la questione dell'eccessiva esposizione del sistema bancario??

Semplicemente si scorda di farlo. Le banche facciano quello che vogliono che tanto ci pensa mamma stato a tappare tutti i loro debiti.

Per fortuna la battaglia attorno al piano è ancora aperta ed i cittadini americani stanno tutti da una parte.

Intanto sul mercato del credito si sta sviluppando un vero e proprio incubo. Le banche hanno smesso completamente di prestarsi i soldi tra loro. Le banche centrali in risposta, specialmente quelle asiatiche, hanno inondato il mondo di liquidità per impedire che la circolazione del credito crollasse troppo, ma il loro intervento sembra non sortire più grandi effetti. Anzi, qualcuno suggerisce addirittura che ormai l'effetto dei suddetti interventi stia cominciando ad essere controproducente. Le banche non si fidano delle proprie colleghe, ma hanno capito che tanto ci pensano i banchieri centrali a fornire tutto il denaro necessario.

Scelgono quindi di risparmiarsi un sacco di grattacapi e di attaccarsi direttamente alla mammella delle banche centrali per ottenere liquidità, bloccando di fatto il mercato interbancario.

Secondo David K. Levine, un economista della Washington University in St. Louis, parte dello stress che sta avvolgendo il mercato del credito è voluto. Levine uno studioso di limiti della liquidità e teoria dei giochi dice:

"Sospetto che parte di quello che appare essere un blocco del mercato dei prestiti, sia in realtà una manovra strategica da parte dei grossi soggetti finanziari che beneficerebbero dall'approvazione del piano di salvataggio governativo"

In sostanza secondo Levine è in atto una azione coordinata per forzare la mano al congresso in modo che esso approvi il piano di Paulson, piano che costituisce un regalo senza precedenti al mondo bancario. Il tutto si accorderebbe bene con le argomentazioni ricattatorie avanzate da Bernanke e il ministro del tesoro stesso nei confronti dei politici americani: o approvate il nostro progetto o gli Stati Uniti falliranno.

Ieri sera invece è fallita la WaMu.

Era ora aggiungo. La sua patetica agonia aveva ormai raggiunto livelli inimmaginabili. Vedere una banca che si trascina su se stessa, strisciando stancamente, nel disperato tentativo di non soccombere, aveva perso ogni fascino dopo qualche minuto. L'FDIC è intervenuta come al solito per rilevare la banca fallita, ma per sua fortuna e per la gioia del suo sempre più striminzito bilancio è riuscita a vendere buona parte di quel che restava della WaMu alla JP Morgan. Quest'ultima pagherà 1,9 miliardi di dollari per papparsi tutti i depositi, le filiali e i prestiti della WaMu. Un affarone anche contando i 30 miliardi di perdite che JP Morgan prevede di dover incassare sui 176 miliardi di asset basati sui mutui che erano in possesso della WaMu stessa.

La cosa curiosa è che per una volta il fallimento non è avvenuto di Venerdì.

Quale terribile evento si sarà verificato che impedisse di attendere un altro giorno per poter agire come al solito nel week end a mercati chiusi?

I più sospettosi puntano il dito anche in questo caso in direzione della casa bianca, dove si svolge il difficile dibattito intorno al piano di Paulson. Un altro fallimento bancario potrebbe invogliare i politici a cedere alle richieste della amministrazione Bush.

Altro fatterello che la stampa sembra ansiosa di ignorare, riguarda quel che si è verificato durante l'ultima seduta ONU. Praticamente i membri di tutti i paesi che hanno preso la parola hanno esplicitamente accusato gli USA di essere gli artefici dell'attuale crisi economica. Anche solidi alleati come Sarkozy e la Merkel si sono scagliati contro Bush e l'allegra gestione dell'economia che ha caratterizzato il suo mandato. I più inferociti sono i paesi del terzo mondo e quelli come l'Argentina a cui durante le proprie disgrazie finanziare gli USA suggerivano durissime ricette e controllo rigoroso del deficit, l'esatto opposto di quello che stanno facendo loro ora.

Un altra farsa è crollata.

Se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi sul fatto che certe ricette dell'FMI e della Banca Mondiale venissero imposte, non per migliorare la situazione economica degli stati in difficoltà, ma per vendere questi ultimi all'asse di potere dominato dagli USA è ormai costretto a ricredersi.

Questi atti di spudorata ipocrisia non verrano dimenticati tanto presto. E' il Washington Consensus stesso a traballare assieme al sistema bancario.

I listini delle borse di tutto il mondo oggi sono profondamente negativi, riflettendo l'incertezza sulla forma che un eventuale intervento statale a supporto del sistema bancario potrebbe assumere.

Tutti aspettano e nessuno se la sente di rischiare.

