mercoledì 28 maggio 2008

Il costo del fallimento

Negli ultimi giorni si è scatenata la discussione su cosa produca i continui rincari del prezzo del petrolio. Negli ultimi 5 anni e mezzo esso è salito in Europa di 50 euro arrivando a toccare i 75 euro a barile, il che rappresenta un aumento di circa 3 volte. Nello stesso periodo in dollari è salito di circa 5 volte arrivando oltre i 130 dollari al barile. Ovviamente questa differenza tra le due valute è dovuta alla terribile svalutazione subita dal dollaro nei confronti della moneta Europea. La Goldman Sachs che si è rivelata profetica in passato paventa in un suo rapporto di un prezzo del petrolio destinato a toccare i 200 dollari nel breve periodo. Molti di quelli che hanno riportato la notizia si sono dimenticati però di aggiungere che lo stesso rapporto prevede che nel 2012 il prezzo si verrebbe a stabilizzare intorno ai 75 dollari al barile.

Se dovessi basarci sui dati economici disponibili essi indicano con forza un rallentamento dell'economia mondiale. L'FMI ha rivisto al ribasso le sue stime di crescita per quest'anno portandole dal 4,1% al 3,1%. L'economia rallenta, la gente sta smettendo di spendere e di guidare dato l'alto prezzo di benzina e gasolio, ma il petrolio continua ad aumentare.

Che cavolo succede quindi?

Quella vecchia volpe di Soros, uno dei maggiori gestori di fondi di investimento per chi non lo sapesse (quel simpatico economista che attaccò la lira e la sterlina negli anni 90 facendo saltare lo sme e riducendoci in mutande) in un articolo sul Telegraph individua i responsabili negli speculatori che giocano in borsa sul valore delle materie prime. Fa presente che l'indebolimento delle valute, la diminuzione della produzione in medio oriente e l'aumento dei consumi in cina hanno la loro parte di responsabilità, ma non giustificano l'aumento iperbolico degli ultimi mesi e dichiara candidamente che ci troviamo nel mezzo dell'ennesima fottuta bolla speculativa.

Niente di nuovo mi viene da dire. Sono solo 15 anni che passiamo da una bolla all'altra e ogni bolla che si è succeduta si è rivelata peggiore di quella che l'ha preceduta. Considerando che mostro è stata la bolla immobiliare scoppiata l'anno scorso devo ammettere che mi assale una certa inquietudine quando provo a contemplare il significato che potrebbe avere quella sulle materie prime.

Paul Krugman sul New York Times si dice scettico sull'esistenza di una bolla sul prezzo del petrolio. Questo perchè a suo dire la faccenda non è molto complicata. Le cose che possono succedere rispetto al petrolio è che esso venga consumato oppure stoccato da qualche parte. Se il suo prezzo sale troppo i consumi, anche considerata la bassa elasticità, dovrebbero diminuire. In quel caso per sostenere il valore del petrolio esso dovrebbe venire immagazzinato invece che venduto o consumato, ma i dati disponibili dell' OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) a riguardo non rilevano nessun aumento negli stoccaggi.

Che Diavolo sta succedendo ce lo fa sapere Michael W. Masters della Masters Capital Management, LLC in un resoconto fatto di fronte il Committee on Homeland Security and Governmental Affairs.

Quello che si sta verificando sul mercato è un fortissimo choc della domanda dovuto ad una nuova categoria di partecipanti nel mercato dei futures sulle materie prime: gli investitori istituzionali.

Per quelli che non lo sanno, un contratto future non è altro che un tipo di contratto derivato che un investitore può comprare sul mercato. Esso gli garantisce la facoltà di acquistare (o di vendere) un determinato bene, petrolio nel caso attuale per esempio, ad una determinata data per un prezzo prefissato. Per esempio io per un prezzo di 10 dollari mi garantisco il diritto di comprare tra due mesi una determinata quantità di petrolio al prezzo di 100 dollari al barile. Questo qualunque cosa faccia il prezzo del petrolio, anche se esso arriva a 130 dollari al barile. E' chiaro come questo tipo di contratto abbia una importante funzione assicurativa. Chiunque può usarli per assicurarsi contro improvvise fluttuazioni future del prezzo del petrolio.

