lunedì 27 ottobre 2008

Effetto Domino

La mappa qua sopra, presa dal Financial Times, illustra in maniera efficace e simpatica la situazione delle economie dei vari stati Europei. L'Italia non è messa per nulla bene, ma ha scatenare i veri problemi saranno probabilmente altri paesi.

Negli ultimi post ho accennato alla situazione di vari stati in giro per il mondo. Quella che si sta verificando è una serie di problemi di natura monetaria su scala globale. Dato che è improvvisamente giunta per molti l'ora di pagare i propri debiti, primi tra tutti gli hedge funds, c'è una grande richiesta di valuta internazionale.

Le monete più richieste sono lo yen e il dollaro.

Nel primo caso, la causa è l'inversione del carry trade, quella pratica per cui si prendeva a prestito denaro in Giappone dove il tasso di interesse era arrivato ad essere prossimo allo zero per poi investirlo in paesi che promettevano alti rendimenti. Si lucrava ovviamente sulla differenza tra il tasso di interesse e l'alto rendimento degli investimenti fatti. Il crollo dell'economia ed il rafforzarsi dello yen stanno costringendo tutti quelli che si erano gettati sul carry trade a ripagare il loro debiti, e dato che erano debiti contratti in yen improvvisamente la domanda della valuta giapponese è cresciuta enormemente. Questo ha rafforzato ulteriormente lo yen constringendo altra gente a ripagare precipitosamente i propri debiti (ogni rafforzamento dello yen rende più costosi i debiti contratti).

Il risultato per il Giappone è devastante.

Il paese del Sol Levante ha un economia largamente basata sulle esportazioni. La recessione globale sta producendo un drastico calo della domanda internazionale ed a questo si va ad aggiungere il progressivo rafforzamento dello yen. Ovviamente ciò è molto male per tutte quelle aziende che di esportazioni vivono, come ad esempio la Sony. Un altro problema è che le banche Giapponesi che venivano ritenute tra le più solide al mondo potrebbero aver bisogno di un aumento generalizzato di capitale a causa delle numerose partecipazioni che hanno in diverse aziende. Queste partecipazioni azionarie venivano conteggiate ai fini dei requisiti minimi di capitale. Se il valore delle azioni cala improvvisamente le banche si ritrovano sotto capitalizzate e nella necessità di trovare denaro da qualche parte. La Mitsubishi UFJ ha aperto le danze emettendo azioni per l'ammontare di 10,7 miliardi di dollari. Con tutta probabilità altre presto ne seguiranno l'esempio.

Se il futuro non è certo roseo per il Giappone, paragonato a quel che sta succedendo nel resto del pianeta la situazione del paese del Sol Levante è robetta.

Il buon vecchio e solare (ironia) Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph fa un buon riassunto della situazione Europea e di un problema a cui accenai in un vecchio post: l'esposizione delle banche Europee nei confronti di paesi traballanti.

Un caso emblematico è quello Austriaco. L'esposizione delle bance austriache nei confronti dei paesi emergenti è pari all'85% del PIL del paese. I paesi nei confronti dei quali l'Austria si trova maggiormente esposta sono quelli dell'Europa dell'est Ucraina, Ungheria e Serbia. Chi segue questo blog sa benissimo come sia la situazione in questi paesi. L'Ucraina ha appena ricevuto un prestito da 16,5 miliardi di dollari dall'FMI altrimenti sarebbe pressoché fallita. L'Ungheria ha ricevuto anch'essa assistenza dall'FMI. I dettagli non sono chiari ma secondo analisti della JP Morgan l'Ungheria potrebbe accedere a prestiti fino a 12 miliardi di dollari che uniti alle attuali riserve monetarie del paese e alla swap line che la BCE ha instituito qualche giorno fa dovrebbero essere sufficienti a sostenere il paese.

Estonia e Lituania sono messe meglio, ma di poco.

Ovviamente una delle fondamentali ragioni per la quale questi paesi dell'est vanno salvati e che anche solo il fallimento di uno di essi potrebbe avere delle ripercussioni abbastanza gravi da mettere in discussione la sopravvivenza economica delle banche austriache. Dall'Austria poi i danni si diffonderebbero a tutti quei paesi Europei esposti nei suoi confronti. Il più classico degli effetti domino.

Quella fu una delle ragioni per cui l'islanda venne salvata. L'FMI concesse al paese nordico 2,1 miliardi in prestito. Anche il tesoro inglese sta studiando un modo per allungare dei prestiti all'Islanda in maniera tale che essa, possa finalmente scongelare i conti correnti di tutti quegli inglesi che avevano dei depositi nella banche islandesi, banche che furono nazionalizzate per impedirne il fallimento.

