martedì 17 giugno 2008

A tutti gli illusi

Leggendo svariati articoli, non ho potuto fare a meno di notare come l'umore generale in questi giorni sia marcatamente "pessimista" tanto per usare un eufemismo. Il New York Times in un articolo, dopo aver fatto una botta di conti conclude che i maggiori 7 istituti bancari statunitensi (Bank of America, Citigroup, JPMorgan Chase, Lehman Brothers, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Morgan Stanley ) abbiano perso nell'attuale crisi la metà dei guadagni accumulati negli anni dal 2004 al 2007, un periodo di boom per la finanza:

Ma il traguardo sembra allontanarsi continuamente. Anche quando le perdite si arresteranno, i dirigenti delle banche si troveranno a fronteggiare un futuro di ritorni più bassi, profitti assottigliati e meno lavoro a disposizione...

"Saranno costretti a costruirsi nuovi modelli di business" Richard X. Bove, un analisti di servizi finanziari a Punk Ziegel, ha detto riguardo alle banche di investimento. "Non credo che questi businesses abbiano la capacità di generare il tipo di profitti che hanno creato in questi ultimi anni senza ricorrere a un effetto leva ingente"

I canditi sono finiti insomma, per un modello insensato di guadagno basato sui debiti con livelli di leva che arrivavano fino a 30:1 (come avevo fatto presente qualche mese fa).

Ambrose Evans-Pritchard, ottimista come sempre, dalle pagine del Telegraph avverte che un possibile tracollo dei mercati in via di sviluppo potrebbe essere dietro l'angolo. L'indice della borsa di Shangai ha toccato il valore minimo in 14 mesi chiudendo 2900 punti mentre da Ottobre il valore delle azioni cinesi è crollato del 48%. Gli indici sono scesi negli ultimi giorni a seguito della manovra delle autorità cinesi che hanno alzato i requisiti di riserva obbligatoria per le banche, nel tentativo di riportare sotto controllo l'inflazione. Ciò ha drenato 60 miliardi di liquidità dal mercato bancario.

In India contemporaneamente l'indice BSE di Mubai è calato del 27% a causa della precipitosa fuga di diversi fondi di investimento stranieri. Anche in India si sta consumando una sanguinosa lotta contro l'inflazione. I tassi di interesse sono stati alzati all'8%, mentre il deficit di bilancio ha toccato il 9% del PIL a causa dei sussidi dati dal governo alla popolazione in particolare quelli sui prodotti petroliferi. La costante impennata nel prezzo del petrolio oltre a incidere sul deficit stava facendo fallire le compagnie energetiche indiane obbligate dal governo a sobbarcarsi il costo di buona parte dei sussidi per non sporcare troppo il bilancio dello stato. Il governo indiano si è visto perciò costretto a rimuovere gli aiuti di stato e a lasciar aumentare i costi energetici con ovvie ricadute sull'inflazione.

Russia, Brasile, India, Vietnam, Sud Africa, Indonesia, Nigeria, e Cile sono alcune delle nazioni che hanno alzati i tassi di interesse negli ultimi giorni anche se questi rimangono nonostante la manovra, troppo bassi se confrontati all'inflazione.

Dall'articolo del Telegraph:

Le monete di Korea, Tailandia, Filippine e Malasia si sono trovate sotto pressione questa settimana in seguito a una fuga di massa verso il dollaro che ricorda ciò che avvenne durante la crisi dell'est asiatico nel 1997-98. Diverse nazioni sono dovute intervenire per rallentare il crollo delle valute.

L'improvviso cambio di umore appare essere conseguenza dei commenti di Ben Bernanke e Tim Geithner, il capo della banca centrale americana e il capo della Fed di New York, che non hanno lasciato dubbi sul fatto che Washington abbia perso la pazienza di fronte al crollo del dollaro.

La campagna per un "forte dollaro" ha preso velocità. Il ministro del tesoro Hank Paulson ha condotto un aggressiva azione di lobby dietro la scena in medio oriente ed in Asia. Agli amici dell'America come ai suoi nemici non sono stati lasciati dubbi che l'intera potenza strategica degli Stati Uniti sarà posta a sostegno della moneta. Da adesso in poi chi sbarra la strada a Washington lo fa a suo rischio.

Se ciò che afferma Pitchard sul lavoro di lobbying fatto da Paulson è vero, questo potrebbe spiegare il concerto di affermazioni sul rialzo dei tassi susseguitesi in questi giorni e le previsioni del mercato dei futures su un rialzo dei tassi americani dell'0,5% entro Ottobre. Potrebbe essere la volta in cui la Fed oltre che parlare tanto di dollaro forte, comincia ad agire in quella direzione.

Sempre dal Telegraph:

Richard Cookson, un economista alla HSBC, consiglia i suoi clienti di ridurre drasticamente i loro interessi nella regione.

"L'inflazione sembra essere un reale problema in Asia, e il rischio che gli investitori perdano fiducia nelle monete della regione è concreto. Sebbene i mercati sia precipitati selvaggiamente dai loro picchi, essi sembrano ancora troppo costosi. Stiamo diminuendo la nostra esposizione ulteriormente, fino a zero" ha affermato.

Cresce la consapevolezza che la cina sta affrontando una violenta tempesta dato che l'inflazione (al 7,7%), il crescente valore dello yuan (salito del 5% quest'anno), il crescente costo del petrolio, e una congiuntura economica negativa in paesi chiave per l'export come il nord America e l'Europa si combinano e contribuiscono a schiacciare i profitti. La Cina usa 5 volte l'energia utilizzata dagli USA per produrre un unità di PIL. Il paese risulta acutamente vulnerabile a una crisi energetica.

Un quarto delle 800 fabbriche di scarpe cinesi in Guangdong hanno chiuso nei mesi recenti e diverse industrie tessili stanno lottando per restare a galla. La federazione industriale di Hong Kong ha avvertito che 10000 aziende nel sud della Cina potrebbero presto dichiarare fallimento.

Ricapitolando: la situazione negli Usa tra crisi bancarie e immobiliari è un disastro, in Europa abbiamo una crescita asfittica e le banche non son messe meglio delle loro colleghe americane, intanto l'Asia rischia di attraversare una crisi devastante come quella del 97 solo che oggi la rilevanza globale della regione rispetto ad allora si è enormemente accresciuta.

Quello che sta succedendo alla Cina e agli altri paesi asiatici si chiama stagflazione. Ciò di cui ho discusso negli ultimi post. L'inflazione avanza troppo velocemente, anche in paesi che hanno una crescita economica sostenuta. Quest'inflazione oltre a distruggere poco alla volta la crescita economica non è facilmente attaccabile essendo in gran parte dovuta all'aumento dei prezzi nelle materie prime e nel comparto alimentare. Alzare i tassi può servire solo in parte e così combattere la speculazione finanziaria (al G8 è stato deciso di alzare i margini per chi specula sul mercato dei futures).

Quello che appare chiaro è che ogni illusione di "decoupling" si sta infrangendo contro la dura diga della realtà. "Decoupling" sta a indicare la credenza che in caso di rallentamento o crisi in occidente l'economia mondiale potrebbe venire sostenuta dai paesi asiatici che sganciandosi dalle economie Americana ed Europea passerebbero dall'essere dei produttori a diventare dei consumatori. Questa fantasia è girata per parecchio tempo nei circoli economici tra analisti che non volevano affrontare la triste realtà.

L'Asia non ha la forza, ne le risorse economiche per sostenere il resto del mondo, sopratutto un mondo composto da economie come quelle occidentali e purtroppo non potrà salvarci da noi stessi.

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