Probabilmente prima di lunedì prossimo un piano verrà approvato. La fretta è tanta. Mi auguro solo che non sia il piano di Paulson.

domenica 21 settembre 2008

Quelli che la sanno più lunga

Ieri, mi sono ritrovato a leggere un vecchio articolo del New York Times, pubblicato il 18 ottobre del 1930, articolo che tratta di un tema estremamente attuale: quello degli short seller (se non sapete cosa sono leggetevi il post precedente). Anche in quel periodo si dibatteva vivacemente dell'opportunità di abolire le short, ma nonostante fossero nel mezzo della grande depressione i regolatori di allora deciso di non farlo. Evidentemente i lunghi studi accademici di Bernanke sulla grande depresssione, argomento sui cui è ritenuto essere un esperto, lo hanno messo in condizione di saperla più lunga della maggior parte degli economisti di allora e di oggi.

Se non fosse per le date ed i nomi degli individui coinvolti, si potrebbe ritenere che l'articolo sia stato scritto ieri:

Con la depressione sugli scambi, che prosegue nonostante le recenti assicurazioni che essa sarebbe sicuramente terminata con l'arrivo dell'autunno, e con il mercato azionario calato anch'esso al di sotto dei valori raggiunti durante il drammatico riaggiustamento della scorsa estate, non ha sorpreso che sia partita la ricerca di un qualcosa di peculiare ed anomalo come causa della condizione attuale. L'uomo medio non applica una logica rigorosa nei ragionamenti che riguardano questioni di questo genere. E' stata almeno una conveniente supposizione che il business sia esitante a causa di un cattivo mercato azionario, e la stessa Wall Street ha riportato, ogni giorno, come le "bear selling" (vendite al ribasso: con "bear", orso, si identificano gli operatori di borsa che puntano su un ribasso del mercato) abbiano enfatizzato gli scompensi del mercato. Da qui le richieste da parte di irritati osservatori della situazione e della malvagia influenza che simili operazioni sul mercato pruducono, perché esse vengano fermate, tramite la sospensione o la definitiva proibizione delle "short sales".

Una simile azione è senza dubbio possibile, Mr. Untermeyer ha correttamente affermato che la borsa azionaria stessa "ha al suo interno il potere di prevenire o limitare le short selling". Nonostante questa sia una delle più dure critiche che siano state fatte al macchinario della borsa azionaria, bisogna per prudenza aggiungere, che quanto una simile azione sia consigliabile "è tutta un'altra questione". Le autorità di borsa hanno lanciato un avvertimento pubblico a chi vende in maniera speculativa le azioni facendo circolate false voci, minacciando una severa azione disciplinare. Ma anche esse hanno dovuto dichiarare attraverso il loro presidente che "le normali short selling, sono una parte essenziale di un libero mercato delle securities" e che la proibizione di simili vendite "potrebbe produrre la distruzione del mercato" e potrebbe in definitiva, dimostrarsi "un prezzo troppo alto da pagare per l'eliminazione di quei pochi che abusano di una pratica legittima". Il presidente Hoover ultimamente ha discusso la questione con le autorità di borsa; ma in una successiva dichiarazione la casa bianca ha prudentemente puntualizzato che il governo non ha intenzione di inteferire nelle politiche della borsa stessa.

Perchè questa unanimità contro la prevenzione delle "short selling"? La risposta che darebbe chiunque abbia familiarità con in mercati sarebbe, che finchè il valore delle azioni può essere influenzato per quel che riguarda l'aumento del loro prezzo, da acquisti speculativi eseguiti con denaro preso in prestito, un equilibrio non potrebbe essere raggiunto a meno di non permettere la vendita di azioni tramite la presa in prestito delle stesse. Entrambe le pratiche si prestano ad abusi, ed è compito delle autorità di borsa prevenirli. L'abuso del "bidding up the market" (scommettere al rialzo del mercato) attraverso una speculazione basata sui debiti dei brokers è spesso non riconosciuta dal pubblico, sebbene i suoi perversi risultati dovrebbero essere ragionevolmente evidenti per tutti quelli che ricordano il 1929. Eppure è semplicemente impossibile impedire il "buying on margin" (comprare a debito) a meno di non ridurre ogni transazione a dei semplici acquisti con contante -- fatto che precluderebbe una immensa parte di legittimi business. Essendo vero ciò, dovrebbe risultare evidente che la proibizione delle "short sales" esporrebbe il mercato ad estremi e pericolosi aggiustamenti sbilanciati tutti da una parte sola degli scambi. Le nostre "eruzioni" sarebbero grandemente più rovinose; la nostra ripresa con le necessarie "bear repurchases" (ricomprare le azioni che han perso valore) eliminate, molto meno accentuata. Il mercato diventerebbe una trappola per i meno smaliziati, privo di ogni protezione automatica.

