venerdì 17 ottobre 2008

Un po' di notizie sparse


Il primo ministro giapponese ieri mattina si è svegliato, ha dato un occhiata all'indice della borsa di Tokyo e di fronte alla linea del Nikkei che precipitava nel vuoto, ha deciso che era il caso di recuperare un microfono e comunicare al mondo intero che la colpa del cattivo andamento in borsa era da attribuire alle inadeguate misure adottate dal governo americano per combattere la crisi economica.

Secondo Taro Aso il piano da 700 miliardi di Paulson è una risposta insufficiente ai problemi del mercato e questo avrebbe finito con l'alimentare il clima di sfiducia presente tra gli operatori aggravando il crollo dei listini. Il New York Times dopo essersi fatto un po' di conti ha dovuto rivedere il costo totale del pacchetto di assistenza all'economia americana il quale sarebbe arrivato a toccare i 2,25 trilioni di dollari. Oltre ai 250 miliardi di dollari usati per ricapitalizzare le banche vanno aggiunti 1,5 miliardi per garantire il nuovo debito emesso dagli istituti e 500 miliardi per garantire i depositi delle aziende.

Il tutto senza contare tutti gli interventi della Federal Reserve: le 4 facility, il prestito per salvare l'AIG, quello per la Bear Sterns ecc.

Per quanto ingenerosa sia l'accusa del primo ministro giapponese evidentemente la cifra non è sufficiente. Barry Ritholtz, analista e commentatore economico, che fino a qualche giorno fa sul suo blog prevedeva alla fine dei giochi una spesa totale da parte del governo prossima ai 3 miliardi, ha dovuto rivedere le sue stime portandole tra i 4 e i 6 trilioni.

Il Libor oggi è sceso al 4,42% dal 4,5% di ieri ed il TED si è fortunatamente sgonfiato scendendo a 399 punti, ma contemporaneamente il Libor-OIS che viene usato come un indicatore della liquidità del mercato è salito leggermente. La situazione dal punto di vista del credito sebbene stia migliorando rimane ancora precaria. Un articolo su Reuters ci fa sapere che la scorsa settimana le banche hanno preso in prestito 437,53 miliardi al giorno dalla Federal Reserve, una cosa mai vista. Sono sempre di più gli analisti che si lamentano, facendo presente che fino quando la FED continuerà ad elargire tutta quella liquidità i vari istituti non avranno nessun incentivo che li spinga a prestarsi i soldi tra loro, facendo così ripartire il circuito interbancario.

La condizione generale sui mercati resta tesa. Le borse un giorno precipitano all'inferno e quello dopo risalgono timidamente. Gli ultimi dati sull'economia americana sono pessimi. La produzione industriale è crollata del'2,8%, il più ingente calo dal 1974. Quello però che preoccupa maggiormente è l'indice del Baltico che anche ieri ha perso il 10,7%. Nella cartina sotto si nota immediatamente il crollo traumatico che l'indice ha subito da questa estate in avanti


Se andate qui potete trovare tutta una serie di grafici comparativi sull'indice del baltico.

La ragione dell'accelerazione nel crollo verticale dell'indice secondo il Financial Times è da attribuire alla famosa questione delle lettere di credito. Dato che nessuna banca accetta più le lettere di credito emesse da altri istituti, gli spedizionieri si ritrovano senza i soldi necessari ad inviare le merci. Un altro articolo sempre sul Financial Times rivela che interi carichi di grano sono fermi nei porti americani, in attesa di essere acquistati da importatori che non riescono più ad ottenere lettere di credito con cui pagare. Se la situazione non si sblocca in fretta le conseguenze potrebbero diventare estremamente antipatiche.

Sempre il Financial Times dice che l'intera Europa dell'est è in bolletta. Dopo che sono stati congelati i conti correnti in una banca Russa di media grandezza, la Globex, che lo scorso mese si è vista ridurre i depositi del 13%, tutte le banche del paese si sono ritrovate assalite da gente intenzionata a ritirare i proprio soldi. Il governo russo ha messo a punto un piano da 200 miliardi di dollari in aiuti al sistema bancario nel tentativo di calmare la situazione. Anche Lettonia e l'Estonia sono entrate in recessione mentre la crescita in Kazakistan si è fermata quasi completamente a causa del diminuire del prezzo del petrolio di cui è grande esportatore. I cds sull'Ucraina hanno toccato nuovi vertici arrivando a 1900. Solo due giorni fa erano a 1596. Il paese è sull'orlo del fallimento e come nel caso dell'Ungheria, la cui moneta il fiorino ungherese sta agonizzando, sembra che potrebbe intervenire l'FMI tramite un prestito di 14 miliardi di dollari.

