martedì 7 ottobre 2008

Defcon 5

Bagno di sangue.

E' questo il termine più appropriato per descrivere quel che è successo ieri nelle borse di tutto il mondo. L'asia è colata a picco, oggi il Nikkei è sceso sotto i 10000 punti seguendo l'esempio del Dow che ieri arrivò a toccare -8,59% per poi risalire in chiusura sulla scia di voci che davano per probabile un prossimo taglio dei tassi da parte della Fed, e finendo con l'assestarsi a 9955 punti (sotto la soglia psicologica dei 10000). Ormai i future valutano in un 60% la probabilità che Bernanke annunci un taglio durante la prossima riunione dei governatori della Federal Reserve, mentre la probabilità di un taglio dei tassi in Europa è valutata nel 100%.

Mosca ha perso ieri un 19%, la borsa Brasiliana il 15%, entrambe hanno dovuto sospendere la seduta. Milano ha chiuso con un bel -8,24%, un calo mai riscontrato dal crollo del 1987 in avanti, Londra si è limitata ad un -7% così come Francoforte mentre Parigi crollava di un 9% . Mediamente in Europa il calo è stato del 7%.

Più che una seduta di borsa è stato un vero e proprio massacro. Una sfilza infinita di numerini rossi con un meno davanti che non facevano altro che aumentare in valore. Solo 3 cose si sono salvate:l'oro, lo yen ed i buoni del tesoro.

Pessimo segnale.

L'Islanda è alla bancarotta. Ha nazionalizzato il secondo istituto bancario, la Landsbanki, nel giro di due settimane. La stessa Kaupthing, la più grande banca dell'isola si dice sia in difficoltà economiche. La sua esposizione pari al 623% del PIL islandese la rende uno di quei soggetti troppo grandi per essere salvati, almeno dalla sola Islanda. La corona islandese ha perso un quarto del suo valore ed è ormai considerata solo un gradino sopra alla moneta dello Zimbawe, stato corroso da un iper inflazione come non se ne vedevano dagli anni 20. Dopo che i super mercati dall'isola hanno annunciato di non poter più acquistare beni di prima necessità da altri paesi a causa della perdita di valore della propria moneta, sono stati assaltati dalla popolazione spaventata che ne ha svuotato gli scaffali. Gli islandesi non sembrano rendersi realmente conto di quel che gli sta accadendo. Cercano di scaricare la colpa della loro situazione su altri paesi: è tutta colpa degli Usa si sussurra per le strade, e contemporaneamente si cerca una via di scampo. Alcuni si interrogano sulla possibilità di entrare all'improvviso in Europa.

Quello che ha colpito e devastato l'islanda è stata l'inversione del carry trade.

Il carry trade è la pratica di prendere in prestito ingenti quantità di denaro da un paese che tiene i tassi di interesse estremamente bassi per investirli in strumenti a reddito fisso in altri paesi. Il guadagno deriva dalla differenza tra il rendimento dell'investimento fatto ed il costo dell'interesse da pagare sul denaro prelevato. In soldoni da dieci anni ormai, grossi soggetti finanziari se ne andavano in Giappone dove i tassi di interesse erano arrivati a toccare lo 0,15%, se non ricordo male, a prendere in prestito dalle banche grosse somme di denaro, denaro che poi investivano ad esempio, in buoni del tesoro islandesi i quali, almeno fino ad un po' di tempo fa, promettevano rendimenti del 9%-10%.

Una pratica lucrosa e senza rischi, almeno finchè lo yen non sale di valore o la banca centrale Giapponese non decide di alzare i tassi di interesse. Quando ciò si verifica, il carry trade smette di diventare conveniente e gli investitori sono costretti a fare incetta di yen per ripagare il denaro preso in prestito.

Grazie al carry trade gli islandesi si ritrovarono pieni zeppi di denaro. Investitori da tutto il mondo prelevavano denaro dal Giappone per investirlo nella piccola isola. Talmente tanto era questo denaro che le banche islandesi non sapendo più che farci cominciarono a comprare delle loro colleghe in Inghilterra. Tutto questo credito dette vita ad un ristretto gruppetto di miliardari e creò nella popolazione l'illusione di essere diventata improvvisamente ricca.