Questa non è la prima occasione in cui la proibizione delle "bear sales" è stata veementemente richiesta. Dopo il panico del 1907, a seguito di circostanze che ricordano da vicino quelle esistenti oggi, pressioni per un azione simile obbligarono il Governatore HUGHES ad instaurare un comitato imparziale per investigare la questione. Il comitato non comprendeva neppure un membro della borsa; essa era composta da eminenti economisti, giornalisti, ed uomini d'affari come Mr. Horace White, Judge Samuel H. Ordway, Mr. Edward D. Page ed il professore John B. Clark della Columbia.

Nel suo unanime rapporto del 1909 il comitato stabilì che il più grande male del mercato azionario era il "piramidare" della speculazione al rialzo, sulla base di precedenti profitti ottenuti su pezzi di carta, che poi venivano utilizzati come garanzie per ancora più grandi speculazioni.

Sulla azione degli "orsi" il comitato disse:

Siamo stati sollecitati con forza a consigliare la proibizione delle short sales, non solo sulla base della teoria che sia sbagliato permettere di vendere ciò che uno non possiede, ma anche perché questa vendita finisce col ridurre il valore di mercato delle securties coinvolte. Noi non pensiamo che sia sbagliato permettere a qualcuno di vendere ciò che non possiede ora, ma che prevede di ottenere più tardi. Contratti e accordi di vendita, e consegna futura di proprietà che uno non possiede al momento della stipula del contratto, sono comuni in tutti i tipi di business. La persona che ha "venduto short" (venduto al ribasso) deve prima o poi comprare, in modo da poter restituire le azioni che aveva preso in prestito per eseguire la short sales. Il comportamento dei venditori di short, di scegliere il momento in cui i prezzi sembrano troppo alti per eseguire la vendita, ed il momento in cui essi sono troppo bassi per completare l'acquisto, serve a contenere l'aumento ed il declino dei prezzi.

New York Times, October 18, 1930, Saturday Editorial, Page 12.

Quello che si evince bene dall'editoriale del New York Times è come già all'epoca fosse ben chiaro che i problemi erano di altra natura e le short centrassero ben poco. Il comitato instaurato da Hughes disse bene quando accusò di essere il più grande male del mercato la costituzione di schemi piramidali basati sul valore inflazionato di titoli che venivano poi usati come garanzia per ottenere altri prestiti con cui speculare al rialzo e creare così delle bolle.

Dopo 80 anni abbiamo fatto il giro e siamo tornati al punto di partenza.

Oltretutto gli shortisti puri son molto pochi, anche se è facile presumere che siano aumentati negli ultimi tempi. Molti di quelli che operano delle short lo fanno per coprirsi da rischi dovuti ad altre operazioni. Ad esempio nel mercato delle opzioni i "market makers", cioè quelli che gestiscono in un certo senso il mercato, cercano spesso di avere una posizione neutra rispetto ad esso. A loro non interessa se il mercato va su o giù, semplicemente non vogliono perdere valore in base alle sue fluttuazioni. Essi guadagnano ad esempio vendendo opzioni. Se qualcuno compra delle "opzioni put" da un market makers, cioè il diritto di vendere determinate azioni ad una certa scadenza, contemporaneamente per copririsi dal rischio che questa operazione produca un calo nel valore delle azioni, il market makers apre una posizione short sul titolo in questione (così se il titolo scende davvero non perdono denaro).

Senza questa possibilità di copertura del rischio, i market makers sono costretti ad aumentare enormemente il prezzo delle opzioni che vendono per compensare le perdite che potrebbero subire. La situazione è così complicata che rischia di bloccare completamente il mercato delle opzioni. La SEC sta correndo ai ripari e sembra che potrebbe escludere dal blocco per lo meno i market makers sul mercato delle opzioni. In caso contrario lunedì esso rischierebbe di restare chiuso.

Ancora una volta si prendono decisioni affrettate e ci si trova poco dopo a dover operare eccezioni qua e là col risultato di privilegiare selettivamente alcuni soggetti particolari. Oltre ad essere un idiozia ed una truffa, il blocco delle short non servirà come non è servito quello di quest'estate a salvare le GSE o la Lehman dal fallimento. Rischia solo di creare il caos in un mercato già scosso per i fatti suoi.

Probabilmente, anche se non posso provarlo ovviamente, la proibizione di short è servita solo a prendere un po' di tempo e a far fare un bel po' di soldi ad una nuova categoria: i FOH (Friends of Hank). Nulla mi toglie dalla testa che poco prima che la scudo antishort venisse eretto un gruppo selezionato di soggetti finanziari sia stato avvertito da una bella telefonata, in modo che potesse arricchirsi grazie al rialzo che il mercato avrebbe naturalmente avuto.

Ormai è Hank the King (Hank Paulson il ministro del tesoro americano) che decide chi vive e chi muore, chi guadagna e chi perde, ma di questo parlerò più a lungo nel prossimo post.

L'unica nota positiva in tutto ciò, è che ormai quasi nessuno si azzarda più a chiamare questo casino "libero mercato".