Torniamo dunque agli investitori istituzionali. Il termine sta ad indicare un nutrito gruppo formato dai Fondi Pensione governativi e privati, i Fondi Sovrani d'investimento, Fondi di Investimento Universitari. Si tratta quindi di grandi soggetti. Insieme essi controllano attualmente, una quantità di contratti future superiore ad ogni altro soggetto sul mercato. Micheal Master li definisce collettivamente speculatori di indici. Essi agiscono in maniera differente dai tradizionali speculatori che sono sempre esistiti. Allocano una parte fissa del loro capitale e la distribuiscono su tutto lo spettro dei futute delle 25 principali materie prima secondo i maggiori indici (Standard & Poors - Goldman Sachs Commodity Index , Dow Jones - AIG Commodity Index).

Gli speculatori di indici stanno riversando miliardi di dollari nel mercato dei future scommettendo che il prezzo delle materie prime salirà. Il grafico sotto mostra come il denaro investito sugli indici delle materie prime è salito da 13 miliardi nel 2003 a 260 miliardi nel Marzo del 2008 e in quegli stessi anni il prezzo delle 25 materie prime fondamentali è salito del 183% in media.

La tabella successiva mostra le materie prime comprate dagli speculatori di indici attraverso il mercato dei future. Nella stampa generalmente la spiegazione che viene data più frequentemente riguardo all'aumento del prezzo del petrolio è l'aumento della domanda in Cina. Secondo il DOE la domanda di petrolio in Cina è aumentata negli ultimi 5 anni da 1,88 miliardi di barili a 2,8 miliardi un aumento di 920 milioni di barili. Negli stessi 5 anni la domandi di future sul petroli da parte degli speculatori sugli indici è aumentata di 848 milioni di barili. L'aumento di domanda degli speculatori sugli indici uguaglia quasi quella della Cina.


Gli speculatori sugli indici hanno ormai accumulato 1,1 miliardi di barili di petrolio attraverso i future aggiungendo alle loro riserve otto volte più petrolio di quanto gli Stati Uniti abbiano aggiunto alle loro riserve strategiche negli ultimi 5 anni.

La domanda di contratti future può avere solo due origini. Speculatori e i poveracci che vogliono materialmente comprare le materie prime in questione. Gli speculatori sono sempre esistiti e anche gli speculatori sugli indici, ma essi fino a 5 anni fa constituivano una piccola frazione della speculazione. Oggi sono la principale forza sul mercato e la loro crescita è passata quasi inosservata agli economisti tradizionali che non prestano grande attenzione alla domanda sul mercato dei future.

Gli speculatori sugli indici come già detto agiscono diversamente dagli speculatori tradizionali. Essi allocano una parte del loro portafogio diciamo il 2% d ainvestire in future sulle materie prime. A loro non interessa il prezzo unitario dei future, quando arrivano sul mercato comprano tutti i future che possono comprare con il 2% che avevano messo da parte in modo da mettere in movimento tutto il capitale. Questo genere di comportamento ha un effetto dirompente sul mercato.
Ovviamente quando questa massa monetaria si riversa sul mercato succedono contemporaneamente due cose: il mercato si espande ed i prezzi aumentano (come si vede bene dal grafico sopra). La cosa perversa è che la domanda di questi speculatori di indici aumenta ad aumentare del prezzo delle materie prime e questo spiega la progressiva accelerazione nel prezzo dei futures. I prezzi in aumento attirano altri speculatori che allocano parti sempre maggiori del loro portafoglio in future sulle materie prime.

Nel grafico sopra si può notare come l'aumento più drammatico nei prezzi è avvenuto nel primo quarto del 2008. Si calcola che gli speculatori sugli indici abbiano invaso il mercato con 55 milardi nei primi 52 giorni del 2008. Un aumento nel valore totale dei future di un miliardo al giorno. Una tale quantità di denaro è sufficiente a giustificare gran parte degli aumenti nel prezzo del petrolio (e di altre materie prime) negli ultimi mesi.

