L'MBIA è una delle Monoline, le agenzie che emettono swap il cui compito è assicurare gli investitori contro il possibile rischio di fallimento di un azienda o di default su securities di varia natura. Ho già descritto in passato la precaria situazione in cui si trovano questi istituti e l'MBIA in particolare.
Chi pensava che essa avesse toccato il fondo si è dovuto ricredere. L'MBIA qualche tempo fa annunciò che avrebbe recuperato 1,1 miliardi di dollari di liquidità per garantire alle sue sussidiarie, la capacità di far fronte ai rispettivi obblighi (a breve termine quanto meno). La scorsa settimana il managment dell'istituto si è rimangiato tutto dichiarando che l'azienda madre si sarebbe tenuta 900 milioni di dollari e alle sussidiarie sarebbero arrivate solo le briciole.
Peccato che proprio queste ultime si ritrovino con l'acqua alla gola a causa dei fallimenti e dei vari declassamenti di aziende e securites, trovandosi costrette a pagare le assicurazioni (le swap) emesse duranti gli anni del boom finanziario e della bolla immobiliare.
Perché questa mossa da parte dell'MBIA?
Semplice: i dirigenti sono pagati in base alla situazione dei libri contabili dell'azienda madre mentre le sussidiarie garantiscono dei guadagni tramite dividendi solo se possono garantire un profitto sulle proprie operazioni (esse sono in costante perdita da mesi) o se ciò viene permesso dalle entità che le regolano.
Questa mossa inaspettata dice molto sulla situazione. Al di là dell'ovvia doppiezza del managment dell'azienda è chiaro come esso si aspetti ulteriori perdite in futuro o un congelamento da parte dei regolatori dei dividendi. Oppure, i dirigenti temono che l'istituto venga posto direttamente in liquidazione dai regolatori nei prossimi mesi e vogliono tenersi i soldi per cercare di sostenere quanto meno l'azienda madre. In ogni caso il fatto che abbiano deciso di tenersi quasi interamente quegli 1,1 miliardi la dice lunga sulla gravità della situazione.
Il meglio però lo rivela sempre il New York Times in un articolo oggi:
MBIA ha sottoscritto 137 miliardi in swaps, contratti di assicurazione scambiati privatamente che permettono alla gente di scommettere sulla salute di una azienda. La maggior parte di questi contratti prevedono che se l'unità assicuratrice di bonds dell'MBIA diventa insolvente o il suo controllo passa ai regolatori della stato, i compratori (delle swap) possono richiedere il pagamento immediato.
Ma se ciò succedesse, MBIA avrebbe molto meno denaro per pagare i suoi assicurati e i possessori di bonds delle municipalizzate sostenute dalla compagnia stessa. Le swap le garantiscono quindi un elevato potere di influenza su Eric R.Dinallo, il commissario alle assicurazioni dello stato di New York, il quale vorrebbe che la compagnia cedesse i 900 milioni al suo settore assicurativo.
Nel caso della Bear Stearns, la Federal Reserve ha temuto che le credit default swap avrebbero scatenato una reazione a catena di perdite se la banca fosse stata lasciata semplicemente fallire. Dato che un simile rischio esiste anche nel caso dell'MBIA, Mr Dinallo difficilmente premerà perché i regolatori acquisiscano il controllo della sussidiaria anche se Joseph W.Brown, il capo della MBIA, rifiutasse di ricapitalizzare l'unità
Dinallo ha affermato di possedere la facoltà per rifiutarsi di onorare un accelerazione della domanda, in caso (come regolatore) prenda il controllo di un agenzia di assicurazione, ma una mossa del genere quasi certamente costringerebbe i possessori di swap a contestare la disposizione in tribunale. La clausola di accelerazione (una clausula in cui in caso di mancato pagamento di una quota dovuta, il contratto viene risolto e il "pagante" è costretto a versare immediatamente tutto l'importo rimanente ndr) è una caratteristica standard delle credit default swap emesse da molte assicuratrici incluse Ambac e la Financial Guaranty Insurance Company.
Fondamentalmente il regolatore dello stato di New York è ostaggio dei dirigenti della MBIA che fanno il comodo loro, in barba agli interessi dell'azienda e agli impegni presi con i loro clienti. La scusa ufficiale che adottano è quella di voler aprire una nuova sussidiara, ma la probabilità che sarà dato l'ok dai regolatori, ad un azione simile, anche se essa non fosse solo un trucco per prendere tempo, sono prossime allo 0.
Sempre dall'articolo del New York Times:
Joshua Rosner, un analista alla Graham-Fisher di New York, ha detto "Mi pare che Jay Brown insista nel mettere denaro dappertutto tranne che nelle sussidiare che si occupano di assicurazioni o anche passando attraverso una nuova sussidiaria direttamente sotto esse, sta dicendo molto chiaramente che non crede più nella fattibilità, per il reparto assicurativo della compagnia, di onorare i suoi obblighi"
John Miller, capo dell'ufficio investimenti al Nuveen Asset Management, un grande fondo che gestisce bond di municipalizzate a Chicago, ha espresso scetticismo rispetto al piano dell'MBIA di aprire una nuova sussidiara che possa riassicurare il proprio portafoglio.