L'illusione si infranse qualche anno fa quando il Giappone minacciò di alzare i tassi di interesse. Questo provocò una fuga di massa dei capitali dal mercato islandese. Di colpo l'isola si ritrovò senza credito, ma con un sacco di debiti da pagare. A questa situazione poi si è aggiunta l'attuale crisi economica ed il mercato del credito completamente bloccato. Le banche islandesi piene di debiti non sono riuscite a recuperare abbastanza credito in giro da restare in piedi. La moneta islandese sta precipitando nell'abisso. Stranamente sembra che per salvare la piccola isola non sia intervenuta l'Europa, bensì la Russia fornendo un prestito da 4 miliardi di euro al disperato stato nordico.

Se la crisi del credito ha rinforzato lo yen producendo un epocale inversione del carry trade (che non fa che aumentare ulteriormente il valore della moneta Giapponese), l'Islanda non è l'unico stato ad essere sull'orlo della bancarotta. Anche la California, lo stato più ricco degli USA, quella che per PIL viene considerata la settima potenza mondiale, non sa più a che santi votarsi. A causa del defict di 17 miliardi di dollari accumulato con l'esaurirsi della bolla immobiliare si è vista costretta a mettere alla paga minima di 4,5 euro l'ora tutti i suoi dipendenti per alcuni mesi. Non è bastato. Il governatore Schwarzenegger si è dovuto rivolgere al governo federale per elemosinare 7 miliardi di dollari senza i quali non saprebbe come pagare gli stipendi. Lo stato di New York ha un buco di 1,2 miliardi e ne prevede uno di 5,4 per il prossimo anno come conseguenza dei licenziamenti di massa a Wall Street. Massachusetts, Virginia, Connecticut sono solo alcuni degli stati che hanno già annunciato pesanti tagli.

Il problema rimane il blocco del mercato del credito.

Nessuno vuole più comprare i buoni del tesoro dei singoli stati americani o delle municipalizzate. Non si fidano più. Si accalcano tutti sui buoni del tesoro del governo federale nonostante i loro rendimenti siano ai minimi storici, gettando nella disperazione gli stati individuali che si ritrovano nell'impossibilità di recuperare il denaro necessario a mandare avanti la baracca.

Non si tratta più della sfiducia che le singole banche nutrono nei confronti delle loro colleghe. Quello che si è completamente incagliato è il mercato della "commercial paper". La commercial paper non è altro che debito a breve termine che le aziende emettono per finanziare le loro operazioni quotidiane. In sostanza delle specie di obbligazioni a scadenza molto breve. Normalmente si parla di 30-90 giorni, anche se si può arrivare a scadenze di 270 giorni. Fino a poco tempo fa, il mercato era un avido compratore di commercial paper, specialmente quella emessa da istituti finanziari. Ora tutto si è bloccato. Gli ultimi dati americani, come potete notare nella tabella sotto, parlano di un calo di 94 miliardi nella commercial paper di aziende finanziare, quindi banche e affini, mentre solo un -0,8 miliardi nei confronti delle aziende non finanziarie (anche se pure in questo settore la situazione sta cominciando a precipitare).


DateTotal

Total
Non-Fin

Domestic
Non-Fin
Foreign
Non-Fin
Total
Fin
Domestic
Fin
Fgn
Fin
Asset-
Backed
8/13/0821.4-0.5-0.50.026.830.6-3.8-5.3
8/20/0840.519.219.3-0.1-4.4-8.13.725.4
8/27/087.15.35.8-0.5-7.1-0.9-6.28.4
9/3/0810.04.84.50.2-14.3-4.8-9.519.3
9/10/0811.14.84.00.93.54.1-0.62.6
9/17/08-52.1-18.3-17.0-1.3-16.9-13.1-3.8-18.6
9/24/08-61.01.10.80.2-50.3-35.2-15.8-7.8
10/1/08-94.9-0.80.0-0.8-64.9-44.2-20.6-29.1


In sostanza neppure i privati si fidano più delle banche. Del resto se esse non si fidano l'una dell'altra come possono pretendere che lo facciano i privati?