Nel frattempo pare che il fallimento delle banche islandesi potrebbe scatenare l'ennesimo casino sul mercato dei derivati. Questa volta il problema sono i cdo sintetici. I cdo (collateral debt obbligation) sono sostanzialmente debiti, in genere mutui, fatti a pezzettini e mischiati assieme ad altri pezzetti di debiti simili. Questi coriandoli di debiti venivano poi presi ed impacchettati in obbligazioni per essere venduti come investimento. Finché la gente, i cui mutui venivano re-impacchettati in questa maniera, continuava a pagare la propria rata i cdo garantivano dei rendimenti.

I cdo come ogni altra obbligazione potevano poi essere assicurati comperando dei cds (credit default swap). I cds sono delle vere e proprie assicurazioni finanziarie. Chi li compra normalmente si assicura per una certa cifra contro la possibilità che le obbligazioni che detiene non gli vengano pagate, cioè dall'eventualità che chi ha emesso quelle obbligazioni fallisca. L'assicurato pagherà un premio mensile all'assicuratore il cui importo dipenderà da quanto viene ritenuto probabile che questo fallimento si verifichi. Per questa loro caratteristica i cds vengono usati come barometro per stabilire la solidità di un soggetto economico (più costano i cds più un dato soggetto è a rischio di fallimento) e possono anche diventare un potente strumento di speculazione. Per ogni obbligazione in circolazione si stima esistano fino a 10 cds, dato che non è obbligatorio presentare fisicamente un obbligazione nel momento in cui si comprano dei cds. In sostanza fino a 9 persone usano questi strumenti per speculare invece che per assicurarsi. In aggiunta a ciò gli assicuratori, hanno emesso cds per delle cifre che non sono minimamente in grado di ripagare. Fino a che la bolla immobiliare si espandeva sembrava che nessuno potesse fallire, quindi perché preoccuparsi? Per queste ragioni i cds vengono considerati una vera e propria bomba ad orologeria.

Questi due tipi di derivati, cdo e cds presentano diversi problemi e sono alla base della crisi attuale. Intanto non sono regolati. Sono quelli che si definiscono otc (over the counter) cioè strumenti scambiati tra le singole parti al di fuori del mercato. Non si sa esattamente quanti ce ne siano (anche se esistono delle stime) o chi li abbia in mano. Un altro grande problema e che rendono complicatissimo stabilire chi si sta accollando per ultimo il rischio. Il rischio alla fin fine è quello che il debito non venga ripagato. Quando una persona va in banca a chiedere dei soldi in prestito, la banca crea il denaro necessario li per li. E' denaro nuovo che prima non esisteva. Contemporaneamente si crea un debito pari allo stesso importo più un certo interesse, che chi prende questo denaro dovrà ripagare.

Il rischio originario del sistema è tutto li.

E' il rischio che alla fine qualcuno non ripaghi quel debito nei confronti della banca e che essa perciò subisca un equivalente perdita.

Una volta era facile sapere che si accollava questo rischio. Erano le banche. Quando un governo doveva intervenire o voleva avere un idea del rischio generale del sistema bastava che si rivolgesse al sistema bancario.

Con i cdo il rischio è stato sparpagliato e rivenduto a degli investitori. Con i cds il rischio venne scaricato invece sugli assicuratori. Quando scoppiò la crisi dei subprime che erano solo l'anello più debole di tutta la catena folle del debito che ha alimentato l'ultima bolla speculativa, si scoprì che era quasi impossibile risalire al rischio. L'identità di chi stringeva tra le dita il cerino spento si poteva scoprire solo quando qualcuno falliva e si era costretti a ripercorrere l'intera catena di debiti rivenduti e assicurati. Diventava quindi difficile capire chi salvare o anche solo intervenire dato che il rischio era finito in mano a soggetti (fondi di investimento, banche di investimento ecc) nei confronti dei quali governo e banca centrale non avevano giurisdizione.

La cosa non era ancora abbastanza folle evidentemente, dato che un bel giorno qualcuno seduto dentro un ufficio di una banca propose con entusiasmo: "Che ne dite se prendiamo dei cds li spezzettiamo e li impacchettiamo sotto forma di cdo? I rendimenti di queste nuove obbligazioni verrebbero sostenuti da tutti quelli che pagano il premio assicurativo".

