mercoledì 21 maggio 2008

Continuate a Sognare

Sembra incredibile, ma negli Stati Uniti ancora si discute se siamo o non siamo in una recessione, compiendo salti carpiati semantici nel tentativo di non dire chiaramente come sta la situazione. Il PIL americano e composto al 70% dai consumi interni della sua popolazione. Questi famosi consumi sono in picchiata a causa del deteriorarsi dell'economia e della facilità d'accesso al credito. I centri commerciali stanno registrando marcati cali nelle vendite.


L'unica cosa che per il momento salva i loro bilanci ,sono i maggiori introiti dovuti all'aumento del costo del cibo e dei beni di prima necessità. Il resto, quello che viene definito “discretionary spending” (spese non necessarie) langue. La vendita di proprietà commerciali registra un calo del 71% dallo scorso anno mentre il loro valore da Gennaio a Febbraio è calato del 1,03% il calo più marcato dal 1993. Tutto ciò è in perfetta linea con i dati storici che prevedono una differenza di 12-18 mesi tra il calo di valore tra gli immobili residenziali e quelli adibiti ad attività commerciali. Questo haovviamente reso necessario posporre almeno di un anno i nuovi progetti di edilizia commerciale quando non li ha bloccati del tutto. Intanto la quantità di invenduto nel settore aumenta. Solo quest'anno si prevede che chiuderanno 6500 negozi in America secondo il Council of Shopping Centers.


Un altro segnale interessante riguardo all'annosa questione: recessione si o recessione no, ci viene dato dal valore del del PPI (Producer Price Index). La tabella sottostante (presa da http://globaleconomicanalysis.blogspot.com) mostra che il PPI (l'indice dei prezzi alla produzione) per i prodotti finiti è aumentato dello 0,2% nel mese di Aprile dopo aver registrato un aumento del 1,1% a Marzo e dello 0,3 a Febbraio. All'estrema destra nella tabella invece vengono indicati i valori delle materie prime che sono cresciute nello stesso periodo del 3,2% in Aprile e dell'8% in Marzo.


Questo significa che gli aumenti di prezzo alla produzione non vengono passati al consumatore se non in misura limitata. Ciò è un chiaro segnale del calo di consumi da parte della popolazione Statunitense e di un crescente assottigliamento dei margini di guadagno per le aziende. Il grafico sotto rende visivamente molto chiara la gravità della situazione


L'incapacità delle aziende di scaricare gli aumenti dei costi al consumatore significa una diminuzione dei guadagni. Una diminuzione dei guadagni significa un calo nel valore delle azioni. Questo per tutti quelli che credono ancora alla favola di una ripresa poderosa del mercato nella seconda metà dell'anno. Ovviamente aziende in difficoltà vuol dire anche aumento della disoccupazione e riduzione delle ore di lavoro effettivo (l'unica cosa che fino ad ora, insieme alle frodi statistiche, è riuscita e calmierare i dati sulla disoccupazione) quindi meno soldi in mano ai consumatori, ed i consumi ricordo rappresentano il 70% del PIL americano.


Il tutto si traduce in una morsa a tenaglia sull'economia che ha già prodotto una recessione o meglio una decessione come la chiama qualcuno (qualcosa che sta a metà strada tra la recessione e la depressione) che non sparirà in breve tempo.
La pensa cosi Meredith Whitney che ho già citato altre volte e che dice:

"Just as strained liquidity pushed so many small and mid-sized specialty finance companies to beyond the brink, we believe it will do the same with the U.S. consumer.''

"Esattamente come è capitato a molte medie e piccole compagnie specializzate in prodotti finanziari, la ridotta liquidità spingerà anche il consumatore americano oltre il bordo del precipizio"



La Whitney assieme ad altri 2 economisti hanno visto al ribasso le stime per le banche nei prossimi anni stimando che le perdite potrebbero toccare gli 88 miliardi nel 2008 e 96 nel 2009. Finora esse hanno incassato 380 miliardi di perdite dichiarate anche se giusto qualche giorno fa è saltato fuori che si erano "scordate" di rivelare 35 miliardi in perdite aggiuntive come mostra la tabella sottostante


A pensare che ci sarà da soffrire a lungo si è aggiunto anche il capo della BCE Trinchet che in un articolo sul Telegraph afferma che il peggio della crisi sul mercato del credito deve ancora arrivare, ed ha paragonato l'aumento del prezzo dell'energia e del cibo al periodo di terribile inflazione degli anni 70, aggiungendo che non ci sarebbero stati tagli ai tassi di interesse nel breve futuro.


Incredibilmente una volta tanto mi trovo daccordo con un banchiere.

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