domenica 21 settembre 2008

Quelli che la sanno più lunga

Ieri, mi sono ritrovato a leggere un vecchio articolo del New York Times, pubblicato il 18 ottobre del 1930, articolo che tratta di un tema estremamente attuale: quello degli short seller (se non sapete cosa sono leggetevi il post precedente). Anche in quel periodo si dibatteva vivacemente dell'opportunità di abolire le short, ma nonostante fossero nel mezzo della grande depressione i regolatori di allora deciso di non farlo. Evidentemente i lunghi studi accademici di Bernanke sulla grande depresssione, argomento sui cui è ritenuto essere un esperto, lo hanno messo in condizione di saperla più lunga della maggior parte degli economisti di allora e di oggi.

Se non fosse per le date ed i nomi degli individui coinvolti, si potrebbe ritenere che l'articolo sia stato scritto ieri:

Con la depressione sugli scambi, che prosegue nonostante le recenti assicurazioni che essa sarebbe sicuramente terminata con l'arrivo dell'autunno, e con il mercato azionario calato anch'esso al di sotto dei valori raggiunti durante il drammatico riaggiustamento della scorsa estate, non ha sorpreso che sia partita la ricerca di un qualcosa di peculiare ed anomalo come causa della condizione attuale. L'uomo medio non applica una logica rigorosa nei ragionamenti che riguardano questioni di questo genere. E' stata almeno una conveniente supposizione che il business sia esitante a causa di un cattivo mercato azionario, e la stessa Wall Street ha riportato, ogni giorno, come le "bear selling" (vendite al ribasso: con "bear", orso, si identificano gli operatori di borsa che puntano su un ribasso del mercato) abbiano enfatizzato gli scompensi del mercato. Da qui le richieste da parte di irritati osservatori della situazione e della malvagia influenza che simili operazioni sul mercato pruducono, perché esse vengano fermate, tramite la sospensione o la definitiva proibizione delle "short sales".

Una simile azione è senza dubbio possibile, Mr. Untermeyer ha correttamente affermato che la borsa azionaria stessa "ha al suo interno il potere di prevenire o limitare le short selling". Nonostante questa sia una delle più dure critiche che siano state fatte al macchinario della borsa azionaria, bisogna per prudenza aggiungere, che quanto una simile azione sia consigliabile "è tutta un'altra questione". Le autorità di borsa hanno lanciato un avvertimento pubblico a chi vende in maniera speculativa le azioni facendo circolate false voci, minacciando una severa azione disciplinare. Ma anche esse hanno dovuto dichiarare attraverso il loro presidente che "le normali short selling, sono una parte essenziale di un libero mercato delle securities" e che la proibizione di simili vendite "potrebbe produrre la distruzione del mercato" e potrebbe in definitiva, dimostrarsi "un prezzo troppo alto da pagare per l'eliminazione di quei pochi che abusano di una pratica legittima". Il presidente Hoover ultimamente ha discusso la questione con le autorità di borsa; ma in una successiva dichiarazione la casa bianca ha prudentemente puntualizzato che il governo non ha intenzione di inteferire nelle politiche della borsa stessa.

Perchè questa unanimità contro la prevenzione delle "short selling"? La risposta che darebbe chiunque abbia familiarità con in mercati sarebbe, che finchè il valore delle azioni può essere influenzato per quel che riguarda l'aumento del loro prezzo, da acquisti speculativi eseguiti con denaro preso in prestito, un equilibrio non potrebbe essere raggiunto a meno di non permettere la vendita di azioni tramite la presa in prestito delle stesse. Entrambe le pratiche si prestano ad abusi, ed è compito delle autorità di borsa prevenirli. L'abuso del "bidding up the market" (scommettere al rialzo del mercato) attraverso una speculazione basata sui debiti dei brokers è spesso non riconosciuta dal pubblico, sebbene i suoi perversi risultati dovrebbero essere ragionevolmente evidenti per tutti quelli che ricordano il 1929. Eppure è semplicemente impossibile impedire il "buying on margin" (comprare a debito) a meno di non ridurre ogni transazione a dei semplici acquisti con contante -- fatto che precluderebbe una immensa parte di legittimi business. Essendo vero ciò, dovrebbe risultare evidente che la proibizione delle "short sales" esporrebbe il mercato ad estremi e pericolosi aggiustamenti sbilanciati tutti da una parte sola degli scambi. Le nostre "eruzioni" sarebbero grandemente più rovinose; la nostra ripresa con le necessarie "bear repurchases" (ricomprare le azioni che han perso valore) eliminate, molto meno accentuata. Il mercato diventerebbe una trappola per i meno smaliziati, privo di ogni protezione automatica.