In un mondo normale a questo punto la neuro, in assetto da combattimento, avrebbe fatto irruzione nella suddetta banca e avrebbe trascinato via questo individuo, mentre esso dibattendosi disperatamente gridava: "Voi non capite! Si chiamano innovazioni finanziarie!"

In quello che era il mondo fino a poco tempo fa invece, l'idea fu ritenuta valida ed i cdo di cds vennero chiamati cdo sintetici. Pensate che cosa straordinaria. Io avrei potuto comprare dei cdo ritenendoli un buon investimento e per sicurezza avrei potuto assicurarli tramite dei cds. Poi con qualche soldo avanzato avrei potuto scegliere di comprare dei cdo sintetici come ulteriore investimento e diventare senza saperlo l'assicuratore di me stesso.

E c'è pure gente che è rimasta genuinamente sorpresa quando tutta questa baracca crollò lo scorso anno.

Secondo Bloomberg il fallimento delle banche islandesi, unito a quello della Lehman e della Washington Mutual rappresenterebbero un "sostanziale" rischio per chi detiene questi cdo sintetici. Quanto sostanziale non lo dice, anche perché come già detto, lo si può scoprire solo quando si arriva all'ultimo anello della catena, quello costretto ad aprire il portafoglio e a pagare, ma la situazione potrebbe rivelarsi estremamente seria.

Sempre a proposito di assicuratori le maggiori aziende del settore stanno lavorando ad un piano da presentare al tesoro americano per poter scaricare tutta una serie di asset nel famoso TARP. In sostanza stan cercando un modo per poter scaricare nel TARP i cdo che hanno assicurato in modo da poter cancellare i relativi cds (cds che tanto non sono realmente in grado di pagare). Dopo le finanziarie che elargivano prestiti per comperare automobili a destra e a manca (come la GMAC il braccio finanziario della GM che si dice sia prossima al fallimento) adesso pure gli assicuratori fanno la fila per poter scaricare spazzatura nel TARP. Mi chiedo quanto potrà durare il TARP una volta aperto prima di esaurire tutti i 450 miliardi a disposizione (250 li hanno usati per ricapitalizzare le banche).

Come se non bastassero gli assicuratori ancora in vita se pur moribondi, anche quelli morti da un po', come l'AIG, non la smettono di ciucciare denaro dal governo. All'inizio la FED nazionalizzò l'AIG al costo di 85 miliardi. Non bastarono. Poco tempo fa ha dovuto allungarle altri 38 miliardi. Adesso l'AIG, dopo aver consumato due terzi dei 122,8 miliardi ottenuti dalla
FED chiede di poter avere accesso anche alla facility messa in piedi da essa per comperare commercial paper.

Tutta questa fame di denaro da parte dell'AIG fa pensare che la situazione sul mercato dei cds a seguito dei vari fallimenti bancari sia tutt'altro che rosea, nel qual caso l'AIG stessa potrebbe rivelarsi un vero e proprio pozzo senza fondo dal costo imprecisato.

Warren Buffet oggi ha dichiarato che è venuto il momento acquistare azioni perché il loro prezzo sarebbe basso. Molti ironicamente, riferendosi all'investimento fatto da Buffet nella Goldman Sachs, ribattono che riuscendo ad ottenere i suoi stessi termini sarebbero ben felici di investire. La mossa di Buffet sembra un insolito (dato il personaggio) tentativo di ripristinare un po' di fiducia sul mercato. Di solito se è venuto veramente il momento di comprare non lo vai a gridare in giro. Se hai il denaro di Buffet (l'uomo più ricco del mondo) cerchi di investirlo il più silenziosamente possibile.

Se la fiducia degli operatore di borsa stenta a tornare anche quella dei consumatori cola a picco. L'indice che la misura si è assestato ad un misero 57,5 contro un valore di 65 che si aspettavano gli analisti. Il dato si riflette nell'inflazione in calo e nell'aumento delle attività commerciali e di vendita che chiudono i battenti scatenando il panico tra gli esportatori indiani.

Oggi le borse Europee sono risalite è si sono riviste foto con trader sorridenti sui quotidiani online. Wall street ha chiuso in negativo anche se di poco. Se lo schema degli ultimi giorni sarà rispettato anche le borse Europee e Asiatiche lunedì perderanno costringendo i giornali a rispolverare le foto di ieri.

Staremo a vedere.

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