Tra i maggiori compratori di commercial paper poi, ci sono sempre stati i "money market fund" (MMF), grossi fondi che la gente ha sempre considerato equivalenti ai depositi bancari. Vi lasciavano il denaro sapendo che esso sarebbe stato investito in prodotti a basso rischio. Il rendimento offerto dai MMF anche se basso, era superiore all'interesse offerto dalle banche e il denaro poteva essere ritirato ogni volta che ne esisteva la necessità. Tutto bene, almeno finchè il valore di uno dei più antichi MMF non precipitò sotto la soglia di un dollaro ad azione. Dato che al contrario dei depositi bancari, questi fondi non godono della garanzia statale, gli investitori spaventati li abbandonarono in massa per rifugiarsi nei buoni del tesoro. I fondi dovettero congelare i depositi e per materiale mancanza di denaro smisero di comprare commercial paper, lasciando banche ed aziende prive di finanziamenti fondamentali.

Nel tentativo di ripristinare un po' di serenità, il tesoro americano ha deciso di garantire i depositi dei MMF fino al 18 dicembre di quest'anno, riservandosi poi la possibilità di rinnovare l'operazione fino a settembre del 2009. La manovra non sembra comunque, essere sufficiente per la Fed, dato che secondo il New York Times essa sta valutando la possibiltà di comprare direttamente la commercial paper. Significherebbe che la Fed dopo essere diventata la flebo che mantiene in vita un sistema bancario restio a far circolare il denaro, diverrebbe anche il diretto creditore delle aziende.

Roba mai vista.

Le Fed ha anche deciso che le aste bi-settimanali del TAF, la facility messa in piedi un anno fa per prestare denaro alle banche in cambio di cartaccia, era troppo limitata. Partita lo scorso autunno con una cifra di 20 miliardi arrivò, qualche mesa fa, alla spaventosa cifra di 150 miliardi (150 ad asta quindi 300 al mese). I prestiti sono sempre stati a breve termine, 28 e 35 giorni, poi a settembre quando l'entità del TAF venne portata alla stratosferica quota di 450 miliardi, comparve anche un bel prestito ad 84 giorni. Ora la Fed vista la grande efficacia di queste mosse (ironia) ha deciso di portare il TAF ad un importo mensile di 900 miliardi.

Si dice che sbagliare sia umano e perseverare sia diabolico.

Se non sono serviti 450 miliardi mensili, appoggiati sopra ad una massa incredibile di altri interventi a ripristinare il funzionamento del mercato del credito forse è la strategia che si sta implementando ad essere sbagliata. Almeno, questo è il dubbio che penso verrebbe a qualunque persona normale.

Bernanke invece sembra deciso ad insistere.

Se uno va a spulciare tra le pieghe del piano di Paulson scopre anche che è stata anticipata al 1 ottobre del 2008 una legge che doveva entrare in vigore nel 2011. Essa concede alla Fed il potere di permettere alle banche di mantenere una riserva dello 0%. Si presume che il tutto avesse a che fare con Basilea II, il trattato che ridisegna il sistema bancario e che mette l'accento sulla capitalizzazione più che sulle riserve, come indicatore maggiormente affidabile della salute delle banche. Per valutare correttamente la capitalizzazione degli istituti andrebbe usato il "mark to market", ciò certi titoli il cui valore sarebbe complesso da valutare vanno messi a bilancio a valore di mercato.

Il mark to market è ciò che le banche si sono sempre rifiutate di applicare, dato che sono piene di titoli il cui valore è calato drammaticamente. Le terrorizza l'idea di doverli mettere a bilancio ad una frazione del valore facciale, ritrovandosi improvvisamente con grosse perdite e sotto capitalizzate.

Nessun problema. Ci ha pensato l'amico Hank (Hank Paulson ministro del tesoro americano). Il piano da 700 miliardi, poi diventati 850 dato che 150 li han dovuti regalare in bonus fiscali ai senatori perchè approvassero il piano stesso, prevede la sospensione del mark to market.