Chi pensava che essa avesse toccato il fondo si è dovuto ricredere. L'MBIA qualche tempo fa annunciò che avrebbe recuperato 1,1 miliardi di dollari di liquidità per garantire alle sue sussidiarie, la capacità di far fronte ai rispettivi obblighi (a breve termine quanto meno). La scorsa settimana il managment dell'istituto si è rimangiato tutto dichiarando che l'azienda madre si sarebbe tenuta 900 milioni di dollari e alle sussidiarie sarebbero arrivate solo le briciole.
Peccato che proprio queste ultime si ritrovino con l'acqua alla gola a causa dei fallimenti e dei vari declassamenti di aziende e securites, trovandosi costrette a pagare le assicurazioni (le swap) emesse duranti gli anni del boom finanziario e della bolla immobiliare.
Perché questa mossa da parte dell'MBIA?
Semplice: i dirigenti sono pagati in base alla situazione dei libri contabili dell'azienda madre mentre le sussidiarie garantiscono dei guadagni tramite dividendi solo se possono garantire un profitto sulle proprie operazioni (esse sono in costante perdita da mesi) o se ciò viene permesso dalle entità che le regolano.
Questa mossa inaspettata dice molto sulla situazione. Al di là dell'ovvia doppiezza del managment dell'azienda è chiaro come esso si aspetti ulteriori perdite in futuro o un congelamento da parte dei regolatori dei dividendi. Oppure, i dirigenti temono che l'istituto venga posto direttamente in liquidazione dai regolatori nei prossimi mesi e vogliono tenersi i soldi per cercare di sostenere quanto meno l'azienda madre. In ogni caso il fatto che abbiano deciso di tenersi quasi interamente quegli 1,1 miliardi la dice lunga sulla gravità della situazione.
Il meglio però lo rivela sempre il New York Times in un articolo oggi:
MBIA ha sottoscritto 137 miliardi in swaps, contratti di assicurazione scambiati privatamente che permettono alla gente di scommettere sulla salute di una azienda. La maggior parte di questi contratti prevedono che se l'unità assicuratrice di bonds dell'MBIA diventa insolvente o il suo controllo passa ai regolatori della stato, i compratori (delle swap) possono richiedere il pagamento immediato.
Ma se ciò succedesse, MBIA avrebbe molto meno denaro per pagare i suoi assicurati e i possessori di bonds delle municipalizzate sostenute dalla compagnia stessa. Le swap le garantiscono quindi un elevato potere di influenza su Eric R.Dinallo, il commissario alle assicurazioni dello stato di New York, il quale vorrebbe che la compagnia cedesse i 900 milioni al suo settore assicurativo.
Nel caso della Bear Stearns, la Federal Reserve ha temuto che le credit default swap avrebbero scatenato una reazione a catena di perdite se la banca fosse stata lasciata semplicemente fallire. Dato che un simile rischio esiste anche nel caso dell'MBIA, Mr Dinallo difficilmente premerà perché i regolatori acquisiscano il controllo della sussidiaria anche se Joseph W.Brown, il capo della MBIA, rifiutasse di ricapitalizzare l'unità
Dinallo ha affermato di possedere la facoltà per rifiutarsi di onorare un accelerazione della domanda, in caso (come regolatore) prenda il controllo di un agenzia di assicurazione, ma una mossa del genere quasi certamente costringerebbe i possessori di swap a contestare la disposizione in tribunale. La clausola di accelerazione (una clausula in cui in caso di mancato pagamento di una quota dovuta, il contratto viene risolto e il "pagante" è costretto a versare immediatamente tutto l'importo rimanente ndr) è una caratteristica standard delle credit default swap emesse da molte assicuratrici incluse Ambac e la Financial Guaranty Insurance Company.
Fondamentalmente il regolatore dello stato di New York è ostaggio dei dirigenti della MBIA che fanno il comodo loro, in barba agli interessi dell'azienda e agli impegni presi con i loro clienti. La scusa ufficiale che adottano è quella di voler aprire una nuova sussidiara, ma la probabilità che sarà dato l'ok dai regolatori, ad un azione simile, anche se essa non fosse solo un trucco per prendere tempo, sono prossime allo 0.
Sempre dall'articolo del New York Times:
Joshua Rosner, un analista alla Graham-Fisher di New York, ha detto "Mi pare che Jay Brown insista nel mettere denaro dappertutto tranne che nelle sussidiare che si occupano di assicurazioni o anche passando attraverso una nuova sussidiaria direttamente sotto esse, sta dicendo molto chiaramente che non crede più nella fattibilità, per il reparto assicurativo della compagnia, di onorare i suoi obblighi"
John Miller, capo dell'ufficio investimenti al Nuveen Asset Management, un grande fondo che gestisce bond di municipalizzate a Chicago, ha espresso scetticismo rispetto al piano dell'MBIA di aprire una nuova sussidiara che possa riassicurare il proprio portafoglio.
