martedì 11 novembre 2008

Salva le Banche, Salva il mondo

All'inizio ci raccontarono che era indispensabile salvare le banche per salvare il sistema e che dovevamo tutti rassegnarci ed aprire il portafoglio a questo scopo. Adesso, invece, sembra essere diventato improvvisamente chiaro che occuparsi solo del sistema bancario sia utile quanto salvare una cheerleader qualsiasi: può andare bene per un po' di tempo (magari una stagione) dopo di ché si è costretti a rivolgere la propria attenzione altrove.

Così il detto, con cui ho intitolato il post, si è trasformato diventando: "Salva il mondo e Salverai il mondo".

Non fa una grinza.

Il mondo lo ha capito in fretta e si è accalcato rapidamente alla rubiconda mammella degli stati e delle banche centrali per succhiare tutto il latte che attraverso di essi, i contribuenti sono stati costretti a mettere a disposizione.

L'ultima azienda a reclamare la sua ciucciata è stata ieri l'American Express. Nell'ultimo post raccontai di come le vendite di obbligazioni costruite sul debito delle carte di credito si fosse azzerata e aziende come l'American Express si fossero improvvisamente trovate in una posizione estremamente scomoda. Tenersi quei debiti in bilancio, come dovrebbe accadere in teoria, è ormai fuori moda, perciò ieri l'American Express, ha impugnato una bacchetta magica, l'ha agitata in maniera buffa avanti e indietro ed ha esclamato: "abracadabra!". Magicamente, al posto della piccola cenerentola che si occupava solo di carte di credito, si è di colpo stagliata fiera e possente (si fa per dire) una holding bancaria.

In sostanza American Express con il bene placido della FED che ha approvato la trasformazione "alla luce delle inusuali e pressanti circostanze che influenzano il mercato finanziario", è diventanta una normale banca commerciale, seguendo i passi percorsi qualche mese prima dalle due superstiti banche di investimento, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Ora che è una banca come tutte quante, potrà prendere le famose obbligazioni invendibili e scaricarle come garanzia sul davanzale della (finestra di sconto) Federal Reserve in cambio di denaro vero.

Ooooh! Federal Reserve! ... c'è qualcosa che non accetti come garanzia? (avrei giusto qualche scorza di parmigiano andata a male da buttar via)

Anche se lo sembra, la domanda non è retorica, tanto che Bloomberg News ha intentato causa alla FED, chiedendo che una corte degli Stati Uniti la forzi a rivelare che tipo di garanzie abbia ottenuto in cambio dei 1,5 trilioni di dollari prestati alle banche attraverso la miriade di facility e di programmi attivati da un anno a questa parte. Bloomberg argomenta l'operazione dicendo che: "i contribuenti americani hanno diritto di sapere i rischi i costi e la metodologia associata con il salvataggio senza precedenti del sistema finanziario americano".

Proprio ingenui i signori di Bloomberg News. I contribuenti avrebbero ancora dei diritti? (se mai li hanno avuti)

I contribuenti dovrebbero piantarla di rompere. Che si rassegnino e si fidino dei banchieri. Di sicuro la FED avrà accettato solo asset di provata qualità dalle banche moribonde come garanzia per il denaro fresco e i buoni del tesoro che concedeva loro. Se non ci vuole dire che tipo di asset abbia in bilancio è per non rovinarci la sorpresa il giorno in cui questa crisi finirà (o il governo USA dichiarerà fallimento) e tutto verrà reso pubblico. Del resto perché dubitare di questi individui? Neanche fosse stato il sistema bancario, sotto la supervisione compiacente dei banchieri centrali e dei politici a produrre la crisi economica attuale.

Molti politici, poverini, si difendono da certe accuse dicendo: "noi non sapevamo", "noi non capivamo", "noi non credevamo". Provate con un: "noi non pensavamo". Di solito pensare è alla base delle più elementari attività umane, figuriamoci al legiferare. Purtroppo pensare e leggere sono pratiche ormai cadute in disuso tra i politici. In caso contrario non avrebbero approvato il TARP. All'inizio il piano da 700 miliardi del ministro del tesoro americano, Paulson, sarebbe dovuto servire a comprare asset andati male dalle banche per ricapitalizzarle. Un piano demente e dalla difficile attuazione. Talmente difficile, da non essere mai stato veramente messo in pratica, almeno nella sua forma originale. La legge che istituiva il famoso fondo da 700 miliardi di dollari però conferisce, tra le sue pieghe, potere pressoché assoluto al ministro del tesoro. Potere che Paulson sta usando a suo piacimento per regalare buona parte dei 700 miliardi ai suo vecchi amici banchieri.