Oltre ad essere una legalizzazione della menzogna e del falso in bilancio, dato che consente alle banche di tenere nel bilancio titoli ad un valore completamente inventato, questo fatto, unito alla possibilità delle banche stesse di mantenere una riserva dello 0% è nitroglicerina pura. Se mi dici che conta la capitalizzazione e poi mi togli lo strumento, il mark to market, per valutarla portanto allo stesso tempo la riserva obbligatoria allo 0%, stai creando una bomba ad orologeria.

E tanto per non lasciare nessuna via intentata allo stesso tempo la Fed comincerà a pagare gli interessi su tutte le riserve che le varie banche tengono depositate in essa.

Riguardo al mark to market, una delle simpatiche illusioni di sta gentaglia è che una volta che nessuno sarà più in grado di valutare il valore di tutta quella spazzatura costruita sui debiti (mutui e simili), come per magia ricominceranno tutti a comprarla e a venderla.

Come no!

So che che tutte le banche hanno delle scatole in magazzino, alcune con dentro del caviale altre piene di merda. Merda con un bel fiocchetto rosa sopra. Un fiocchetto molto carino che per un certo periodo era riuscito a distrarmi dalla vera natura di ciò che adornava. Poi, finalmente, qualcuno in qualche parte nel mondo, decise di provare ad assaggiare sta roba marrone con un fiocchetto sopra e scoprì con profondo disgusto che si trattava di merda. Da allora nessuno la volle più comprare. A questo punto arriva Paulson e intima: "Fermi tutti! Da oggi in poi nessun potrà più controllare il contenuto di una scatola prima di comprarla".

Soddisfatto per il suo intervento, Paulson finalmente poté rilassarsi, immaginandosi frotte di investitori che seppure ignari di ciò che acquistano, aprono felicemente il portafoglio per fare incetta di scatole. Immaginatevi il dialogo tra due investitori:

"Tu che cosa hai trovato?" chiede il primo

"Una scatola piena di caviale" risponde il secondo soddisfatto

"Che culo! Io una colma di merda e ci hanno pure tolto il fiocco. Aspetta che ne compro un altra che magari sarò più fortunato."

La merda, resta merda Paulson, per quanti fiocchi tu e i vostri amici possiate provare a metterci sopra.

Un altra avvenimento che sta restringendo il credito è il fallimento della Lehman. Chi legge questo blog sa benissimo cosa sono i cds, quei contratti di assicurazione finanziara emessi a tonnellate durante gli anni del boom e che servono per esempio a proteggere chi li sottoscrive dal fallimento di un azienda. Per il fallimento della Lehman si stima che dovranno essere pagati 400 miliardi in cds, mentre per la nazionalizzazione della Fannie e delle Freddie chi ha emesso cds su esse, dovrà scucire 50 miliardi. Molti soggetti finanziari insomma stanno cercando di fare cassa (vedremo se ci riusciranno) in previsione di tutti i cds che dovranno rimborsare e questo risucchia ulteriore denaro dal mercato.

A proposito di Lehman; Fuld il suo ex CEO si è lamentato piagnucolando e affranto ha chiesto: dov'erano la Fed ed il tesoro quando si trattava di salvare la mia banca?

Ron Kirby su Financial Sense avanza una teoria molto interessante su dove fossero. In sostanza Kirby ritiene che la Lehman sia stata fatta fallire per salvare la JP Morgan. Alcuni ricorderanno che parlai del misterioso e poco pubblicizzato prestito da 138 miliardi (all'epoca si parlò in realtà di 120 miliardi) che la JP Morgan fece alla Lehman perchè essa chiudesse alcune operazioni aperte e che venne poi rimborsato dalla Fed alla JP Morgan stessa.