Questa non è la prima occasione in cui la proibizione delle "bear sales" è stata veementemente richiesta. Dopo il panico del 1907, a seguito di circostanze che ricordano da vicino quelle esistenti oggi, pressioni per un azione simile obbligarono il Governatore HUGHES ad instaurare un comitato imparziale per investigare la questione. Il comitato non comprendeva neppure un membro della borsa; essa era composta da eminenti economisti, giornalisti, ed uomini d'affari come Mr. Horace White, Judge Samuel H. Ordway, Mr. Edward D. Page ed il professore John B. Clark della Columbia.

Nel suo unanime rapporto del 1909 il comitato stabilì che il più grande male del mercato azionario era il "piramidare" della speculazione al rialzo, sulla base di precedenti profitti ottenuti su pezzi di carta, che poi venivano utilizzati come garanzie per ancora più grandi speculazioni.

Sulla azione degli "orsi" il comitato disse:

Siamo stati sollecitati con forza a consigliare la proibizione delle short sales, non solo sulla base della teoria che sia sbagliato permettere di vendere ciò che uno non possiede, ma anche perché questa vendita finisce col ridurre il valore di mercato delle securties coinvolte. Noi non pensiamo che sia sbagliato permettere a qualcuno di vendere ciò che non possiede ora, ma che prevede di ottenere più tardi. Contratti e accordi di vendita, e consegna futura di proprietà che uno non possiede al momento della stipula del contratto, sono comuni in tutti i tipi di business. La persona che ha "venduto short" (venduto al ribasso) deve prima o poi comprare, in modo da poter restituire le azioni che aveva preso in prestito per eseguire la short sales. Il comportamento dei venditori di short, di scegliere il momento in cui i prezzi sembrano troppo alti per eseguire la vendita, ed il momento in cui essi sono troppo bassi per completare l'acquisto, serve a contenere l'aumento ed il declino dei prezzi.

New York Times, October 18, 1930, Saturday Editorial, Page 12.

Quello che si evince bene dall'editoriale del New York Times è come già all'epoca fosse ben chiaro che i problemi erano di altra natura e le short centrassero ben poco. Il comitato instaurato da Hughes disse bene quando accusò di essere il più grande male del mercato la costituzione di schemi piramidali basati sul valore inflazionato di titoli che venivano poi usati come garanzia per ottenere altri prestiti con cui speculare al rialzo e creare così delle bolle.

Dopo 80 anni abbiamo fatto il giro e siamo tornati al punto di partenza.

Oltretutto gli shortisti puri son molto pochi, anche se è facile presumere che siano aumentati negli ultimi tempi. Molti di quelli che operano delle short lo fanno per coprirsi da rischi dovuti ad altre operazioni. Ad esempio nel mercato delle opzioni i "market makers", cioè quelli che gestiscono in un certo senso il mercato, cercano spesso di avere una posizione neutra rispetto ad esso. A loro non interessa se il mercato va su o giù, semplicemente non vogliono perdere valore in base alle sue fluttuazioni. Essi guadagnano ad esempio vendendo opzioni. Se qualcuno compra delle "opzioni put" da un market makers, cioè il diritto di vendere determinate azioni ad una certa scadenza, contemporaneamente per copririsi dal rischio che questa operazione produca un calo nel valore delle azioni, il market makers apre una posizione short sul titolo in questione (così se il titolo scende davvero non perdono denaro).

Senza questa possibilità di copertura del rischio, i market makers sono costretti ad aumentare enormemente il prezzo delle opzioni che vendono per compensare le perdite che potrebbero subire. La situazione è così complicata che rischia di bloccare completamente il mercato delle opzioni. La SEC sta correndo ai ripari e sembra che potrebbe escludere dal blocco per lo meno i market makers sul mercato delle opzioni. In caso contrario lunedì esso rischierebbe di restare chiuso.

Ancora una volta si prendono decisioni affrettate e ci si trova poco dopo a dover operare eccezioni qua e là col risultato di privilegiare selettivamente alcuni soggetti particolari. Oltre ad essere un idiozia ed una truffa, il blocco delle short non servirà come non è servito quello di quest'estate a salvare le GSE o la Lehman dal fallimento. Rischia solo di creare il caos in un mercato già scosso per i fatti suoi.

Probabilmente, anche se non posso provarlo ovviamente, la proibizione di short è servita solo a prendere un po' di tempo e a far fare un bel po' di soldi ad una nuova categoria: i FOH (Friends of Hank). Nulla mi toglie dalla testa che poco prima che la scudo antishort venisse eretto un gruppo selezionato di soggetti finanziari sia stato avvertito da una bella telefonata, in modo che potesse arricchirsi grazie al rialzo che il mercato avrebbe naturalmente avuto.

Ormai è Hank the King (Hank Paulson il ministro del tesoro americano) che decide chi vive e chi muore, chi guadagna e chi perde, ma di questo parlerò più a lungo nel prossimo post.

L'unica nota positiva in tutto ciò, è che ormai quasi nessuno si azzarda più a chiamare questo casino "libero mercato".

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