I politici si sentono truffati come quei pensionati che acquistarono bond parmalat o argentini. "Ci avevano detto che avrebbero usato quei soldi in un altra maniera" si lamentano.

Bravi fessi!

Nel caso del TARP però, almeno il congresso (in cambio di 150 miliardi di fondi per le cose più bizzarre) l'approvazione la dette.

Nel caso eclatante messo in luce dal Washington Post invece non vi è stata nessuna autorizzazione. Si tratta di un piccolo cambiamento che il ministero del tesoro fece alle leggi che regolano l'imposizione fiscale in caso di fusioni tra aziende, proprio mentre il parlamento americano era impegnato ad approvare il TARP e a rubare 150 miliardi per spese assurde ai contribuenti americani. Grazie a questa modifica le banche possono scaricare interamente dalle tasse le perdite derivanti dall'acquisizione di una loro concorrente. Una pratica che prima dell'86 era la norma e che venne considerata un abuso del sistema fiscale, tanto da spingere i legislatori a porvi rimedio modificando le apposite leggi.

Ora siamo tornati ad una situazione pre 1986. Fu proprio in virtù di questa modifica che la Wells Fargo poté comperare la Wachovia strappandola di soppiatto a Citigroup. L'acquisto di Wachovia fu un affarone dato che la Wells ha potuto scaricare dalle tasse una cifra addirittura superiore a quella pagata per assorbire la suddetta banca. Ora, a quanto pare (con estrema calma) i politici si sono accorti del cambiamento apportato alla legislazione fiscale. Il bello è che tali modifiche sono completamente illegali dato che l'unico organo preposto a legiferare in questo senso è il congresso americano. Il ministero del tesoro non ha poteri di questo tipo.

In un modo normale i politici si incazzerebbero e le modifiche illegali verrebbero cancellate. Nel mondo attuale però è proprio grazie a questi vantaggi in materia di tasse che tutta una serie di acquisizioni bancarie sono avvenute. Non sarebbe certo carino rovinare la festa alle banche facendo saltar tutto. Rischierebbero di esserci pesanti ripercussioni e ai politici non piacciono le ripercussioni. Quindi, sembra che anche questo ennesimo regalo che Paulson ha fatto a suoi vecchi amici, a capo della maggiori banche del paese perchè possano assorbire agevolmente le banche minori, diventerà permanente.

Come dicevo all'inizio però non è più questione di banche.

Mentre tutto il pianeta trattiene il fiato in attesa che gli USA annuncino un nuovo pacchetto di stimolo all'economia, la Cina ha preso l'iniziativa presentando al mondo un intervento di sostegno economico per l'ammontare di 585 miliardi di dollari, più di un quarto delle riserve monetarie che il paese ha accumulato negli ultimi anni. Il denaro verrà speso nel corso dei prossimi due anni, anche se non è stato ben specificato per cosa. Si parla di infrastrutture per il trasporto, energia innovazione tecnologica e tante altre belle cose generiche. A questo pacchetto poi si dovrebbero aggiungere sgravi fiscali per le aziende e future riduzioni del costo del denaro.

I mercati asiatici ieri, hanno salutato con rialzi generalizzati l'annuncio cinese.

Anche l'Europa sembra non essere da meno. Tremonti ha anticipato che entro Natale tutti i paesi Europei vareranno degli interventi anticrisi.

Da Repubblica:

"Da qui a Natale tutti i paesi europei prenderanno i loro provvedimenti contro la crisi". E' quanto ha annunciato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti intervenendo a un convegno promosso dalla fondazione Italia-Cina. "Vedrete - ha spiegato - che tutti i Paesi faranno i piani di intervento a sostegno dell'economia". "Abbiamo avuto i numeri solo di recente" ha precisato, "e su quella base ogni paese prenderà decisioni compatibili con la sua situazione".