"Sarebbe sorprendente se l'operazione avesse successo" ha detto Mr. Miller. “Si tratterebbe sempre di bond garantiti dall'MBIA dato che l'unità assicuratrice sarebbe dipendente dall'MBIA stessa, ma un MBIA presentata come una nuova compagnia"
E' interessante constatare il malcelato disappunto nell'articolo del New York Times per l'irrituale operazione da parte dei dirigenti dell'MBIA, i quali prendendo atto di un inevitabile futuro fallimento e sapendo che i regolatori non possono permettersi di intervenire nel timore di accelerare lo stesso e produrre una reazione a catena in grado di coinvolgere l'intero mercato finanziario, si tengono i soldi a livello di azienda madre per aumentarsi lo stipendio.
Dovrebbero farsi un giro in Italia. Un comportamento del genere susciterebbe forse uno sbadiglio.
Sempre riguardo ai CDS, (credit default swap) il cui valore nozionale ricordo è di 62 trilioni di dollari, un organizzazione non profit ha inoltrato un esposto alla Federal Reserve di New York e alla Federal Reserve Board di Washington riguardo ad un incontro a porte chiuse tenutosi pochi giorni a New York. Ad esso sono stati invitati i maggiori emettitori e sottoscrittori di swap nel tentativo di arrivare a ridisegnare questi strumenti, per cercare di impedire un futuro crollo verticale del mercato.
Quel che viene contestato è la segretezza del meeting ed il fatto che nessuna organizzazione oltre ai grandi gruppi bancari e assicurativi fosse presente. Il meeting violerebbe secondo il comitato, il federal Administrative Procedures Act. Non si sa molto di ciò che è stato deciso all'incontro. Girano voci di un progetto che preveda l'organizzazione di una camera di compensazione gestita dalle banche centrali per costringere a trattare in maniera aperta sul mercato le swap, ma quanto ci sia di vero e quanto nel caso ciò si rivelasse utile è tutto da vedere.
Quel che mi pare è che termini come regole, legalità, trasparenza sembrino diventare sempre più una barzelletta nel paese che di questi termini, in economia, aveva fatto la sua bandiera. Se una volta certe cose accadevano in segreto sembra che ormai succedano sempre più alla luce del sole. Ed anche quando la magistratura interviene, sotto i suoi colpi cadono i pesci piccoli, come nel caso della Bear Stearns. I suoi dirigenti l'hanno fatta franca, mentre i gestori dei due fondi dell'istituto che fallirono un anno fa scatenando la crisi nel settore bancario si ritrovano indagati per frode.
Che la crisi stia trasformando gli Stati Uniti nella brutta copia dell'Italia?
Dovrebbero farsi un giro in Italia. Un comportamento del genere susciterebbe forse uno sbadiglio.
Sempre riguardo ai CDS, (credit default swap) il cui valore nozionale ricordo è di 62 trilioni di dollari, un organizzazione non profit ha inoltrato un esposto alla Federal Reserve di New York e alla Federal Reserve Board di Washington riguardo ad un incontro a porte chiuse tenutosi pochi giorni a New York. Ad esso sono stati invitati i maggiori emettitori e sottoscrittori di swap nel tentativo di arrivare a ridisegnare questi strumenti, per cercare di impedire un futuro crollo verticale del mercato.
Quel che viene contestato è la segretezza del meeting ed il fatto che nessuna organizzazione oltre ai grandi gruppi bancari e assicurativi fosse presente. Il meeting violerebbe secondo il comitato, il federal Administrative Procedures Act. Non si sa molto di ciò che è stato deciso all'incontro. Girano voci di un progetto che preveda l'organizzazione di una camera di compensazione gestita dalle banche centrali per costringere a trattare in maniera aperta sul mercato le swap, ma quanto ci sia di vero e quanto nel caso ciò si rivelasse utile è tutto da vedere.
Quel che mi pare è che termini come regole, legalità, trasparenza sembrino diventare sempre più una barzelletta nel paese che di questi termini, in economia, aveva fatto la sua bandiera. Se una volta certe cose accadevano in segreto sembra che ormai succedano sempre più alla luce del sole. Ed anche quando la magistratura interviene, sotto i suoi colpi cadono i pesci piccoli, come nel caso della Bear Stearns. I suoi dirigenti l'hanno fatta franca, mentre i gestori dei due fondi dell'istituto che fallirono un anno fa scatenando la crisi nel settore bancario si ritrovano indagati per frode.
Che la crisi stia trasformando gli Stati Uniti nella brutta copia dell'Italia?
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