Oggi però la principale banca islandese, la Kaupthig, attualmente sotto controllo statale, ha dichiarato default su una partita di samurai bond, cioè bond denominati in yen (indovinate che succede a questi bond quando lo yen come sta facendo ora sale?). Visto che è lo stato islandese ormai a garantire il sistema bancario questo default è molto preoccupante e mette a rischio il pagamento dei 26,6 miliardi di dollari di bond in totale che il sistema bancario dell'isoletta del nord dovrebbe onorare in futuro. Le perdite che potrebbe provocare l'intera l'islanda ammontano secondo Pritchard a 74 miliardi di dollari di cui 22 se li sarebbe già ingoiati la Germania.

Naturalmente chiunque abbia comprato dei bond dall'islanda ora ha un grosso problema per le mani.

Un altra paese Europeo nei guai è la Spagna. Le banche spagnole sono terribilmente esposte nei confronti dell'america latina. In totale hanno concesso prestiti per l'ammontare di 316 miliardi di dollari circa il doppio dell'esposizione dell'intero sistema bancario statunitense. Se un qualche grande paese del sud america fallisse ci ritroveremmo direttamente costretti a salvare la Spagna.

La situazione in america latina ricorda da vicino quella dei paesi dell'est. Stretti nella morsa di debiti contratti in mercati internazionali, di capitali che abbandonano il paese e di debiti da ripagare in un dollaro che si fa sempre più forte a causa del deleveraging in atto, molti si sono ritrovati chiusi in un angolo.

L'Argentina è di nuovo ad un passo dal fallimento. Qualche giorno fa nazionalizzò i fondi pensione privati per un ammontare di 30 miliardi. Alcuni dicono che l'abbia fatto per proteggere le pensioni della gente dalle perdite incassate a seguito dei tracolli dei listini. In realtà quei 30 miliardi sono soldi di cui lo stato aveva una necessità spaventosa per restare in piedi e che gli garantiscono un minimo di respiro, ma anche con essi la situazione è migliorata di poco.

Il Brasile si trova nella stessa situazione della Corea del sud. Entrambi i paesi hanno un economia relativamente sana, ma la difficoltà di accesso al dollaro li sta strangolando. La Corea del Sud oggi ha tagliato il tasso di interesse dello 0,75%, un livello record. Nonostante tutto la borsa di Seoul ha chiuso con un misero +0,82%. Anche in questo caso l'FMI si dice pronto ad intervenire per concedere a Brasile e Corea del Sud dei presiti in dollari in modo da soddisfare la crescente richiesta di valuta Statunitense.

La situazione di questi ultimi due paesi esemplifica bene quello che accade in diverse parti del mondo. Molti paesi sulla carta avrebbero un economia sana, ed un surplus nella bilancia commerciale oltre ad aver accumulato ingenti riserve di valuta estera, in particolar modo di dollari. Si pensava che questi fattori sarebbero stati sufficienti per affrontare eventuali problemi economici, nonstante l'indebitamento in valuta estera contratto delle banche di queste nazioni.

Ogni illusione è crollata negli ultimi tempi.

La fuga di capitali, il crollo dell'export e l'indebolimento delle rispettive monete si è rivelato troppo anche per le riserve monetarie che i paesi avevano accumulato. La tabella sotto presa dall'economist riporta la situazione di alcuni dei paesi maggiormente in difficoltà.



Quello che balza subito all'occhio è il tracollo che le valute di paesi come la Corea del Sud, il Brasile e l'Ungheria hanno avuto rispetto al dollaro. Questo ha reso costosissimo comperare dollari per ripagare i debiti internazionali contratti da banche ed aziende.

Anche il Messico è in grossi guai. Il prezzo del petrolio di cui è grande esportatore è crollato, la sua moneta ha perso il 25% del suo valore e la disoccupazione è in aumento dato che la crescita è precipitata dal 4% all'1%.

Il Pakistan è al collasso e sta cercando di assicurarsi anche lui un prestito dall'FMI. La moneta Turca ha perso il 27% del suo valore contro il dollaro ed anche in Turchia si stanno verificando gli eventi che hanno infettato il resto dei paesi emergenti. La situazione Russa si aggrava ogni giorno che passa e i cds che prezzano la possibilità di fallimento del paese entro 5 anni hanno superato i 1000 punti un livello che indica un forte stress anche se siamo ben lontani dal recordo negativo dell'Ucraina, 2800 punti.

La cosa paradossale è che dal dover garantire banche e aziende, stiamo passando al dover garantire interi stati dato che il rischio sistemico del fallimento di uno stato non è meno pericoloso rispetto a quello di una banca. L'effetto domino anche solo del crollo di stati piccoli come Ucraina e Islanda potrebbe essere troppo da sopportare nella situazione attuale.

Questa settimana probabilmente prevarrà il deleveraging sui mercati internazionali e gli avvenimenti ci daranno qualche indicazione più chiara su quanto sia pericolosa la situazione dei paesi emergenti.

Pritchard e altri intanto, ci mettono in guardia, indicando in una crisi monetaria diffusa il vero problema attuale, crisi capace di produrre il fallimento di diverse nazioni e lo scatenarsi di un effetto domino in grado di contagiare l'intera economia mondiale.

Come se non avessimo già abbastanza problemi.

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