Sembra che il mondo si sta preparando ad un tracollo delle vendite natalizie, fatto che quando si verificherà sarà interpretato come un pessimo segnale e potrebbe produrre nuovi crolli in borsa, spegnendo quella tenue fiducia che molti operatori sembrano nutrire nei confronti dei tagli generalizzati dei tassi di interesse e dei vari interventi di tipo keynesiano.

In quest'ottica, di sostegno all'economia reale, si inserisce l'appello di Gordon Brown, il primo ministro inglese, per un taglio mondiale e coordinato delle tasse. In Inghliterra il fronte di chi preme per sgravi fiscali si rafforza. Il capo della prima catena di rivenditori Inglese, Sir Terry Leahy, preoccupato per l'andamento negativo che si prospetta per la prossima stagione natalizia, ha accusato il governo di non fare abbastanza per proteggere le aziende, invocando riduzioni fiscali e agevolazioni.

Se in Inghilterra pretendono, in USA siamo arrivati alle suppliche. La GM è ufficialmente andata. Dopo il taglio del rating avvenuto ieri e la dichiarazione della Deutsche Bank sul fatto che consideri 0 il giusto valore delle azioni GM, la casa automobilistica di Detroit ha intensificato le pressioni per avere un aiuto di stato. Data la situazione i 50 miliardi che il governo americano sembrava intenzionato a spartire tra GM, Ford e Chrysler prelevandoli dal famoso TARP, potrebbero non essere più sufficienti. Il tempo stringe e il giorno del fallimento per la GM si avvicina velocemente. Preoccupato, Obama sta insistendo perché un pacchetto di aiuto sia approvato prima di Gennaio, quando a tutti gli effetti sostituirà Bush alla presidenza.

Roubini saluta con approvazione un eventuale salvataggio della General Motors.

E non ha neppure tutti i torti. Se bisogna salvare le banche, perchè non anche le case automobilistiche?

I democratici stanno anche facendo finta di imporre delle condizioni ad un eventuale piano di salvataggio: l'obbligo di produrre veicoli energeticamente più efficenti ad esempio. Come se il mercato non stesse già andando in quella direzione, imposizioni o meno.

Tra dibattiti su futuri aiuti governativi a questo a quello, succede che a volte tornino a riaffacciarsi anche gli interventi passati.

Di solito sotto forma di buchi neri.

L'AIG ha finito di nuovo i soldi. La casa di assicurazione che venne salvata dal governo USA, principalmente per impedire il collasso del sistema bancario Europeo, ha evidentemente volatilizzato gli 85 miliardi messi inizialmente a sua disposizione ed anche i successivi 37,8 miliardi che il tesoro le elargì. Ora è nuovamente tornata a batter cassa da mamma stato.

Il governo ha risposto prontamente facendo coriandoli del piano precedente da 122 miliardi e ripiazzandolo con uno nuovo di zecca da 150 miliardi. Di questi 60 miliardi verranno concessi come prestito da ripagare in 5 anni a tassi molti inferiori rispetto a quelli del piano precedente (libor+3% invece che libor+8,5%), 40 miliardi verranno prelevati dal TARP e iniettati per ricapitalizzare l'AIG in cambio di "preferred stock" e con i restanti 50 miliardi il tesoro comprerà tanti begli asset spazzatura togliendoli dai bilanci dell'agenzia di assicurazione.

Un altro buco nero che ha rifatto capolino negli ultimi giorni si chiama Fannie Mae.

Herbert Allison CEO della Fannie, ha tagliato il valore degli asset finanziari basati sui mutui in possesso dell'agenzia di 21,4 miliardi facendo riportare all'azienda una perdita netta totale nell'ultimo quarto di 29 miliardi. A quanto pare da quando la Fannie è stata nazionalizzata e la dirigenza silurata, hanno smesso di operare certi aggiustamenti di bilancio e come per magia, ora si scopre con preoccupazione, che entro la fine del prossimo quarto la Fannie potrebbe avere un valore netto negativo. In altri termini sarebbe in mutande. I 100 miliardi che vennero inizialmente inizialmente messi a garanzia dallo stato non sono più sufficienti. Si renderebbere quindi necessario un ulteriore intervento economico.

Buco più, buco meno, tanto vale tappare quelli vecchi e crearne qualcun altro nuovo salvando anche GM, Ford e Chrysler.