Un altra differenza tra speculatori tradizionali e quelli sugli indici sta nel fatto che i primi garantiscono liquidità al mercato dato che comprano e vendono future a secondo di come prevedono sarà l'andamento del mercato, mentre i secondi comprano future e rinnovano la loro posizione di volta in volta comprando dei calendar spreads (comprano e contemporaneamente vendono future per lo stesso prezzo della materia prima in questione, ma a differente scadenza e guadagnando sulla differenza di valore che i due future assumono nel tempo.... Chi non ci ha capito nulla dalla mia breve spiegazione e sa l'inglese può farsi del male qua) senza vendere mai veramente. Quindi consumano solo liquidità senza fornire nessun beneficio al mercato dei future.

Esisterebbe in teoria, anche un organismo di controllo sul mercato dei future il CFTC (Commodity Futures Trading Commission) e sarebbe nata nel 1936 per impedire che gli speculatori arrivassero a dominare l'intero mercato dei future. In realtà ha fatto esattamente il contrario. Essa ha concesso alle banche di Wall street di superare i limiti imposti agli speculatori quando esse investivano sui future per garantirsi dal rischio di swap OTC (cioè contratti scambiati tra 2 parti privatamente e non sul mercato) che riguardano materie prime.

In altri termini se un fondo speculativo volesse investire 500 milioni di dollari in grano, cifra che supera i limiti speculativi, non deve far altro che aprire una posizione in swap con una banca e poi essa comprerà per conto del fondo 500 milioni in future.

Geniale!

Tra l'altro chiunque compri future attraverso delle swap, viene classificato come commerciale invece che speculativo distorcendo i dati sulla quantità di speculazione realmente esistente nel mercato.

Dulcis in fundo la CTFC ha recentemente proposto di esonerare dai limiti tutti gli speculatori sugli indici spalancando loro le porte ed è arrivata ultimamente a pubblicizzare uno studio commissionato da essa stessa che dimostra quanto siano buoni come investimento i future sulle materie prime e consigliandone l'aggiunta al portafoglio di ogni investitore.

Chi fa benzina e deve mangiare ringrazia sentitamente.

Per chi crede che ci sia una scarsità attuale di petrolio sul Financial Times Eugen Weinberg uno specialista in materie prime fa presente che secondo l'OECD l'attuale scorta di petrolio ammonta a 3,5 miliardi di barili (la cina non viene contata) il che significa che se anche l'Arabia Saudita fermasse le sue esportazioni di petrolio il mondo potrebbe proseguire i consumi all'attuale tasso per un anno e mezzo senza che sia necessario un aumento di produzione da parte di altre nazioni.

Il congresso degli Stati Uniti dopo aver minacciato ridicole sanzioni ai produttori di petrolio accusati di tenere alti i prezzi sta inziando a capire come funzionano le cose nel mondo e sta valutando come fare a limitare la speculazione.
Micheal master da alcuni consigli. Intanto proibire ad alcuni investitori istituzionali come i fondi pensione di speculare. Bloccare il giochino di triangolazione con le swap usato per aggirare i limiti imposti agli speculatori e costringere il CFTC a riclassificare gli investitori commerciali per restringere i soggetti in grado di superare certi limiti.

Aggiungerò che se la FED non avesse inquinato il valore dei titoli di stato americano "regalandoli" alle banche in cambio di cartaccia in modo che queste tappassero i loro buchi costringendo in pratica il governo a farsi carico delle loro perdite gli investitori si sarebbero rifugiati li invece che nelle materie prime. Invece tutti sono scappati a gambe levate e da ogni pezzo di carta il cui valore si è azzerato in seguito allo scoppio della bolla immobiliare per andare a nascondersi nelle materie prime, roba vera di cui incidentalmente abbiamo tutti quanto bisogno per campare ed il cui prezzo è salito alle stelle.

In pratica quando facciamo il pieno alla pompa o usiamo l'elettricità in casa stiamo pagando le perdite dei banchieri internazionali.

1 commento:

c.e.s.c. ha detto...

Non ho trovato dati importanti che permettano di capire se gli aumenti del barile, in dollari, siano compatibili con gli aumenti della benzina, in Italia, espressi in euro.
Basterebbe fare un raffronto sul cambio euro dollaro del 2000 nei confronti del 2008 e nel costo della benzina per lo stesso periodo.
La percentuale dovrebbe confermarci se è corretto l'aumento.
Come è stato esposto l'argomento non mi permette di valutare se vi è stata una speculazione.
Cordiali saluti.