Secondo Kirby la Lehman venne lasciata fallire. Dopo il fallimento arrivò la JP Morgan e concesse un prestito da 138 miliardi alla Lehman. La Fed rimborsò la JP Morgan per la stessa cifra. Coi soldi avuti in prestito la Lehman chiuse alcune operazione sui derivati del credito ancora aperte, nei confornti delle quali la JP Morgan era la più grande controparte. In sostanza la Lehman avrebbe restituito gran parte dei 138 miliardi comprando in cambio spazzatura dalla JP Morgan. Con questo trucchetto la JP Morgan (banca troppo grande per fallire) è stata ricapitalizzata e le perdite scaricate sulla morente Lehman.

Una teoria interessante.

In Europa intanto è il solito casino. Svezia, Islanda e Danimarca hanno seguito l'esempio tedesco di garantire i depositi bancari. L'Inghilterra restia ad adottare la stessa misura, ha accusato Berlino di aver condotto un operazione politica di facciata e la Merkel di mettere in giro solo delle chiacchiere dato che non esisterebbe nessuna legge reale che protegga i depositi in Germania. Nel frattempo i grattacapi inglesi non fanno che aumentare: ci si son messe pure la Barclays, la RBS e Lloyds. I 3 istituti sono andati dal primo ministro britannico affermando che gradirebbero anche loro vedere un po' di denaro dei contribuenti: 15 modici miliardi di sterline a testa è la richiesta. I belgi invece, sono incavolati neri con l'Olanda e con la Francia per l'acquisto da parte della PNB Paribas della Fortis. Accusano l'Olanda di essersi tirata indietro all'ultimo momento dal piano coordinato con Belgio e Lussemburgo per il salvataggio della Fortis. Quest'ultima è perciò stata costretta a fallire, diventando un ghiotto ed economico boccone per la BNP e privando i belgi della loro più grande banca. Sarkozy nel frattempo, ha deciso di darsi all'immobiliare, comprando 30000 case i cui lavori di costruzione devono ancora cominciare, nel disperato tentativo di sostenere il mercato edilizio.

Berlusconi....beh, lui chiacchera tanto come al solito, ma sembra che in Europa nessuno gli presti attenzione.

Oggi i mercati si dimostrano profondamente incerti. I listini ondeggiano intorno allo zero e tutti sembrano in attesa di un segno, un altro piano di salvataggio (magari dall'europa), un taglio dei tassi.

Qualcosa.

E se qualcosa non gli verrà dato, riprenderanno a precipitare come è accaduto ieri, col rischio che salti tutto quanto per aria. Gli USA si stanno lanciando in operazioni sempre più costose, inefficaci e ridicole, senza scomodarsi ad affrontare i veri problemi alla radice. L'Europa non si capisce bene che cavolo stia cercando di fare. Sarebbe ovviamente il caso che provasse a stabilire una linea di azione comune dato che qua, o ci si mette daccordo tutti e si provano a limitare i danni o creperemo uno ad uno.

Ne i politici Usa ne quelli Europei mi danno alcuna fiducia. Lasciamo poi stare Bernanke che non ha azzeccato una previsone da quando guida la Fed o Trinchet che ancora biascica di inflazione mentre la velocità del denaro si sta azzerando. Intanto abbiamo fior fiore di economisti e di gente capace ed intelligente a disposizione che non viene ascoltata ne consultata.

Davvero, come suggeriscono alcuni, sarebbe venuta ora di mandare a letto i bambini e far intervenire gli adulti.

1 commento:

Unknown ha detto...

Ciao Due Cent,

Volevo farti un paio di domande

- vedo che lo spread dei titoli di stato a 10 anni aumenta e l´italia è tra i paesi che paga di piú. Ma tu pensi che abbiamo ancora i soldi per pagare questa montagna di interessi? SUi giornali dicono che l´Italia non sará colpita dalla crisi peró questa storia del fatto che paghiamo di píù per gli interessi nessuno la dice. Ho visto un paio di articoli sul FT e WSJ.

- Tutti quei lavoratori che hanno accettato di mettere il loro TFR in mani private possono dormire sonni tranqulli? Io direi di no perché le societá di previdenza private hanno investito in fondi anche immoliari e azionari che sono calati a picco. Tu cosa ne pensi.

Grazie

SG