Tanto, penso che ormai non basterebbero i fisici del LHC per far scomparire tutti i buchi neri esistenti.

Non che le cose in Europa vadano particolarmente meglio.

Austria, Irlanda, Grecia, Spagna. Si accettano scommesse su quale di questi 4 paesi che usano l'euro collasserà per primo. Se ne riparlerà in un prossimo post della loro situazione, nel frattempo sentitevi liberi di fare la vostra puntata.

Mentre i paesi dell'est Europa per ora sopravvivono solo grazie agli aiuti dell'FMI, la Russia si è scoperta essere a grave rischio di svalutazione del rublo, dopo che è risultato evidente come le terze riserve di valuta internazionale del mondo non siano abbastanza per controbilanciare la massa di capitali stranieri in fuga, il crollo del prezzo del petrolio e la crisi finanziaria internazionale. Il governo Russo ha bruciato il 19% delle sue riserve monetarie nel tentativo di difendere il valore del rublo, senza grande successo. Ora le agenzie di rating preoccupate dallo svilupparsi degli eventi parlano di un possibile downgrading del paese.

Rifutando le pressioni di Chavez, il presidente Venezuelano, Medved ha deciso di non tagliare la produzione di petrolio. Questa scelta segnala con chiarezza il disperato bisogno di valuta estera Russo. Non è tanto che Medved non voglia tagliare, semplicemente non può. Deve vendere più petrolio possibile anche ai (relativamente) bassi prezzi attuali. Il cartello internazionale che fissa il prezzo del petrolio è di fatto saltato. L'OPEC può tagliare quanto vuole, ma così facendo regalerà solo soldi ai Russi.

Per un po' probabilmente il prezzo del petrolio non salirà in maniera brusca (salvo imprevisti).

La borsa Russa intanto ha accolto la notizia di un eventuale taglio del rating del paese con un crollo del 10%.

Se le vendite natalizie saranno davvero quel massacro che si preannunciano, a Gennaio vedremo un po' di fuochi d'artificio. Circuit City la seconda catena di grandi magazzini di elettronica americana, non ha aspettato ed ha invocato ieri il chapter 11 (una specie di bancarotta in vista di una possibile ristrutturazione).

Non vi preoccupate però, in caso di problemi interverranno i governi.

La stretegia come già detto è molto semplice: "Salva il mondo e Salverai il mondo". L'avrà sicuramente ideata un genio, anzi di più, un banchiere centrale.

3 commenti:

A ha detto...

Come dettagliato nel mio post Il rischio di default dei Paesi secondo i CDS (Credit Default Swaps), i soldi degli assicuratori sono su: Grecia, Irlanda, (Italia), Spagna e Austria, nell'ordine.

Il default sul debito non è esattamente la stessa cosa del collasso del sistema bancario, ma a forza di salvataggi e nazionalizzazioni la differenza diventa sempre più labile.

Stand ha detto...

E' interessante notare come nella tabella che riporta Alessandro sul suo blog, l'Italia sia considerata più a rischio di Austria e Spagna.

Non ho elencato l'Italia tra le nazioni a rischio proprio perchè la reputo quinta in graduatoria dietro Irlanda, Spagna, Grecia e Austria (sono elencate in ordine sparso).

A parte la Grecia che ha un rapporto debito/PIL del 92% le altre tre sono lontane dal 104% di debito/PIL italiano percui hanno più margine di manovra in teoria.

Il problema però risiede ancora una volta nel sistema bancario. Quello Italiano pur con tutti i suoi problemi è quello messo meglio. Irlanda, Austria e Spagna hanno un sistema bancario pesante esposto con l'estero.

I problemi della Grecia sono invece più di natura commerciale.

I cds sono un baromentro da tenere d'occhio, ma sono anche soggetti a pesanti variazioni come quelli sul rischio di default Russo il cui costo è aumentato di circa un 1,5% da ieri a oggi.

Questo era solo per dire come ritenga l'Italia quinta nella classifica dei paesi pericolanti che adottano l'euro. Se vedete la Spagna e la Grecia venir giù, preoccupatevi, perchè dopo toccherà a noi.

A ha detto...

Sembra che le persone che guardano in Irlanda per trovare il prossimo problema serio stiano aumentando giorno dopo giorno.

Is Ireland the next Iceland? di Edward Harrison, Nov 19, 2008